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“Rock-the-casah”, la quarantena di Cristiano Godano

Il frontman dei Marlene Kuntz racconta il suo periodo di isolamento, il tempo che scorre in modo strano, la fatica di essere creativo e la distanza da casa. «Notizie, ansie e social occupano ogni anfratto disponibile»

Artwork: Stefania Magli

«Il tempo scorre in modo strano e sto faticando molto a sfruttarlo per essere creativo come vorrei», dice Cristiano Godano del periodo in isolamento forzato. Il frontman dei Marlene Kuntz è a Roma, lontano da casa, e nonostante le distanze cerca di restare in contatto con il suo pubblico in ogni modo possibile: pubblica e legge poesie – tra cui una dedicata allo stare in casa e un’altra per le “maratone estenuate” di medici e infermieri –, suona in diretta social, risponde alle domande dei fan e recupera testi dei Marlene in qualche modo connessi a quello che sta accadendo.

Abbiamo contattato Cristiano Godano e gli abbiamo chiesto di raccontarci meglio come sta vivendo questo periodo.

Dove e come passi queste giornate di isolamento?
Poco prima che le restrizioni cominciassero a diventare una cosa seria e vincolante mi trovavo a Roma dalla mia donna… Le restrizioni mi ci hanno fatto fermare. Non ho un brutto rapporto con la casa in sé, e grazie anche al fatto che ho la fortuna di non essere solo, sopporto con serenità la clausura. Ma il tempo scorre in modo strano, e sto faticando molto a sfruttarlo per essere creativo come vorrei: incombenze, preoccupazioni, ansie (sanitarie e lavorative), mail, WhatsApp come se piovesse, link a notizie in aggiornamento continuo, riunioni di gruppo via Skype, social e dirette occupano ogni anfratto disponibile, e ogni volta è già tornato il sonno per andare a dormire… Il giorno dopo si spera sia meglio: poi accendo il telefono e già almeno 12 messaggi mi attendono e mi fanno capire che aria tirerà.

Quali dischi stai ascoltando, quali libri stai leggendo, quali film o serie stai guardando?
Non sono a casa mia, dunque i miei dischi sono assenti. Posso dire cosa ricordo di aver ascoltato negli ultimi due giorni, visto che non mi sono fossilizzato su nulla. Ricordo pezzi in ordine sparso di: Three O’Clock (il vecchio Paisley Underground), Paul Hindemith, Luciano Berio e Béla Bartók (musica classica), Vladislav Delay, Stephen Stills, Sasami, Perfume Genius, Paolo Benvegnù.

In ogni caso non sto ascoltando molta musica. Guardo quasi regolarmente un film a sera. Fra quelli che ricordo ora ho molto apprezzato Green Book, I due papi, L’ultimo spettacolo di Bogdanovich, The Children Act. Ho visto un po’ di Harry Potter, visto che li passavano alla tv in ordine cronologico. E ricordo Midsommar, che mi ha lasciato un po’ perplesso. Serie: non sono un super fan delle serie, ma mi piace molto The Kominsky Method. Libri: sto leggendo più cose insieme, ma il predominante in questo momento è Il professore di desiderio, di Philip Roth. 

C’è una canzone in particolare che ami ascoltare quando sei solo?
Non mi pare. No, direi di no. 

Quale artista del presente o del passato, italiano o straniero, vorresti avere lì con te per fare musica? E perché lui/lei?
Thom Yorke: perché mi piacerebbe carpire qualche segreto del suo modo di concepire le sue musiche. Se non potesse lui… Warren Ellis, ma sarei inibito: lavora col migliore di tutti, e avrei timore di non sentirmi all’altezza. Allora in ultimo PJ Harvey, perché è sempre figa e spesse volte il mio modo di pensare a certi miei riff ha subito il suo fascino di chitarrista/songwriter. Se poi dovesse essere un italiano magari Alberto Ferrari: il mio songwriting e il suo potrebbero creare cose intriganti.

Là fuori l’atmosfera è pesante. Quando scrivi musica l’umore collettivo ti influenza?
Uhm… non ci ho mai pensato. Mi verrebbe da dire di no. Ma semmai è il caso di aspettare la fine della pandemia (se e quando ci sarà): potrebbe essere la volta buona…

Le puntate precedenti: Gazzelle, Tutti Fenomeni, Generic Animal, Anastasio, Calibro 35, Coma_Cose, Dente, Boosta, Bugo, Ghemon, Kiss

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