È il rocker senza peli sulla lingua. Dice tutto quello che pensa sul mondo e, soprattutto, sulla musica. Lo farà anche in questa intervista per presentare il nuovo album Dog Eat Dog, progetto che, tra riff e assolo di chitarra, vuole far riflettere sull’egoismo e la superficialità dell’oggi. Pino Scotto è una delle icone del rock italico. Uno che, con grinta e determinazione, lotta per imporre una sua visione. Soprattutto dopo aver appeso al chiodo il microfono di frontman dei Vanadium. E aver intrapreso una carriera solista.
Pino, iniziamo col progetto Dog Eat Dog che segna il tuo ritorno all’hard rock.
Ogni due anni faccio un album e me ne vado in giro a fare concerti. L’ultimo tour l’ho finito a ottobre e sono state 140 date: un massacro. Dopo i Vanadium sono passato all’italiano, al blues, ho provato a contaminare il rock’n’roll col rap. Ogni mio progetto è a sé stante. La voglia di tornare all’hard rock è rinata durante la registrazione del disco Live for a Dream, nel quale cantavo 14 brani della mia carriera, ognuno con una band diversa. Due anni fa sono uscito con Eye for an Eye, che è un hard rock più classico. Questa volta ho voluto fare ancora di più.
Cioè?
Ho voluto fare un po’ tabula rasa della mia memoria e vorrei lo facessero anche quelli che ascoltano. Ho cercato di creare un album come negli anni ’70, senza preconcetti, come i primi lavori dei Led Zeppelin e dei Deep Purple: facevano un pezzo blues, uno rock’n’roll, quello che veniva. Il percorso è stato questo.
Soddisfatto del risultato?
Molto. Da quando mi è passata la frenesia di fare le cose a tutti i costi, ho cominciato a riflettere, mi sono dato una calmata, ho smesso con alcol ed eccessi.
Come mai?
Credo contribuissero alla mia agitazione. Adesso faccio le cose rilassatissimo, con gioia, circondandomi solo di gente che mi fa stare bene, sia musicalmente che nella vita.
Dove si colloca il tuo album nel panorama della musica italiana?
Non si posiziona proprio. Anche se ci sono altre band che fanno questo genere. Mi sale un po’ la carogna quando sento dire che Ligabue è rock, che Vasco è rock. Il rock è una cosa completamente diversa. Fra un po’ Ramazzotti mette la chitarra distorta in un pezzo – che poi è sempre quello, perché scrive la stessa canzone da 40 anni – e diranno che si è messo a fare rock.
Allora chi è rock, in Italia?
Il rock non è solo una questione musicale, è anche un’attitudine, un modo di pensare, di vivere. Se dovessi dire un nome ti spiazzo.
Spiazzami.
Caparezza è rock. Lo conosco bene, abbiamo anche fatto un brano insieme. Conosco la sua anima, il suo cuore, il suo valore artistico. C’è tanto rock nella sua musica, anche se non si sente.
Torniamo al tuo album. Nel brano Not Too Late canti: “They can wash your brain/but they have no shame”. A chi ti riferisci?
Eh… (ride, ndr). Diciamo che non è mai troppo tardi per correggere, riparare gli sbagli e chiedere perdono per i propri errori.
Pensavo ti riferissi a qualcuno di particolare…
Mi riferisco in generale. Penso che le anime pure non si debbano mai perdere. Spesso andiamo fuori strada, ma bisogna trovare il modo di rientrare, sempre.
Il singolo di lancio, Don’t Waste Your Time, attinge da un episodio che hai vissuto.
Una brutta storia che mi ha fatto scoprire che ho la bronchite cronica da anni. Ho fumato per quasi 50 anni tre pacchetti di Lucky Strike al giorno, andavo in giro mezzo nudo, di notte, sudato. Mi sono fatto 35 anni di fabbrica, uscivo dal lavoro, non dormivo, andavo a suonare e all’una di notte cominciava la vita fino alle 6 del mattino. Una vita sballata con sigaretta, bicchiere e schifezze da mangiare. La bronchite è il minimo che poteva venirmi.
Ma la storia è un’altra…
Ho fatto una lastra e, quando l’ho portata al mio medico, c’era scritto che avevo una massa sui polmoni. Visto che mio padre e mio nonno sono morti di tumore ai polmoni pensa che notti che ho passato. Ho fatto un ulteriore controllo, un’altra lastra e abbiamo scoperto che era stato commesso un errore: quella massa era solo aria.
Cos’hai capito da questa situazione?
Di non perdere tempo, ma credimi che io, il tempo, non l’ho perso mai. Ho 70 anni, ma me ne sento 700.
Dall’alto dei tuoi 700 anni, che mi dici dei tuoi “amati” talent e del loro (pare) declino?
Per prima cosa hanno stancato. E poi la gente si è resa conto che da lì non è mai venuto fuori uno decente e che valga.
Be’ non è proprio così. Penso a Marco Mengoni, Giusy Ferreri, Emma Marrone, Alessandra Amoroso…
Mengoni cerca di fare Alex Baroni, la Marrone sembra Gianna Nannini con la diarrea, quando urla. Poi la Amoroso cerca di imitare la Pausini ed è pure stonata. Almeno la Pausini è intonata.
Una buona parola per tutti vedo…
Ma pure nel rock eh, non solo nel pop. Ci sono solo fotocopie delle fotocopie delle brutte copie. Chissà cosa è successo: anche le band famose non riescono a fare un disco decente. Comunque torniamo ai talent…
Dimmi.
Sono convinto che siano il suicidio dell’arte e della musica. Hanno fatto credere a questi ragazzini che basta cantare una cover per diventare famosi. Sai quanti ne ho incontrati, in tour, di questi ragazzini? Sono tutti in analisi, depressi, giustamente. Li fanno sentire delle star lì dentro. Tanto a loro che gliene frega? Finito un reality ne comincia un altro il giorno dopo. Ma il problema sono le persone che le guardano, ‘ste stronzate. Come quelli che parlano, parlano e poi il programma di Barbara d’Urso è seguitissimo.
Ce l’hai pure con la D’Urso?
La D’Urso e la De Filippi le metterei in galera per spaccio di demenza.
Addirittura! Be’ Pino, ho capito che sei uno che non le manda a dire, ma ci vai giù pesante. A questo punto ho quasi paura a chiederti cosa pensi dell’indie.
Tommaso Paradiso scrive canzoni su armonie e melodie che Fred Bongusto componeva 40 anni fa, come Una rotonda sul mare. Non c’è niente di nuovo. Lo chiamano indie, ma è solo un pop di merda, squallido, triste.
Almeno Liberato ti piacerà…
Meglio, ma è sempre pop scadente. Non c’è più la grande musica, il grande pop, le grandi canzoni. Anche il tipo che mangia le cime di rapa, quello che ha vinto il Festival di Sanremo…
Ah, Diodato.
Ti faccio sentire 30 brani che hanno le stesse note, armonie e melodie. Nessuno riesce a fare più un pezzo decente. E poi lasciamo stare Sanremo
Come lasciamo stare? Adesso mi devi dire se l’hai visto.
In passato non l’ho mai guardato, tranne qualcosina, ogni tanto. Stavolta l’ho voluto vedere.
E che ne pensi?
Sono rimasto allibito della poca tecnica delle voci e della qualità delle canzoni. Ma che cacchio ci vuole a scrivere un pezzo per Sanremo, porca miseria? L’ho detto anche al mio amico Francesco Sarcina delle Vibrazioni, che se la sono fatta pure scrivere, la canzone. Ma vai a Sanremo e non riesci a scrivere un brano che vada bene per quel posto lì? Non riesco a capire.
Non ti è piaciuto nemmeno Achille Lauro?
(Ride, ndr). Quello che coi vestiti fa concorrenza a Malgioglio? Secondo me Achille Lauro è il più grande bluff, la cosa più squallida venuta fuori insieme a Tommaso Paradiso.
Ma salverai qualcuno, tra le nuove leve…
Ti posso solo dire che tantissimi ragazzi mi mandano brani. Non voglio fare l’eroe, ma li ascolto tutti. E se c’è qualcosa che non mi piace glielo dico, con gentilezza, ma glielo dico. Alcuni fanno cose eccezionali, ma nessuno dà loro una possibilità. Questo mondo è anche una questione di intrallazzi, se sali sul tram giusto o su quello sbagliato. Puoi essere un grande artista, ma se non passa il tram giusto ti attacchi. Ho conosciuto ragazzi bravi che meritavano, ma niente da fare.
Ma a Sanremo ci andresti?
Anni fa mi fecero una proposta e, questa tipa che me l’ha fatta, quest’anno, dopo anni, è tornata al festival. Il mio discografico degli anni ’90 mi disse della possibilità di andare a Sanremo, con il Progetto Sinergia (del 1994, ndr), insieme a questa cantante di cui non ti farò il nome.
E tu?
Gli ho risposto «Vai a cagare!». Poi ci ho pensato e ho accettato di andare.
Come mai?
La mia idea era di tirare fuori l’uccello durante l’esibizione. E lo avrei fatto, credimi.
Non ho dubbi.
Quando ho detto al discografico le mie intenzioni mi ha consigliato di lasciar stare, ma ho fatto male a parlargliene. Lo avrei dovuto fare senza dirgli nulla. Questa è stata la mia esperienza sanremese. Poi una volta sono andato a Sanremo per un progetto umanitario, dovevamo suonare nella piazza della città. Arrivati veniva giù il diluvio universale, ma visto che l’hotel era già prenotato siamo rimasti. La sera ci portano al Dopofestival (l’anno cui fa riferimento Pino è il 2010, quando il Dopofestival era sulla piattaforma YouDem, ndr). Siccome sapevo l’andazzo ero già bello carico. Saliamo sul palco a fare un brano dei Led Zeppelin, finiamo di esibirci e davanti a me c’era Toto Cutugno. Dal palco ho detto «Massa di pezzenti! Accattoni! Fate schifo! Sono anni che venite qua con le vostre canzoni di merda!».
Conseguenze?
Viene un buttafuori e mi dice, «Mi scusi, al patron non è piaciuto quello che ha detto, se ne deve andare». E sai che gli ho detto?
Forse me lo immagino…
Gli ho risposto: «Dì al patron di andare a fare in culo pure lui». Mentre uscivo quelli delle Iene mi sono corsi dietro. Uno di questi mi ha toccato i capelli, io mi sono girato e si è beccato un cazzotto! È successo un casino, quella volta lì.
Voltiamo pagina e parliamo di attualità. Come pensi cambierà la musica dopo il coronavirus?
Non cambierà, perché la testa delle persone non la cambi. Cambierà il nostro approccio alla quotidianità, al modo di vivere. Spero saremo consapevoli che, prima, non si stava poi così male. Quanto alla musica, se siamo arrivati fino alla trap non abbiamo più speranze.
Secondo te, il Governo, come sta gestendo l’emergenza? Te lo chiedo perché so che sei stato simpatizzante dei 5 Stelle…
E lo sono ancora. Per loro ho anche suonato al Circo Massimo a Roma. Il problema è che la gente non ha capito che abbiamo dovuto fare il patto col diavolo: una volta con la Lega e una col PD. Questa cosa ci ha segati. Poi, come per tutti i partiti, sono uscite fuori le mele marce, ma continuo a pensare che siano il male minore. Credo che, per la prima volta, abbiamo un vero Presidente del Consiglio.
La prima cosa che farai finita quando si tornerà alla normalità?
Partire in tour, non vedo l’ora di risalire sui palchi.
Che fai a casa, in questo periodo?
Avevo un sacco di libri lasciati in sospeso, sto leggendo molto. Poi scrivo cose nuove e guardo tanti dvd musicali. Con la musica vera, quella che non c’è più.
In tv non ci torni?
Siccome continuavo a parlare male di X Factor, che era di Sky, alla fine ci hanno tagliato. Ora siamo su Facebook, tutti i martedì, alle 14:00 sul canale Rock TV Italy. Facciamo numeri molto più alti di prima.