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Richard Russell: «Dopo Adele, ve le suono io»

Ha prodotto i pesi massimi della musica indie, dai Radiohead a The xx. Ma ora Richard Russell, boss della XL Recordings, si mette in gioco in prima persona. Nel nome della libertà più pura.

Gambe incrociate tipo Buddha, tuta di felpa tipo Gué e piedi scalzi: Richard Russell mi aspetta seduto sul gigantesco divano di un cinque stelle in Piazza Repubblica a Milano. «Cosa bevete a quest’ora in Italia?», chiede il Re Mida dei produttori inglesi. Spritz? No, troppo leggero. Meglio puntare su un Negroni, anzi due, perché chi sono io per far bere da solo l’uomo che ha scoperto Adele, Prodigy o The xx? A lui, però, il verbo scoprire non piace.

Per il boss della XL Recordings, forse la più nota label indipendente al mondo, gli artisti non vivono sotto le rocce. Quindi nessuno li scopre mai davvero. «Puoi solo dare una mano a qualcuno che ha del talento. Puoi far parte della sua carriera, ma nessun artista risponderà alla domanda: “Chi ti ha scoperto?”», dice pacato Richard. Il suo aplomb lascia presto spazio alle battutine e alle confessioni, complice anche il Negroni. «Sai come ho trovato Adele? Su Myspace. Era lì, con tutte le sue canzoni in bella vista».

Richard Russell è nato nel 1971. Nel 1989 ha fondato la XL Recordings, label di King Krule, Adele, Radiohead e molti altri. Everything Is Recorded è il suo primo album, in uscita il 16 febbraio.

Lui la fa semplice, come se la voce più strabiliante del 21° secolo ti capitasse sotto il naso tutti i giorni. E pensare che, nel 1989, XL è nata con l’unico scopo di sfornare dischi dance. Da allora, Richard ha ricoperto praticamente ogni ruolo. Ha fatto da A&R, produttore, presidente, trasformando la label da piccola attività di nicchia a fucina fabbrica-successi.

Dalla sua piccola porticina dipinta di bianco e nero nel quartiere di Portobello sono passati FKA twigs, Thom Yorke, M.I.A. e i White Stripes. Richard ha raggiunto ogni traguardo che un produttore possa immaginare. Ma aveva bisogno di vedere il proprio nome stampato sulla copertina di un disco, e non solo fra i crediti. Everything Is Recorded, il suo esordio, raccoglie le jam session registrate nella sua Copper House londinese e le addobba come se fossero canzoni vere, sui cui prestano la voce Sampha, Giggs, Obongjayar (nelle foto a destra, alcuni momenti di lavoro sull’album).

Nessuno scopre niente. Puoi solo dare una mano a qualcuno con del talento.

Sono perlopiù improvvisazioni, e quello che si percepisce ascoltandolo è un senso di intimità soul. Fra tutti i dischi su cui ha messo mano è quello dove ha goduto di più libertà. Ma come si fa a conservare la passione per ciò che si fa in mezzo ai mestieranti del business? «Qualche anno fa stavamo registrando il disco di Bobby Womack, quando si è messo a suonare un pezzo per i fatti suoi», racconta Russell, che quel disco l’ha prodotto insieme a Damon Albarn. «Colpiti dalla bellezza della canzone, gli abbiamo detto: “Ok, questa finisce nell’album”. Bobby era allibito». Prima di allora, Womack non aveva mai incontrato qualcuno così libero nel prendere decisioni come Russell. «La libertà viene per prima», conclude. «Ma il Negroni è finito. Mi fai ascoltare un emergente italiano?». Apro YouTube e digito “Liberato”. A metà di Tu t’e scurdat’ ‘e me, Richard sorride. Gli piace. A posto.

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