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Pet Shop Boys: «Restano le canzonette pop, non i disconi importanti»

Neil Tennant e Chris Lowe sulla musica che entra nelle vite delle persone, il nuovo ‘Nonetheless’, il segreto della longevità, l’uso delle loro canzoni nei film («basta scene nei club gay coi nostri pezzi»), il beef con Drake. Un appello: «Stop ai dischi con 20 canzoni che durano 65 minuti». Dove si firma?

Foto: Alasdair McLellan

È un buon momento per i Pet Shop Boys. Quarant’anni dopo West End Girls, i due stanno vivendo un certo revival. Hanno pubblicato un disco nuovo, Nonetheless, uno dei loro migliori degli ultimi vent’anni e forse di sempre. Nuovi fan li stanno scoprendo grazie a film come Saltburn ed Estranei. Hanno pure ottenuto uno degli status symbol del 2024: un beef con Drake, che ha usato West End Girls in All the Parties senza alcuna autorizzazione.

Sono 40 e passa anni che Neil Tennant e Chris Lowe lavorano assieme senza odiarsi, mollarsi e nemmeno separarsi per un po’. Emersi negli anni ’80 grazie a strane hit che parlavano di sesso e di soldi, da Rent a Opportunities a What Have I Done to Deserve This?, i due erano decisamente diversi: Neil era il cantante affabile, Chris l’uomo impassibile dei synth. Hanno riportato in radio dive come Liza Minnelli e Dusty Springfield, hanno pubblicato la trilogia electro-sleaze formata da Please, Actually e Introspective, hanno raggiunto l’apice con Very del 1993, disco fondamentale del cosiddetto queer pop. Cardi B è da sempre fan e orgogliosa d’esserlo. Il momento perfetto è sancito dalla scena di Saltburn in cui Barry Keoghan canta Rent al karaoke.

Sono entrambi gran conversatori, ridono, scherzano, mettono sul tavolo strane teorie, parlano delle popstar che amano e ridacchiano di quelle che non amano. Sembra di parlare con un duo comico.

Bello il disco nuovo. Come fate a tenere viva l’ispirazione dopo tanto tempo?
Neil Tennant: Non è che ci pensiamo molto , è qualcosa che facciamo e basta. E lo facciamo per il puro piacere di farlo, non necessariamente per arrivare a un disco. Ad esempio Chris manco sapeva che stavano scrivendo un album.
Chris Lowe: C’era il lockdown e cercavamo qualcosa da fare, così ci siamo messi a scrivere. Mi sono reso conto che stavamo facendo un disco solo quando Neil m’ha scritto per decidere l’ordine delle canzoni. «Abbiamo l’album». M’ha spiazzato.
Neil: Tu sei bravo a sfornare musica. C’è sempre stata questa giocosità nel nostro lavoro, un qualcosa di fanciullesco. E poi che potevi fare durante il lockdown, una passeggiata nel pomeriggio, preparare la cena, poco altro. Non restava che scrivere canzoni. Era eccitante ricevere e-mail da Chris coi pezzi nuovi.

V’aspettavate di durare tanto a lungo? Negli anni ’80 prendevate in giro le rockstar longeve.
Neil: E ancora prendiamo in giro la longevità.
Chris: O forse cerchiamo la longevità.
Neil: Non ci è mai interessata la longevità. Ci siamo arrivati e basta.
Chris: Ho sempre pensato che a durare sarebbe state le canzonette pop.
Neil: È dagli anni ’80 che lo diciamo, vedi i pezzi leggeri degli anni ’60. La roba che invecchia male è quella che viene considerata importante, che cerca di trasmettere grandi messaggi. A entrare nelle vite delle persone sono le canzoni leggere. Sono quelle che si ricordano a distanza di anni.
Chris: Com’è quella frase di Neil Coward?
Neil: «Strano quanto potente sia la musica cheap». Lui ne sapeva qualcosa e la gente ascolta ancora i suoi pezzi.

La gente pensava che West End Girls fosse cheap. Quarant’anni dopo è un classico.
Neil: Quando abbiamo iniziato a lavorare al disco ci siamo resi conto che West End Girls compiva 40 anni, che è una bella coincidenza. Quel disco l’abbiamo fatto a New York. Quand’abbiamo iniziato c’era chi pensava fossimo un gruppo dance newyorchese e in fondo ci sentivamo un po’ così. Registravamo agli Unique Studios con Bobby O, Arthur Baker era nello studio a fianco. Io ero negli Stati Uniti per lanciare la versione americana di Smash Hits, ho intervistato Madonna che si esibiva ogni venerdì sera sulla pista di pattinaggio del Roxy. Per la strada la gente faceva breakdance. Siamo stati nel New Jersey per registrare ai Sugar Hill Studios One More Chance. Abbiamo iniziato da lì, da New York.

Com’è che mettete assieme gli album?
Neil: Siamo prolifici, infatti abbiamo sempre un sacco di lati B. Ragioniamo a lungo sui pezzi da inserire nei dischi, vogliamo creare mondi sonori coerenti Per finire in un album o anche solo per diventare una B-side una canzone deve meritarselo.
Chris: C’è anche un’altra cosa e cioè che non amiamo i dischi troppo lunghi, quelli con 20 tracce. Un disco devi poterlo mettere su e arrivare alla fine. Ci piacciono i film da 90 minuti e i dischi da 45.

Nonetheless ne dura 43. Non siete gente da riempitivi.
Neil: C’entra la soglia d’attenzione. Negli anni ’90 han cominciato a fare dischi di 65 minuti. Qualcuno ha mai sentito Erotica di Madonna in una botta sola, dall’inizio alla fine? Verso il fondo c’è della roba buona, eh, ma chi ci arriva? Se fosse stato di 43 minuti sarebbe stato meglio. Il bello è finire di ascoltare un album, dirsi «wow, ma che roba era?» e aver voglia di risentirlo da capo. Curioso che abbiano dato per morto l’album, no? Ricordi quando l’album è morto? Tu Chris manco sapevi che era morto.
Chris: Non sono aggiornato.
Neil: Non sei aggiornato su quel che dicono i critici musicali?
Chris: Ascolto solo i singoli. Della musica ascolto solo le novità. Ma i nostri album li ho sempre pensati come collezioni di singoli.

Vi fa strano avere tanti fan giovani?
Neil: Strano, sì. Te ne accorgi quando sei palco. Giri il mondo e vedi gente d’ogni tipo. In Germania abbiamo un pubblico per lo più mainstream. In America è un po’ più giovane. A San Francisco è decisamente gay. Cambia da posto a posto.

Una vostra fan è Cardi B, che è cresciuta con la vostra musica.
Neil: Per via della madre, giusto? Ci piace Cardi B. In uno di quei talk televisivi (il Tonight Show del 2018, ndr) ha detto a un tizio, un comico americano: «Sembri uno dei Pet Shop Boys». E in effetti un po’ somigliava a com’ero sulla copertina di Discography.

Lui è John Mulaney e sembra uno dei Pet Shop Boys…
Neil: Io sono uno dei Pet Shop Boys e confermo.

Tu e Cardi, il mondo aspetta una collaborazione del genere.
Neil: Lo penso anch’io. La palla ora è nel suo campo.

A proposito di fan giovani, molti vi hanno scoperti grazie ai film.
Neil: Ci sono nostre canzoni in due film recenti, Saltburn ed Estranei. Cosa rara, Rent è parte integrante della sceneggiatura, mentre in Estranei si parla di ricordi ed è l’argomento di Always on My Mind. Di solito mettono i nostri pezzi in scena di club gay anni ’80. Basta. Non concediamo più licenze per scene del genere, è un modo di ragionare troppo pigro.

Avete avuto un beef con Drake. Come avete scoperto che aveva usato West End Girls?
Neil: Ero in auto di ritorno dal supermercato. M’ha chiamato mio fratello per dirmi che suo figlio, mio nipote insomma che è fan di Drake, gli ha chiesto se sapevo che aveva usato West End Girls. Ho accostato e ho messo il suo pezzo su Spotify. Riceviamo un sacco di richieste, ma questa proprio non la ricordavo così ho scritto al nostro manager che mi ha confermato che no, non avevamo dato l’autorizzazione. L’abbiamo scritto sui social, era il modo migliore per attirare l’attenzione sulla faccenda. Nel giro d’un quarto d’ora i tipi di Drake ci hanno contattati scusandosi. Alla fine la cosa dei diritti è stata sistemata senza che sentissimo direttamente Drake. Ma mi piace come canta e mi piace il suo pezzo.
Chris: Quanto vorrei sapere come fa a ottenere quel suono delle voce. Mi piacerebbe sentirti cantare in quel modo.
Neil: Non riusciamo mai ad arrivarci. Dobbiamo scoprire il suo segreto. Forse un pizzico di Auto-Tune?
Chris: Sì, ma c’è del pathos.

Un altro duetto che il mondo vuole sentire?
Neil: Mmm, non ne sono tanto sicuro.

In 1989 di Taylor Swift c’erano certi pezzi che ricordavano la vostra musica.
Neil: Ho iniziato ad ascoltarla con assiduità durante il lockdown. Ho comprato tre suoi dischi di fila. Uno è quello con The Archer, che amo molto (Lover), quella canzone l’avrò ascoltata un milione di volte. E quello fatto coi National, che non mi ha preso granché. Preferisco il disco di Harry Styles. Senti Harry’s House e capisci dubito quali sono le sue reference, si capisce che vuol sembrare un po’ strano anche se è una grande popstar. Tipo quel pezzo, come s’intitola, Japanese Restaurant Theme o qualcosa del genere (il titolo è Music for a Sushi Restaurant, ndr). Fa bene, perché il pop dà il meglio quando tenta cose nuove. Tornando a Taylor, non la capisco al 100%, a dirla tutta. Ma ovviamente è incredibilmente prolifica e adoro il fatto che abbia ri-registrato i vecchi dischi per far incazzare chi ha venduto i suoi master. Grandioso. Strano, ma vero, è il tipo di cosa che faremmo noi in una situazione simile.

Love Is the Law è il gran finale del vostro disco. Voi siete sempre stati i re dei finaloni. Che criterio usate per sceglierli?
Neil: Amiamo le ultime canzoni. Di solito è un pezzo che lascia intendere che non faremo mai più un album, per non scoppiare. Sai che potrebbe essere una bella compilation? The Last Songs on Pet Shop Boys Albums. Leggevo una grossa biografia di Oscar Wilde che è uscita subito prima del lockdown. Dopo essere uscito di galera, Wilde finisce a Nizza e lì osserva le contrattazioni sessuali sulla Promenade des Anglais.
Chris: Prendendovi parte, probabilmente.
Neil: Senza soldi poteva essere un problema. Comunque, l’ultima canzone è ispirata a questa storia. Ma suona comunque come una last song.

Mi ricorda King’s Cross che chiudeva Actually.
Neil: È uno dei nostri pezzi migliori, quello. A King’s Cross abbiamo girato il video di Rent, l’ha diretto Derek Jarman, ma non è più il luogo che descrivevamo nella canzone. Ora ci sono Google e altre aziende tech, non è più lo squallido buco infernale che era.
Chris: E che tanto amavano (risate talmente lunghe da sembrare sospette, nda).
Neil: Ci abbiamo incontrato Andrew Ridgeley qualche settimana fa. Io l’avevo conosciuto a un concerto, ma Chris non lo aveva mai incontrato prima. Tipo molto carino. Stava andando in Sony a King’s Cross per una riunione sugli Wham!. La foto che abbiamo scattato con lui è la più popolare di sempre sul nostro Instagram, ma di gran lunga.

Uno dei miei pezzi preferiti dei Pet Shop Boys è The End of the World del 1990. Secondo me arriverà anche il suo momento.
Neil: Magari la metteranno in un film e sarà rivalutata. Sai a chi piaceva quel pezzo? A George Michael. A me invece non è mai sembrata una gran canzone. Avevo fatto di nuovo rimare “girl” con “world” come in West End Girls e mi sembrava un po’ da pigro. Ma sai, è un pezzo su una crisi adolescenziale. Ci siamo passati tutti.
Chris: Io le ho ancora.
Neil: L’hai detto.

Da Rolling Stone US.

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