La stanza da cui Rose Villain risponde alla videochiamata è parte della sua casa di famiglia a Milano. Le pareti sono fitte di decorazioni e cimeli e, in un qualche modo, sembrano ricontestualizzarla in un’altra età, in un’adolescenza infinita, molto differente dall’estetica oscura da DC Comics di Radio Gotham, il suo primo disco, in uscita il 20 gennaio e che vanta featuring con Guè, Salmo, Elisa, Tedua, Tony Effe, Geolier, Carl Brave.
In fondo Rosa è nata e ha trascorso l’adolescenza a Milano, da dove è fuggita per inseguire il sogno americano, studiando al conservatorio di musica contemporanea a Los Angeles prima di trovare la sua dimensione a New York, dove scrive e compone nel suo studio casalingo con Sixpm (Andrea Ferrara), il marito e produttore. Ora a Milano ha la famiglia, la carriera, i «demoni», mentre a New York mantiene la vita, la relazione, lo studio. Un dualismo costante tra Rosa persona («un cucciolo») e Rose personaggio («quello che penso e non riesco a dire»), tra «maschiaccio rock» e femme fatale, tra gli esordi con Salmo in inglese e la svolta italiana grazie a Guè. E ancora la musica vissuta come ansia e salvezza tra l’ambizione bruciante e la pazienza.
Abbiamo raggiunto Rose per farci raccontare i demoni che si nascondono nelle ombre scure di Radio Gotham, il disco che potrebbe consacrarla definitivamente nel mainstream italiano.
Guardando il luogo in cui sei direi non possiamo che partire da Milano. Cosa significa per te? Come entra nella tua musica?
La mia parte infantile, con tutti i traumi parentali collegati, è legata a Milano. La parte più pesante del disco, quella legata a mia madre, la perdita, la morte, è sicuramente legata a Milano. È la città dei miei demoni, ma nonostante tutto la amo, sono qui le mie radici e la mia famiglia.
E invece che ruolo ha New York nella tua vita?
È il luogo dove ho trovato me stessa, la mia energia, dove mi sono finalmente sentita compresa e non giudicata. Lì sono diventata donna, vissuto esperienze, avventure, pericoli. Sfarzo e degrado convivono, e questo mi affascina. New York mi ha dato l’ambizione di far le cose al massimo della mia possibilità: qui sei il top o vieni schiacciato.
La vita a New York, la carriera a Milano. Riesci a vivere tra due città senza impazzire?
Stare tra due case, due città, due nazioni mi destabilizza. Sono del cancro e per me il nido è importante, mentre così sono sempre sballottata. Ma non voglio rinunciare a nessuna delle due cose.
Avere una distanza dall’Italia, dal mercato e dall’industria dove la tua musica è presente ti aiuta a non farti condizionare da ciò che sta succedendo qua?
Fino a poco tempo fa non conoscevo molta musica italiana, son cresciuta ascoltando rock e rap internazionale. Quando sono in Italia naturalmente mi capita di ascoltare cosa passa in radio ma non voglio farmi influenzare dai trend o da ciò che il mercato mi chiede, voglio essere spontanea.
La tua carriera è iniziata in inglese e solo negli ultimi anni sei passata all’italiano. Come è andato questo passaggio?
È stato Guè a dirmi di provare a scrivere in italiano mentre lavoravamo a Chico; non era nei miei piani. Ho così scoperto che il suono della mia voce in italiano mi piaceva. Ho dovuto adattare molto la mia scrittura. In inglese è difficile essere sdolcinato e cheesy, trovi sempre il modo per essere cool. In italiano è complesso, quando ho provato a tradurre dei miei pezzi mi son detta «madonna che sfigata che sei!». Ho dovuto cercare le mie parole, il mio modo di esprimermi. Ora preferisco come scrivo in italiano.
Il vocabolario scelto ha dei campi semantici molto espliciti: le sostanze, le auto, il sesso. Sono cose che fanno parte della tua vita o Rose Villain è un personaggio differente?
Rose Villain non è tanto un mio personaggio, quanto il frutto di una sorta di bipolarismo artistico. Piuttosto che mettermi una maschera, mi sembra di togliermela. Nella vita privata sono una persona dolce, sensibile, un cucciolino, non sono quella che sta sul palco, né tantomeno le cose che scrivo, però, ecco, ciò che dico tramite Rose Villain è quello che vorrei davvero dire, ma che normalmente non riesco. Parlare di droghe e divertimento è qualcosa che ho sempre tenuto un po’ nascosto, per me – non che abbia abusato di nulla. Il divertimento e l’esagerazione sono comunque un derivato di una sofferenza.
Ci sono voluti sette anni per arrivare al tuo primo disco, Radio Gotham. Un’attesa lunghissima. Hai mai pensato non sarebbe mai arrivato questo momento?
Non ho mai avuto il dubbio, anzi penso ne farò altri quaranta da quanta musica ho scritto. Però mi sono dovuta armare di grande pazienza: il mio progetto non è esploso da un giorno all’altro, è stato graduale. Un percorso tortuoso. Ho capito però che prima non era il momento giusto per pubblicarlo. Bisogna aspettare che la gente ti chieda un album; ora che c’è l’hype giusto e ho raccolto i giusti brani, è il momento.
Come hai vissuto questa attesa?
È stata una fatica. Per me la musica è una sofferenza estrema. Non la vivo bene perché sono un’ambiziosa patologica. Voglio la luna e devo arrivare alla luna. Ogni passo che faccio mi sembra lentissimo rispetto alla velocità in cui vorrei andare.
Quindi non vivi molto bene il tuo rapporto con la musica.
A volte con la musica ti senti in cima al mondo, altre proprio no. È un processo altalenante. Io sono molto sicura di me musicalmente – amo la mia musica, mi piace ascoltarla – ma poi c’è il giorno in cui mi guardo attorno e vedo il successo degli altri e penso «perché il pubblico non mi capisce?». È un mondo che porta a molta frustrazione che eventualmente si trasforma in ansia e depressione.
In che modo gestisci questa ansia? Come preservi la tua salute mentale?
Faccio psicoterapia, la EMDR mi ha molto aiutato. Inoltre durante questo percorso è mancata mia madre, la mia figura fondamentale, è lei che mi ha iniziato a tutto questo. È stato molto difficile. Ora sto imparando a gestire la mia ansia mettendomi a fare musica. Meditazione e sport non fanno per me.
Si può essere introversi e popstar?
Sì, secondo me tantissime popstar e rockstar sono introverse. Sto provando pian piano ad aprimi, ma i miei fan lo sanno e non mi prendono mai in maniera aggressiva, mi rispettano molto. Sarà che sono una donna e non una ragazzina, mi faccio rispettare. Han capito che non sono qua a scherzare. Quando divento introversa poi divento goffa, e questo mi capita con i fan, non sono brava a relazionarmi così, ma sto migliorando.
Ora però le cose stanno andando bene. Radio Gotham esce a giorni e i singoli finora estratti stanno andando molto bene. Come stai vivendo questo momento?
Vorrei dirti che me la godo fino in fondo ma non sarebbe vero. Son sempre proiettata nel futuro, a pensare a cosa voglio fare. Purtroppo non riesco a godermi molto il presente.
È cambiato il tuo modo di comporre da quando sono esplosi social come TikTok che premiamo un certo tipo di scrittura?
La mia scrittura pop è ispirata a Max Martin.
Il re Mida del pop. La tocchi piano…
Sì, ho sempre avuto quest’idea, imparata da Max Martin, che ogni brano dovesse avere un hook, una frase, che io chiamo frase da maglietta e che ora potrebbe essere chiamata frase da TikTok. Quando scrivo penso sempre a questo.
Qual è la miglior frase da maglietta di questo disco?
“Non sono felice per te”, sicuramente, semplice ma efficace. Anche se forse uno dei miei brani preferiti è Cartoni animati, ho lottato per averla nel disco.
Nel tuo disco ci sono Guè, Salmo, Elisa, Tedua, Tony Effe, Geolier, Carl Brave. E anche nei singoli precedenti hai sempre collaborato con il top del settore. Secondo te perché questi artisti fanno i featuring con te? Cosa pensi vedano in te?
Quando ho iniziato a pensare a questo disco mi ero scritta chi volevo come featuring. Ecco, le persone che ho segnato sono quelle presenti nell’album. Mi ha fatto piacere che tutti hanno fatto un passo verso la mia musica, anche quando non era nelle loro corde. Tipo Carl che fa il pezzo sull’overdose, o Salmo che mostra una sensibilità inedita. Hanno visto un’artista vera, che sa il fatto suo e che ha avuto il coraggio di chiedere queste collaborazioni. E poi a loro ho mandato le mie canzoni migliori. Tranne ad Elisa, con lei è stato assurdo…
Cioè? Raccontaci.
Ho iniziato a scrivere il brano il giorno che ho iniziato a fare terapia. In seduta ho parlato di mia madre e quando sono uscita ho scritto Monet, perché lei aveva quest’abitudine di fotografare l’alba e il tramonto, tutti i giorni. Mia madre era una grande fan di Elisa, e io quindi son cresciuta con i suoi dischi. A un certo punto Andy, mio marito, inizia a lavorare per il disco di Elisa e mi ci ritrovo a cena. Lì ci siamo conosciute e innamorate. Tornati a New York, Elisa chiede ad Andy di farle sentire dei miei brani inediti, e lui gli manda qualcosa, tra cui Monet, di cui avevo scritto solo il ritornello e la prima strofa. Elisa gli risponde dopo quattro ore con un audio in cui canta una seconda strofa scritta da lei e che parla di sua madre. Questo senza saper che pure la mia parte fosse dedicata a mia madre. E senti cosa ha detto ad Andy: «Scusami, ma ho sentito come una forza che mi ha preso la penna e mi ha fatto scrivere». Pazzesco.
Ricordo una tua intervista a Le Iene dove l’intervistatore ti chiedeva di mostrare le gambe e tu gli facevi giustamente notare il sessismo insito nella richiesta. Nella tua estetica sei spesso molto coperta e hai un differente modo di esprimere la tua sensualità rispetto a ciò che è presente nel mercato oggi. Che rapporto hai con la tua immagine pubblica?
Anche qui ho un dualismo credo. Ho un animo maschiaccio, un vestiario molto rock, ma a volte ho degli exploit in cui voglio essere sexy. Non mi preoccupo di come mi vede la gente o come mi devo porre o vestire, me ne sbatto il cazzo. Sono femminista – e tu non sai quanto mi massacrano ogni volta che dico questa parola – e voglio essere ciò che mi sento.
E perché ti massacrano?
Quando mi vesto un po’ sexy arrivano i commenti «ah sei femminista però ti spogli», e sta cosa mi manda in bestia. Io sono totalmente in controllo di come mi presento, della mia sessualità, e faccio quello che voglio. Se mi sento sexy, mi vesto sexy, se voglio coprirmi resto coperta. Le mie scelte non devo preoccupare gli altri, sono mie. Sono una donna che fa il cazzo che le pare. Ai live raramente mi vesto sexy, ora, perché ho bisogno di un distacco, di essere desessualizzata, e porre l’attenzione sulla mia voce e la mia espressività. Se domani cambierò idea, lo farò senza problema. Sono scelte mie.
Il primo disco è uno statement importante chi fa musica. Cosa vorresti arrivasse principalmente da Radio Gotham?
In questo disco mi sono messa a nudo, sono andata a scavare ed è stato difficile e doloroso. Sono molto chiara e semplice quando parlo di tristezza, malinconia, sofferenza, depressione e per me è molto importante che la generazione più giovane capisca che è normale vivere queste emozioni. Devono sapere che si può essere insoddisfatti, infelici, frustrati, stressati, depressi. Le persone sono chiuse, hanno paura di chiedere aiuto e si sentono giudicate, han difficoltà ad esprimersi e magari vedere una persona di cui sono fan che dice che vivere quelle emozioni è ok, che è permesso stare così, che non si è soli in sta merda, può essere utile. Ci tengo tantissimo alla consapevolezza sulla salute mentale.
Tu in passato sei stata fan di qualche artista che ti ha aiutato con la sua musica?
Sì, i Nirvana. Sin da bambina mi sono sentita legata alla sofferenza di Cobain, mi sentivo rappresentata e le sue canzoni mi aiutavano a buttare fuori certe cose che non sapevo dire. La musica riempie sempre un letto vuoto. È un amico immaginario che ti aiuta, e vorrei che la mia musica potesse aiutare a stare meglio qualcun altro.
Foto: Clara Novelli
Assistente fotografo: Andrea Biagioni
Stylist: Rujana Cantoni
Assistente stylist: Francesca Matricciani
MUA: Greta Agazzi
Hair styling: Martina Russo
Operatore video backstage: Lorenzo Bailo
Intervista: Mattia Barro
Producer: Maria Rosaria Cautilli
Direzione artistica: Alex Calcatelli per Left Loft
Car Manager: Matteo Cranna per Milano Historic Cars Club
Mgmt: Me Next Agency
Label: Columbia Records
Press Office: Valentina Aiuto per Help PR & Media Relations