Poco più di sei mesi fa, Neil Young ha comunicato ai tre Crazy Horse che era pronto per fare un nuovo disco. Gli ultimi due li avevano incisi in uno studio in un luogo remoto del Colorado a una tale altitudine da dover ricorrere all’ossigeno. Questa volta hanno lavorato Rick Rubin nel suo studio sulla spiaggia, lo Shangri-La di Malibu, California.
Il risultato è World Record, 11 brani in cui Young e i Crazy Horse affrontano problemi ambientali (Love Earth, This Old Planet), caos globale (The World, Walkin’ on the Road), rimpianti (Chevrolet). È come i precedenti Colorado e Barn un lavoro riflessivo, pieno di ballate dolci, anche se in alcuni momenti Young attacca il jack alla Old Black per rievocare lo spirito di Rust Never Sleeps e Zuma. «Siamo entrati tutti assieme in una dimensione magica», dice il bassista Billy Talbot, «accompagnati dagli dèi del rock».
La storia di Young coi Crazy Horse risale al 1969 e a Everybody Knows This Is Nowhere, ma in fondo non sono che una delle tante formazioni con cui ha collaborato in cinquanta e passa anni di attività. Li ha messi da parte per un bel pezzo degli anni 2000 e 2010, chiamandoli giusto per Greendale nel 2003 e per le uscite gemelle del 2012 Americana e Psychedelic Pill. Ma da quando il chitarrista Frank “Poncho” Sampedro si è ritirato ed è stato rimpiazzato da Nils Lofgren, sono ridiventati la sua band fissa in sala d’incisione. World Record è il terzo album di fila in cui Young suona con loro: in passato non era mai stato altrettanto costante.
«Poncho dava un contributo importante e ci manca tantissimo», spiega Talbot. «Sarà per sempre uno dei Crazy Horse. Ma quando era nella band non suonavamo molti pezzi acustici tipo Heart of Gold. Con Nils lo possiamo fare. Neil può sedersi all’organo a pompa oppure al pianoforte e noi sappiamo che siamo in grado di accompagnarlo».
Le canzoni di World Record si sono materializzate poco dopo l’uscita di Barn avvenuta a dicembre 2021. «Neil ci ha chiamati dicendo che aveva due o tre canzoni», ricorda Lofgren, «e che quando ne avrebbe avute altre avremmo di nuovo registrato assieme, magari in estate».
È successo prima del previsto e a fine aprile Young li ha convocati per il 1° maggio, il giorno dopo la luna piena. Lofgren ricorda di avergli detto: «Il 1° maggio? Ma non è estate, è fra una settimana e mezzo!».
Quando Bruce Springsteen ha deciso di rimandare al 2023 il suo tour con la E Street Band Lofgren s’è trovato libero da impegni. L’idea era guidare fino a Malibu con la moglie Amy, visto che in tempo di Covid non ama volare e in più ci sono sempre problemi quando si tratta di imbarcare la sua fisarmonica. Poi, pochi giorni prima della partenza, i Lofgren hanno visto la docuserie di Showtime Shangri-La dedicata allo studio di Rubin.
«Alla fine del primo episodio, Amy mi ha guardato e mi ha detto: “Prenota il volo, io non vengo”. Mi ha detto che dovevo andarci da solo. Aveva capito che sarebbe stata una di quelle situazioni in cui un gruppo di vecchi amici si gettano a capofitto nella musica. Stiamo insieme da 27 anni e lei sa che posso diventare nevrotico e pignolo quando lavoro, perciò ha pensato che sarebbe stato meglio che fossi solo. E aveva ragione, anche se Amy, i cani e casa mi sono mancati da morire».
Lofgren si è sistemato in una camera spartana allo Shangri-La, a pochi passi dallo studio, mentre Molina e Talbot hanno scelto un hotel nelle vicinanze. «Entro e vedo il pianoforte verticale di After the Gold Rush che avevo suonato per la prima volta quando avevo 18 anni», dice. «E anche il piano di Tonight’s the Night, un Wurlitzer elettrico, l’organo a pompa di Neil e una cinquantina di chitarre incredibili. Ed erano a mia disposizione 24 ore su 24, sempre. In quella specie di museo di vecchi strumenti incredibili mi sentivo come un bambino in un negozio di caramelle».
Prima delle session, Young ha inviato a Lofgren e Talbot dei demo casalinghi inciso al piano. Spesso non c’era molto più di un ritornello e di una strofa. «Ma non avevamo bisogno d’altro, Billy ed io», dice Lofgren. «Abbiamo trascritto gli accordi e ci siamo fatti un’idea di dove i pezzi andavano a parare».
Molina non ha ricevuto nulla in anticipo, perché Young voleva che il batterista sentisse i brani sul momento senza ragionarci troppo sopra. Tutte le tracce, voce compresa, sono state registrate dal vivo su bobina. «Non abbiamo suonato alcun pezzo più di una o due volte», dice Talbot.
Young è accreditato come co-produttore insieme a Rubin, ma nessuno ha mai messo in dubbio chi dettasse legge. «Quando lavori con un produttore devi cedere una parte del controllo», commenta Lofgren, «e non è una cosa nelle corde di Neil e Rick non ha mai cercato di imporre nulla. Con Neil non funzionerebbe e lui lo sa. Ogni tanto, però, suggeriva di fare qualcosa con la chitarra acustica o di provare qualcosa di differente. Ha consentito a Neil di dedicarsi solo al canto e alla chitarra».
«Rick è un vero fan della musica», aggiunge Talbot. «Gli piacciono le cose autentiche, che accadono in modo naturale. È stata una presenza positiva».
In sette degli undici pezzi di World Record, Young è all’organo a pompa o al piano invece che alla chitarra elettrica. Lofgren ha suonato principalmente chitarra acustica, pedal steel, lap steel e fisarmonica. Potrebbe sembrare un sacrilegio a certi puristi dei Crazy Horse che speravano di sentire una nuova Like a Hurricane o Cortez the Killer, ma non è certo la prima volta che i Crazy Horse ammorbidiscono il sound. «In passato abbiamo fatto I Believe in You», dice Talbot, «che è un gran bel pezzo e mostra quest’altro lato di Neil».
L’album inizia con Lofgren che dice a Young «qui abbiamo qualcosa». Young concorda: «Abbiamo catturato un’emozione». Poi partono con Love Earth. Come suggerisce il titolo, è una canzone d’amore per il pianeta, in cui si sogna un mondo senza inquinamento. “Il cielo era blu e l’aria pulita”, canta Young, “l’acqua era cristallina, vivevamo al sole e avevamo tutto, vivevamo in un sogno”.
Il tasso di energia si alza in Break the Chain, impregnata di feedback, per poi calare nella nostalgica The Long Day Before e poi tornare al massimo nel pezzo di chiusura di 15 minuti, Chevrolet, una canzone chitarristica che sarebbe stata perfetta in uno dei vecchi dischi dei Crazy Horse. Parla dei ricordi suscitati dalla vista di una vecchia Chevrolet. “La nuova ragazza ha detto che stiamo per avere un bambino”, canta Young, riferendosi alla sua relazione con l’attrice Carrie Snodgress negli anni ’70 e al figlio avuto insieme, Zeke. “Presto ci siamo persi di vista, eravamo giovani e stupidi, ora è acqua passata”.
«Quella canzone è un viaggio», dice Lofgren. «Abbiamo continuato a suonare e suonare, con Neil che si scatenava e io che gli facevo da contrappunto. Era come se, dopo aver guidato in città, fossimo entrati in autostrada dove filare liberi. Ha portato la band a un altro livello».
È il tipo di pezzo che suonerebbe in modo incredibile su un palco e invece Young non si esibisce dal vivo dai tempi del Farm Aid, nel settembre 2019. È la pausa dai palchi più lunga della sua carriera. Ha detto di essere aperto all’ipotesi di qualche concerto nel 2023, ma la E Street Band terrà impegnato Lofgren per tutto l’anno e forse anche per una parte del 2024.
È una situazione che sta causando a Lofgren una certa ansia, specialmente perché già nel 2020, prima dell’arrivo del Covid, era previsto un lungo tour negli stadi dei Crazy Horse. «Ogni volta che chiamo il manager di Neil o di Bruce dico loro: “Ragazzi, ho mezzo secolo di esperienza, potete farmi organizzare le agende di Bruce e Neil per i prossimi due anni, per favore?”. E puntualmente mi mandano a quel paese».
Continua Lofgren: «Bruce ha iniziato a organizzare concerti e a vendere i biglietti per il tour nel prossimo anno. E poi è arrivato l’album con Neil. Non mi lasciano organizzare i calendari e quindi, purtroppo, non sarò in tour con Neil. Ne ho parlato con lui. Mi scoccia molto, ma non posso essere in due luoghi simultaneamente».
Young, in passato, ha accennato all’idea che Micah Nelson possa sostituire Lofgren sul palco coi Crazy Horse. «Se n’è accennato», dice Lofgren. «Ho visto i Promise of the Real suonare con Neil e sono fantastici. Ma vedi, ho appena inciso questo disco bellissimo, per me è il migliore degli ultimi tre di Neil coi Crazy Horse e mi deprime parecchio l’idea di essere sostituito in tour».
Talbot dice di non sapere nulla dei futuri show dei Crazy Horse, con o senza Lofgren: «Mi piacerebbe suonare un po’ dei pezzi nuovi e un po’ dei vecchi. Ma ci manca davvero Poncho e Nils sarà molto occupato. Si è parlato di Micah. Non mi sorprenderebbe se la cosa andasse in porto, ma sarebbe bello incidere un disco con lui prima di fare dei concerti».
Lofgren, intanto, cerca di accettare l’idea di non esserci. «Sarebbe un peccato. È frustrante. Ma sai una cosa? Viviamo un giorno per volta. Sto facendo quello di cui io e Neil parliamo spesso, vivere il presente. Mi tocca essere un po’ fatalista. Che cosa farò? Intanto sono in due grandi band».
Di questa band Lofgren, che ha 71 anni. è il ragazzino. Young ha 77 anni, Molina e Talbot 79. «Non siamo di primo pelo», dice Talbot. «Qui si fanno le cose sul serio, non c’è altro modo».
Tradotto da Rolling Stone US.