Quando la scorsa estate il nome del Thru Collected ha iniziato ad affacciarsi con più insistenza nel sottobosco musicale italiano, abbiamo subito capito di trovarci di fronte a qualcosa di nuovo. Le prime uscite, i videoclip, il disco collettivo dell’etichetta, Discomoneta, ci convinceva tutto. Per questo, li abbiamo intervistati lo scorso ottobre, segnalandoli tra i migliori dischi e videoclip italiani del 2021, inserendo Alice, una dei membri dell’etichetta, come promessa dell’anno nel nostro Classe 2022. A sorprenderci nuovamente, però, eccoli iniziare il nuovo anno con l’uscita ravvicinata, a una sola settimana di distanza, dei primi due EP solisti del collettivo: L’industria, il pop, la camera, il sesso di Sano e Non ti scordar di me di Altea.
Sano, 21 anni, da Napoli e Altea, 23 anni, dalla provincia di Lecce, sono due nomi che avevamo imparato a conoscere in Discomoneta e da cui ci aspettavamo un’uscita un po’ più densa per capirne la portata artistica. Spoiler: hanno mantenuto le promesse. I loro EP escono fuori dallo stesso magma artistico, il ricircolo di ispirazione e produzione del Thru Collected, ma nonostante queste affinità esplorano due mondi sonori simili, ma al contempo particolarmente differenti. Da un lato l’avant pop di Sano, musica ADHD, una commistione di generi masticati, sputati, destrutturati come i testi, dall’altro l’estetica sonora di Altea che trova casa in atmosfere rarefatte che rimandano a certe tessiture sonore di scuola inglese.
Per raccontarci le rispettive uscite, li abbiamo portati dentro a una video-seduta di terapia di coppia tra Milano, Roma e Napoli, trovandoci dentro una complicità naturale che superava le difficoltà tecniche di una chiamata dispersa su più città.
Iniziamo la seduta: come vi siete conosciuti?
Altea: A casa mia, a Napoli, appena mi sono trasferita. Abitavo con dei ragazzi che facevano video per il Collettivo UANM di cui faceva parte Riccardo (il vero nome di Sano, nda). Me lo sono quindi ritrovato in casa, abbiamo girato dei video, fatto delle foto. Ci siamo conosciuti così.
Quando è stata la prima volta che avete sentito la musica dell’altro?
Altea: In quell’occasione, mentre giravamo quei video.
Sano: Quando Altea ha iniziato a far musica con Reiner, uno dei produttori del Thru Collected. Lì mi sonointerfacciato per la prima volta con il suo talento.
E quale è stata la prima impressione?
Altea: Non capivo la loro musica! Non avevo mai sentito quel tipo di musica prima di trasferirmi a Napoli.
Sano: Sono rimasto affascinato dalla voce e dall’attitudine, ma mi dispiaceva che a quei tempi cantasse in inglese. Volevo sentirla cantare in italiano perché sapevo avrebbe spaccato, come ha poi dimostrato.
Il primo brano che avete scritto e registrato assieme?
Sano: Secondo me sono state una serie di canzoni cestinate!
Altea: Ma tu c’eri in Mullet (uno dei brani di Discomoneta, nda)?
Sano: Sì!
Altea: Allora è stata Mullet perché è la prima canzone che ho scritto in italiano in mezzo ad altre persone e non da sola in cameretta. Era la prima volta che jammavo con il Thru Collected e mi è uscita quella parte che ora, in forme diverse, è diventata Mullet.
Cosa significa questo vostro primo EP?
Altea: È una conquista. Ho sempre voluto fare musica ed essere dentro un ambiente musicale e artistico ampio. Finché stavo in Puglia la mia vita era molto diversa, ma quando sono arrivata a Napoli è cambiato tutto. Fare questo EP che sono riuscita a fare quello che volevo e sentivo, nonostante tutto.
Sano: Mi sono ritrovato nella mia stanzetta, con la mia strumentazione, con la necessità di dover dire delle cose, farle, produrle. Fino a quel momento non avevo mai prodotto. Volevo che la prima uscita a mio nome fosse fatta da me con le poche possibilità che ho, in modo da rappresentare, nel bene e nel male, e nella cameretta, chi sono adesso. È un gesto di emancipazione.
Quali sono le ispirazioni da cui siete partiti?
Altea: Le persone che ci circondano. Sono un mondo, un mondo intimo e personale a cui mi ispiro costantemente
Sano: Vero! Concordo.
Allora mi viene da chiedervi, cos’è il Thru Collected per voi?
Sano: Thru Collected è una figura cangiante che si muove e cambia costantemente, mantenendo un’anima di fondo di amicizia, armonia e stimoli reciproci che generiamo tra noi per creare cose. Anche queste uscite singole, per me, sono uscite collettive. È un’etichetta, un collettivo, un gruppo, con delle forti individualità.
Altea: Sì, è giusto.
Secondo voi c’è qualcos’altro che lega questi EP, oltre al Thru Collected?
Altea: Un grande cambiamento, una svolta, che sia positiva o negativa. È sancire un punto.
Sano: Condividono di sicuro il micro periodo storico in cui sono stati scritti. E noto che, in entrambi, c’è una certa urgenza di dire le cose a qualcuno o alla collettività.
Cosa vi piace di più del lavoro dell’altro?
Sano: A me fa impazzire quando Altea attacca sui pezzi, ho proprio un fetish! Ti sorprende sempre, è una magia. Inoltre ha una voce incredibile e tutta l’atmosfera che le viene creata attorno da Reiner, Giovanni Troccoli e Riccardo Sergio secondo me à perfetta.
Altea: A me il fatto che Sano spiazzi sempre. Ha sempre un asso nella manica. Va dritto al punto con una semplicità disarmante. Questo EP è così; dice un sacco di cose di sé, degli altri, e le dice in faccia.
Cosa avete pensato o provato quando avete sentito per la prima volta l’EP dell’altro?
Altea: Me lo ricordo molto bene. Era una mattina e solitamente quando mi sveglio non voglio ascoltar nulla e stare in pace. Ma quella mattina Riccardo mi aveva mandato il suo EP e dovevo ascoltarlo assolutamente, e per bene. Non potevo perdere nemmeno una parola di quello che diceva; era una cosa importantissima. Mi è successo poi ancora altre due volte che quando l’ho messo su per ascoltare, non riuscivo a far nient’altro, mi immobilizzava.
Sano: Io invece l’EP di Altea l’ho visto nascere e crescere in studio dall’inizio e ho ricordi chiarissimi di tutti i passaggi che hanno portato a questo disco. L’ho vissuto così, molto da dentro.
C’è qualcosa che avete imparato dall’altro?
Sano: Moltissime cose.
Altea: Sì, ma è come chiedere di raccontare una persona con una parola sola, è complicato. La sua presenza, le sue movenze, il modo in cui parla, pensa, si relaziona con le altre persone. C’è sempre qualcosa da imparare, che sia qualcosa di tecnico o umano. Noi in particolare ci aiutiamo molto con le armonie e le voci. Ci diamo consigli.
Sano: Verissimo.
Andiamo avanti con un momento cruciale di questa seduta: cosa avete imparato di voi stessi scrivendo questi pezzi?
Sano: Ho imparato che le canzoni assumono valore quando hai effettivamente qualcosa da dire e riesci a racchiuderlo con immagini, concetti, parole, nomi capaci di raccogliere qualcosa di personale che supera ciò che viene riscontrato da chi ascolta. Questo ti sprona e ti porta a produrre in una maniera sincera e naturale.
Altea: Mi sono resa conto che non riesco a mentire e ho imparato che devo essere sincera mentre scrivo. Non mi interessa fingere, o essere qualcos’altro. Scrivere è terapeutico.
I titoli dei dischi racchiudono il loro immaginario. Mi raccontate quindi come siete arrivati ai vostri?
Altea: Riccardo, anche io mi sono chiesta cosa significhi il tuo, per te.
Sano: A un certo punto ho capito che questo primo prodotto sarebbe potuto arrivare a una platea un poco più grande di quella a cui ero sempre arrivato. E mi sono detto: perché attenermi a degli standard? Ho quindi voluto traslare il più possibile la mia idea distopica e distruttiva del concetto di pop e mainstream. Da qui i testi scomodi e difficili e un titolo pieno di parole per far capire subito quanto sono importanti le parole in questo disco. Comunque i titoli sono stati scelti alle cinque del mattino appena prima di mandare i dischi in distribuzione!
Altea: Sul computer abbiamo progetti con degli altri titoli! Il mio mi è venuto in mente perché il “non ti scordar di me” è un fiore che amavo molto da piccola e questa frase non ti scordar di me, non ti scordar di me, ripetuta, mi piaceva molto.
Sano: E infatti spacca, brava!
Altea: Grazie!
Questi EP sono molto sfaccettati, dicono molto, ma in un lasso di tempo brevissimo. Nessuno dei due infatti arriva al quarto d’ora. Abbiamo capito che il Thru Collected non ha voglia di rispettare le regole e gli standard tipici dell’industria e quindi vi chiedo, com’è il vostro modo di intendere la musica e le pubblicazioni?
Sano: È una cosa molta spontanea. Tutto ciò che ci circonda è molto veloce e l’attenzione alle cose, nel 2022, è brevissima: una storia dura 15 secondi e si guardano computer, televisione e telefono contemporaneamente. Avendo avuto la libertà di sperimentare e trovare una dimensione totalmente nostra, abbiamo rappresentato appieno quello che viviamo in questo contesto storico, culturale e sociale. Cambiamenti repentini in cui in dodici minuti succedono diecimila cose e sono tutte racchiuse con un costante richiamo all’attenzione dell’ascoltatore, nonché a noi stessi e ai nostri processi di produzione.
Altea: Siamo persone che si annoiano un sacco. Ci annoiamo della musica che ascoltiamo e quindi ci sproniamo a trovare nuove soluzioni. È questo il fulcro del nostro lavorare assieme; tutto è fresco, tutto è in continua evoluzione. Facciamo le cose perché siamo bene assieme, perché ci va.
Il tempo per la seduta è scaduto, vi faccio quindi un’ultima domanda: a legare i due EP c’è anche uno short film. Come nasce l’idea di un percorso narrativo comune?
Altea: I nostri lavori erano così prossimi che ci è sembrato naturale metterli assieme e far vedere un po’ più la realtà (e la finzione) di quello che stavamo vivendo. Inoltre compare un po’ tutto il Thru Collected nel video, come è giusto che sia.