Nel loro primo singolo a raggiungere la Top 40 americana, Year 3000, i Jonas Brothers cantavano: “Sono stato nell’anno 3000, non è cambiato molto. La gente vive sott’acqua. La tua bis-bis-bis nipote sta bene”. A parte averci preso dal punto di vista climatico – se l’uomo popolerà ancora la Terra non ci va l’expertise di Piero Angela per capire che avremo le pinne – chissà se i tre fratelli Jonas si immaginavano di arrivare al 2023, prima ancora che all’anno 3000. Il pezzo che abbiamo citato non è neanche loro, è una cover dei Busted, gruppettino pop punk inglese attivo agli inizi degli anni 2000. Quasi vent’anni dopo ci rechiamo nel Regno Unito, patria dei Busted appunto, per assistere a un concerto dei Jonas Brothers alla Royal Albert Hall. E i tre precisano: «Vogliamo ringraziare i Busted, che ci hanno permesso di cantare questo brano: ci ha cambiato la vita». I fan inglesi quindi esplodono in urla e applausi come a dire «in fondo è sempre merito nostro, sì».
Correva l’anno 2004 quando Nick, Joe e Kevin Jonas facevano il debutto su Disney Channel, e forse non immaginavano sarebbero saliti su una giostra che non si sarebbe più fermata. Al loro fianco Miley Cyrus, Demi Lovato, Selena Gomez, Hilary Duff e tutta quella generazione di teenager americani diventati star. Seguiranno anni al massimo: dischi, serie tv, film. Ora però è il 2023: i Jonas sono nei loro 30, sono ammogliati e sono tutti genitori di figlie femmine. Joe è sposato con Sophie Turner, star di Game of Thrones. Nick con Priyanka Chopra, attrice e cantante indiana. Kevin invece è sposato con la tv personality Danielle Deleasa. Insomma, i ragazzini si son fatti grandi. E sono ancora qui a pubblicare dischi.
Nel 2019, dopo una pausa durata sei anni, sono tornati con Happiness Begins. Disco e singolo (Sucker) finiscono alla prima posizione della classifica americana. Non gli era mai successo. Passano quattro anni e il 12 maggio è il turno di un disco nuovo che si chiama semplicemente The Album, «perché è il disco che ci rappresenta di più». Li abbiamo incontrati il giorno dopo la serata alla Royal Albert Hall. Dopo il concerto hanno girato scene per il video di Waffle House, poi c’è stato un after party in un locale di Londra. Quando li raggiungiamo all’hotel dove soggiornano sono un po’ cotti, è stata una notte lunghissima. Non mancano però maniere gentili e sorrisoni di chi questo mestiere l’ha imparato quando era poco più di un bambino. «È stato incredibile», dice Kevin. «Non ero mai entrato alla Royal Albert Hall prima d’ora. Entrarci la prima volta per suonare è stato pazzesco». Se lo sarebbero immaginati da ragazzini?
Il loro comeback, quello da adulti, è andato molto meglio del previsto: «Non avevamo precedenti, era veramente tutto imprevedibile», dice Kevin. «È stato un ritorno che ci ha fatto raggiungere un nuovo livello. Abbiamo suonato in posti dove non avevamo mai suonato prima, fatto cose che non avevamo mai fatto prima. Abbiamo avuto l’opportunità di celebrare quello che abbiamo fatto in passato mostrandoci anche per come siamo oggi. Non è scontato». Il sound è cambiato. Nei live ci sono chiaramente le hit del passato (SOS, Burnin’ Up e via dicendo), ma anche i pezzi nuovi. I tre ora si dedicano a un pop più adulto, con richiami 70s e falsetti. Un bel misto delle robe che si sentono in classifica ora, da Harry Styles in giù. E se già il loro “primo disco da adulti” aveva fatto il suo dovere, con The Album i tre Jonas puntano al bis. «È il disco che ci rappresenta di più perché è influenzato da quello che ascoltavamo da piccoli. I Bee Gees, gli Eagles, i Boston, Stevie Wonder. Ma volendo pure gli Oasis. Ci siamo concentrati sulle armonie. Lavorare con Jon Bellion (produttore che ha lavorato con Eminem, Justin Bieber, CeeLo Green, Halsey, nda) è stato importantissimo. Ci ha aiutato a trovare una visione, mantenendo il suono moderno. E poi raccontiamo di più la nostra vita, quello che non si vede».
Si mettono a citare le influenze di questo disco, raccontandoci che «sono cresciuti in un minivan, girando su e giù per gli States con i nostri genitori e ascoltando tantissima musica anni ’70 e ’80». «I bambini ora invece ascoltano CoComelon (un canale YouTube seguitissimo e pieno di canzoncine per poppanti, nda)», dice Nick ridendo. Sempre insieme, i fratelli. Come i Bee Gees, appunto, ma pure come gli Oasis. Senza però scazzare come Liam e Noel: «Abbiamo avuto anche noi i nostri casini, solo che la gente non li sa», dice di nuovo Nick. «La cosa che ci ha salvato è che abbiamo gli altri due su cui contare, siamo una famiglia. E non per modo di dire». Lo raccontano in uno dei singoli già usciti, Waffle House, luogo in cui si recavano dopo concerti e show per discutere, nel bene e nel male. «Ci andavamo spesso per tirare fuori i problemi subito, davanti a un tavolo. Il nostro segreto è stato risolvere le cose velocemente».
Quasi troppo saggi per essere veri. Nick, Joe e Kevin sono l’America dei telefilm. Mai uno scandalo, mai una polemica, nessun titolone da giornale di gossip. In pratica sono gli unici ex Disney a non essersi mai incasinati la vita. Insieme a loro Hilary Duff, e vi basti questo meme per credere sia vero. Gli altri, be’, diciamo che hanno avuto qualche vicissitudine in più (un saluto a Miley, Demi, Selena, ecc). In uno sketch andato in onda allo show di James Corden nel 2019, il conduttore rapisce i Jonas e li fa tornare insieme perché da quando si sono sciolti «le cose hanno iniziato a peggiorare».
La fama da good boys però non è sempre stata utile, tra fede cristiana mai nascosta e quei purity rings di cui si parlava anni fa (anelli che simboleggiano la promessa a Dio di arrivare vergini al matrimonio: li indossavano i fratelli ma anche molte altre teen celebs nei primi anni 2000). Roba che gli ha causato qualche sfottò pubblico, tipo Katy Perry, che canta Like a Jonas invece di Like a Virgin ai VMAs del 2008; ma anche Jay-Z, che in un verso di On to the Next One dice: “No, non sono un Jonas Brother, sono un adulto / No, non sono vergine, uso i miei cojones“. Qualche anno dopo Joe ha risposto dicendo che la menzione era fantastica, ma che il rapper avrebbe dovuto fare un po’ più di ricerca perché «Jay-Z non sa che ho usato i miei cojones prima di lui». Ci fidiamo.
Insomma, per i Jonas non è stato facile rimanere fedeli alla linea e uscire indenni dagli anni 2000, dall’egemonia Disney, dagli anni in cui tutti i cantanti teen erano prodotti dell’industria con l’unico scopo di produrre profitto dalle vendite di dischi a un pubblico di bambini. Non c’erano ancora le Billie Eilish che a 17 anni ha fatto uscire quel capolavoro di When We All Fall Asleep, Where Do We Go?, per intenderci.
L’impresa era quindi quella di farsi prendere sul serio, da adulti. I Jonas ce l’hanno messa tutta e la roba che hanno pubblicato negli ultimi anni è un pop decisamente degno di quel nome. Nel mentre il mondo è cambiato. Ora i numeri si fanno su TikTok: «Ieri abbiamo fatto un video in cui balliamo. 7 milioni di visualizzazioni», dice Joe, un po’ incredulo rispetto al mezzo e ai numeri generati. «Questo è quello che succede ora, ci siamo trovati davanti a un universo differente». Come si comincia, vicini ai 35, a fare i balletti? «Bisogna trovare il lato divertente. Se non lo trovi, non farlo, va bene lo stesso. Quando abbiamo iniziato c’era MySpace e ci sentivamo fighi perché avevamo 100 follower. Ora è tutto super diverso, ma è divertente scoprire che succede, ci piacciono i cambiamenti, sono vent’anni che gli stiamo dietro». Continua Nick: «Io uso TikTok anche da utente, mi piace tantissimo scoprire musica e gente che fa ridere».
Da utente avrà sicuramente modo di vedere tutti i meme che ciclicamente ripropongono le scene più imbarazzanti di Camp Rock, il film Disney di cui sono protagonisti: correva l’anno 2008 e nessuno poteva immaginare che Internet avrebbe reso immortale anche un film tv la cui sinossi recita: “Mitchie Torres, aspirante cantante, sogna di partecipare al prestigioso campo estivo Camp Rock per far notare il suo talento, ma finisce a lavorare in cucina”. «Siamo fieri del nostro passato. Anche delle cose che possono essere percepite come imbarazzanti. Hanno avuto il loro ruolo anche quelle. Bisogna fare lo sforzo di capire che eravamo giovani, che siamo cresciuti davanti agli occhi del mondo. Ognuno di noi, ripensando al periodo della scuola, ha dei momenti che trova imbarazzanti o che vorrebbe cancellare. I nostri li trovi tutti online, quindi meglio farci pace e trovare il modo di riderci sopra». Non avremmo mai pensato che i Jonas Brothers potessero insegnarci la vita, eppure è successo.
Come si mantiene la bussola quando si cresce sotto i riflettori? «Prima facevamo le cose velocemente, una dopo l’altra, senza sosta. Ora ci imponiamo di prenderci del tempo per celebrare quello che facciamo, per godercelo e divertirci. Be’, poi manca una cosa». «Cosa?», chiediamo noi. «La terapia», ci risponde Joe. Quella sempre, cari Jonas.
La copertina di The Album, in uscita il 12 maggio: