Non era certo intenzione di Sadie Dupuis fare di Ghost (of a Good Time) un inno per la quarantena. Ha scritto la canzone basandosi in parte sul ricordo di un concerto nel quartiere di Bushwick, a Brooklyn, che era iniziato all’una di notte e in parte sul fare binge watching di serie Netflix tutto il giorno. «Chi l’avrebbe detto che quel verso, “Non voglio uscire”, sarebbe diventato l’unica opzione possibile? Stai a vedere che sono un’apripista».
Ghost (of a Good Time) è solo uno degli highlight del nuovo album di Dupuis Haunted Painting. È il secondo che pubblica a nome Sad13. Dentro ci sono ritornelli ultrapop, immaginario horror, testi che raccontano di problemi mentali. È decisamente diverso dai dischi indie rock che Dupuis fa con la sua band, gli Speed Ortiz. Immaginate una silent disco dentro il vostro appartamento la sera di Halloween e avrete un’idea di com’è.
Scriverlo non è stato affatto facile. Dopo aver pubblicato nel 2018 Twerp Verse con gli Speed Ortiz e la sua prima raccolta di poesie Mouthguard, Dupuis si sentiva prosciugata. «Non avevo alcuna di voglia di scrivere musica», ricorda. «Prima di rimettermi a fare arte dovevo riacquistare l’equilibrio mentale. Grazie alla terapia ho capito la radice del mio rifiuto di lavorare sulle cose, del perché mi sentivo sopraffatta».
È tutto cambiato quando Dupuis ha visitato il Frye Art Museum di Seattle ed è rimasta impressionata da alcuni ritratti fra cui Saharet del 1906 pittore tedesco Franz von Stuck che ritrae la ballerina australiana Paulina Clarissa Molony. Sentiva una presenza in quel quadro e questa cosa la ispirava. «Ho sempre amato l’immaginario horror, i fantasmi, le cose sinistre. Quel quadro m’ha fatto capire il tipo di album che volevo fare».
L’album si apre con Into the Catacombs, un pezzo sul colpo di stato del 1976 in Argentina. “Arrestami”, canta Dupuis su un inquietante tappeto d’archi. “Ho aspettato a lungo il momento in cui saresti venuto a eliminare qualcuno”. Lo paragona alla strumentazione del demo di Sea Change di Beck. «Poteva venire a darmi una mano», scherza. The Crow s’avventura invece in territori prog, con un assolo di tastiera in cui echeggiano i Genesis del periodo di Foxtrot. Dupuis l’ha scritta dopo aver saputo della morte del leggendario musicista indie David Berman, che ammirava. In testa aveva la parte di chitarra e la melodia, il testo l’ha scritto al Taix, un ristorante di Los Angeles. «Per fare quella sola canzone ci ho messo più di tutto il resto del disco».
Dopo aver lavorato a due pezzi a Seattle, Dupuis ha inciso Haunted Painting in sei studi differenti usando la strumentazione – non solo chitarra e synth, ma anche organo, glockenspiel, sitar, theremin – che trovava nelle varie sale d’incisione. Sono quelli che chiama «giocattoli, scarti e roba varia». Uno degli studi in cui ha registrato è il New Monkey di Elliot Smith a Van Nuys, California. «Sono una sua grandissima fan. Era un nerd per l’attrezzatura. Quel posto è la testimonianza del suo interesse per lo studio come strumento, oltre della capacità di scovare e riparare pezzi vintage. Ci sono delle belle vibrazioni ed è una parola che non uso per parlare di una sala d’incisione. Ci sono anche i suoi nani da giardino e i divani sono comodissimi. C’è un’atmosfera rilassata, una bella energia».
A Haunted Painting hanno lavorato solo fonici di sesso femminile tra cui Sarah Tudzi (Illuminati Hotties), Erin Tonkon e Maryam Qudus. È una scelta fatta dopo aver partecipato a un panel nel 2018 per gli ampli Sonos e la rivista She Shreads. «L’idea di quel panel era mettere in luce l’esistenza di ingegnere del suono di talento in un campo dove le donne sono drammaticamente sottorappresentate. E pensavo: sarei veramente un’ipocrita se continuassi a usare uomini come fonici. In quest’album sono finalmente passata dalla teoria alla pratica».
Il disco è il primo ad uscire per l’etichetta di Dupuis, la Wax Nine Records, che dà alle stampe anche una rivista bisettimanale di poesia (la musicista ha una laurea specialistica in belle arti presa alla University of Massachusetts Amherst). «Ho letto migliaia di versi e pagato qualche poeta per il suo lavoro, che è una bella soddisfazione». All’orizzonte, vede un nuovo album come Sad13 e uno degli Speedy Ortiz. «Chi sa fra quanto tempo torneremo alla normalità? Sono anni che con la band si pensa di fare un disco tipo Deftones». Lo dice ridendo, come se l’idea le piacesse davvero. «Vedrete, diventeremo un gruppo nu metal».
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.