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Rovazzi: «Sono l’unico pirla che si fa uno sbattimento incredibile per 5 minuti di video»

Nel clip di ‘La mia felicità’ voleva tornare indietro nel tempo a Wuhan ed evitare il contagio. Ha poi deciso di raccontare l’attualità in una favola avventurosa con protagonista un essere alto 35 centimetri

Foto press

Due anni di assenza che sembrano una vita. Fabio Rovazzi torna alla musica e ai videoclip-colossal, ma in un mercato totalmente diverso. Prima di La mia felicità, il brano uscito nei giorni scorsi in collaborazione con Eros Ramazzotti, sono infatti usciti diversi progetti associabili al suo stile. Da Mille di Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti a Toy Boy di Colapesce, Dimartino e Ornella Vanoni, fino a L’allegria di Jovanotti e Gianni Morandi: pezzi tormentone in collaborazione con un artista dal passato importante, ma decontestualizzato. Il rischio di essere superato sul suo terreno, quindi, c’è tutto: uscito lo scorso 25 giugno, La mia felicità è entrato al 74esimo posto della classifica dei singoli FIMI, non certo una partenza col botto.

La formula è la stessa di sempre. Il videoclip di La mia felicità è stato girato tra l’Italia e Los Angeles, ci hanno lavorato circa 150 persone su 9 location tra cui una base militare. Protagonista, insieme a Rovazzi e Ramazzotti (ma ci sono anche Gerry Scotti, Luca Ward e Lillo), è il piccolo Dru, che andrà salvato per ridare al mondo la felicità perduta. La creatura, che somiglia tanto a un Baby Yoda è un essere di 35 centimetri a metà tra un Animatronic e un puppet, sviluppato con un team di eccellenze internazionali e dal concept artist Christian Cordella.

Oggi il nuovo video di La mia felicità è disponibile su tutte le piattaforme è quindi è comprensibile chiedersi se il modello Rovazzi sia ancora vincente. E a chi, meglio di Rovazzi stesso, potevamo chiederlo? Lui con il consueto disincanto ha risposto a tutte le domande, anche le più critiche, e alla fine ci ha quasi convinto che stare tanto a scervellarci su numeri, classifiche e paragoni forse non è il modo più corretto di capire quale sia il suo percorso creativo. Anche perché con quest’ultimo si è scritto da solo la parola “fine” (invece dei soliti “to be continued”). Una libertà che tanti altri, forse, non potrebbero ancora permettersi.

Fabio, da quando ho ascoltato La mia felicità ho in testa il ritornello. È un buon segno?
Direi proprio di sì. Ce l’ho in testa da tre mesi e vorrei trovare un modo per tirarmelo fuori.

Nel presentare lo spettacolare videoclip hai detto: «Volevo rappresentare quello che abbiamo passato in questo anno. È come se ci avessero rubato la felicità». Qual è stato il momento più buio per te di questa pandemia?
Partiamo dal presupposto che sono sempre stato abituato a rimanere in casa. Sono un nerd, un grande giocatore di videogame e appassionato di cinema e serie tv. Però, dal momento in cui mi hanno impedito di uscire ho iniziato a sognare le corse al parco. Proprio il fatto di non poterlo fare è stata la vera tortura psicologica. Non è stato facile. Non c’è un momento più buio, tutto il periodo è stato abbastanza ansiogeno e oppressivo.

C’è qualcosa dal punto di vista della comunicazione che ti ha indignato?
Sicuramente la conseguenza negativa derivata dai social. L’interpretazione della situazione da persone che non sono esperte in determinati settori. Anche oggi se si apre l’argomento vaccini ognuno deve dire la propria. Più che fastidio crea disagi e panico. Non c’era un modo giusto per comunicare, la pandemia ci ha preso tutti di sorpresa e ci siamo regolati di conseguenza. Sono stati fatti degli errori, per non parlare del negazionismo. Comunque chi non ha preso sul serio questa situazione deve farsi un esame di coscienza.

Negazionismo, complottismo e vari derivati sono letteralmente esplosi. Solo colpa dei social?
Ovviamente tutto è amplificato dai social, visto che le persone riescono a riunirsi più velocemente. È difficile analizzare questi fenomeni, ma credo siano dovuti a un aspetto psicologico. Alcune persone, cioè, vogliono sentirsi parte di un qualcosa di superiore. Se tutti credono a una cosa e tu, insieme ad altri dieci, sei convinto di un’altra è come se avessi capito il mondo. Per cui è un modo di elevarsi. A tratti mi ha fatto arrabbiare, perché il Covid non si può negare, ma a tratti l’ho trovato divertente per alcune vicende che hanno coinvolto negazionisti e complottisti.

Per arrivare al video de La mia felicità hai ammesso di averne scritti 14 e aver pensato addirittura di ambientarlo nel mercato di Wuhan tornando indietro nel tempo per evitare che si innescasse il contagio. Come mai poi hai virato su un racconto più idealistico?
Ho raccontato di quell’aneddoto per far capire quanto era facile sbagliare nel processo creativo per raccontare quello che stiamo vivendo. Ci sono arrivato dopo parecchie prove ed era un attimo sminuire o rendere comica una situazione molto seria. Per cui denota le mie difficoltà dal punto di vista creativo. Da un lato c’era la voglia di inserire l’attualità e quello che stiamo vivendo, ma dall’altro è stato davvero difficile rispetto ad altri miei progetti del passato.

Sei tornato dopo due anni e guardando il mercato il modello Rovazzi sembra aver fatto scuola a molti tuoi colleghi: tormentone con artista del passato e videoclip spettacolare. Ti senti superato o c’è soddisfazione nell’essere emulato?
In realtà per fare questi video devi amare davvero quello che stai facendo. Devi conoscere i meccanismi ed essere abituato ai tempi cinematografici. Non si girano in mezza giornata, servono più giorni e molta pazienza. È difficile che un cantante sia abituato a logiche del genere. Non è un modello che ho ritrovato in molti altri clip musicali attuali. Penso ancora di essere l’unico, anche un po’ pirla, a farsi questo sbattimento incredibile per 5 minuti di risultato. È la mia passione, quello che mi rende felice e vederlo al cinema mi ripaga di tutto con grandi soddisfazioni.

Questa volta però non hai concluso con il solito “to be continued” ma con la parola “fine”. Sei consapevole anche tu che un ciclo si è concluso?
“Fine” l’ho messo per liberarmi dalla catena dei “to be continued”. Quando ho scritto Faccio quello che voglio avevo in mente una trilogia, ma così non è stato. Oggettivamente Senza pensieri potrebbe essere un video a sé stante. Mentre il video di Faccio quello che voglio l’ho scritto ma non l’ho mai girato perché era ripetitivo nello storytelling e quindi per interrompere questa costrizione creativa ho deciso di mettere fine per non avere il cruccio di ripartire da dove mi ero fermato. È una grandissima liberazione, te lo posso garantire.

Sei partito da Andiamo a comandare arrivato a quasi 190 milioni di visualizzazioni su YouTube, passando per Tutto molto interessante a 150 milioni, a Volare con 134 milioni, fino a Senza pensieri che si è fermato a 27 milioni. I numeri quanto contano per te?
Non sono uno che muore per i numeri e le classifiche, Mi piace fare le cose belle in generale, se funzionano o meno è relativo. Quando è uscito Andiamo a comandare non era ancora sdoganato il mercato dello streaming, per cui YouTube era solo un player gratuito per ascoltare il pezzo. Il bacino d’utenza e l’interesse sono cambiati notevolmente rispetto ad allora. Nonostante via via ci siano stati numeri più bassi, sono comunque altissimi per il prodotto che confeziono. Sono video molto lunghi, come in Faccio quello che voglio che aveva 7 minuti di intro. Una follia. Sono ancora soddisfatto di quello che faccio e credo che un minimo di premio per la qualità ci sia sempre.

Sei sempre molto attento alle nuove tecnologie, ma per La mia felicità di sei affidato all’Animatronics che esiste da parecchio tempo. Come mai questo salto nel passato?
L’Animatronics è il mestiere più vecchio del mondo, ce lo ricordiamo dai Gremlins in poi. Però la fisicità che ti dà a livello cinematografico è inconfondibile e la amo tantissimo. In The Mandalorian è stato utilizzato lo Stagecraft, una nuova tecnica che attraverso un ledwall enorme a semicerchio permette di creare scenografie in 3D. Ho valutato questa tecnologia per il video, ma poi ho capito che non era adatto. È nata da poco e al momento costa di più rispetto a girare nel deserto. Cerco sempre di seguire le novità tecniche ma secondo me in generale siamo fermi a livello tecnologico.

Cosa intendi?
Tralasciando il discorso della carenza di chip che ha bloccato un po’ tutto, se guardi gli smartphone non hanno upgrade sostanziali da anni. Anch’io attendo la prossima vera scintilla a livello tecnologico che possa stravolgere ciò che già esiste.

Oltre alla tecnologia, di certo sei un grande comunicatore. Ma se un giorno arrivasse una proposta seria dalla politica ci faresti un pensiero?
Non mi interessa particolarmente. Non sono mai stato un grande appassionato di politica, ancor meno pubblicamente perché so di avere il potere di condizionare le persone. Se fossero anche solo dieci non vorrei farlo, in democrazia credo che ognuno debba avere la libertà di scegliere quello che vuole e non posso essere io, l’ultimo inesperto, a condizionare gli altri. La politica lo trovo un mondo insidioso, spinoso, mi preoccuperebbe parecchio averci a che fare. Un episodio mi ha fatto pensare…

Quale?
L’unica volta che ho avuto un approccio con la politica è stato quando ho invitato Matteo Renzi su Twitch e mi si è rotto il computer, per cui non è stato un buon segnale.

Nel mondo dello spettacolo in pochi sembrano dirti di no. Stavolta il co-protagonista del videoclip è Eros Ramazzotti. Non è la prima volta.
La nostra precedente collaborazione era in Faccio quello che voglio. Eros usa i miei spazi per divertirsi e mostrare un lato di sé a cui non siamo abituati. È giustificato nel decontestualizzarsi. Infatti, spesso propone lui delle situazioni. Stavolta, però, nei giorni di riprese ero in ansia di girare tutto nei tempi prestabiliti, per cui sono stato piuttosto “tedesco”. È stato un video super stancante, perché ho dovuto fare un sacco di scene in prima persona che sembrano semplici, ma rimanere appeso a dei cavi su un tetto in tuta con un dolcevita di lana sotto il sole è stato pesante.

Eros Ramazzotti e Rovazzi. Foto: Cosimo Buccolieri

E quale sarà il destino di Dru?
Penso che rimarrà a casa mia. Il vero rapporto che si è instaurato è con Nick, che ha costruito l’Animatronics e mi ha aperto un mondo. Fino a un anno fa era inconcepibile averlo in un videoclip musicale e mi ha aperto una frontiera di possibilità. Sono sicuro che il rapporto con gli Animatronics incrocerà ancora con le mie esigenze. Nello specifico di Dru è nel mio cuore e rimarremo insieme, perché lo adoro.

A volte ci pensi che hai solo 27 anni?
Mai, perché realizzo sempre dopo. Come il video con Will Smith, mi sono emozionato più dopo averlo girato che durante. Credo sia normale, perché se dessi il vero peso alle cose vivrei molto più con l’ansia da prestazione. Forse un giorno farò un bel recap e penso che la soddisfazione ci sarà.

Hai collaborato con tantissimi, ma c’è un personaggio con il quale vorresti collaborare in un prossimo futuro?
Con Jack Black. La chiacchierata su Twitch che abbiamo fatto doveva durare un quarto d’ora e invece è rimasto un’ora e mezza a cazzeggiare con me. Ci sono tanti personaggi che adoro, tra loro anche Bruce Willis. Ho ancora un sacco di sogni.

Ma vedi solo il presente.
Solo il presente, sì, senza riuscire a prevedere cosa succederà. Tre anni fa se mi avessi chiesto cosa avrei fatto, mai avrei immaginato di essere qui in questo modo. Quindi la mia speranza nella previsione, anche metereologica, è ormai svanita. Mi è impossibile prevedere cosa potrà succedere, come potrò evolvere e chi andrò a conoscere. Vivo davvero alla giornata.

Anche questa volta ti aspetti la caccia alla citazione nel tuo videoclip?
Questa in realtà è più una cosa personale. Come se volessi mettere quello che mi piace di più in ciò che faccio. Come se quando hai la casa nuova dipingi la porta viola perché ce l’ha anche Monica Geller di Friends. Ti faccio l’esempio di Stranger Things, non ha avuto il successo che ha avuto perché ha molte citazioni, ma perché funziona indipendentemente. Se le persone le colgono, si fanno una cultura e imparano a vedere ciò che è venuto prima non sarebbe male, però purtroppo non possiamo imporglielo.

Per le ispirazioni sul video hai parlato dei registi James Cameron e Steven Spielberg. Mentre a livello musicale, a chi è debitore questo brano?
Sono tante le reference musicali da cui abbiamo preso per questo brano. Prima di tutto, avevo una voglia assurda di fare un pezzo funk. All’inizio lo era molto di più rispetto alla fase finale. Siamo partiti riascoltando il disco di Calvin Harris, Funk Wav Bounces Vol. 1 e spero che arrivi anche il Vol. 2. L’obiettivo era allontanarsi da tutto il resto, non per fare i fighi, ma perché apprezzo moltissimo generi come il funk, la dance, la house e ho voluto prendere a spizzichi e bocconi da quelli. Oggi per me è difficile scegliere da un solo genere. Nel 2016 ero totalmente immerso nella EDM, per me esisteva soltanto la musica elettronica. Oggi se guardi la mia playlist trovi al primo posto un pezzo trap, al secondo uno chill out, al terzo uno R&B, per cui è difficile trovare un solo ambito che mi ispiri e che combaci con le mie esigenze.

Ok, interrogatorio finito. Appena avrai concluso la promozione dove desideri scappare?
Mi piacerebbe tantissimo andare in barca. Luca Ward mi ha invitato con lui. Non so ancora quando, ma non vedo l’ora di farlo.

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