Sono solo canzonette, diceva Bennato. Le parole di Alessandro De Santis dei Santi Francesi sul loro brano in gara a Sanremo 2024 riecheggiano quell’insegnamento: «A volte nel mondo della comunicazione musicale si tende a gonfiare di poesia e di retorica anche quando non ce n’è bisogno. Quello che mi sento spesso di dire è che alla fine sono canzoni. L’amore in bocca è una canzone e basta, è nata in una session come quelle che fanno quasi tutti gli artisti nel periodo che precede Sanremo, ed è stata scritta insieme a Cecilia Del Bono: stavamo facendo colazione prima di andare in studio e ci siamo semplicemente detti di seguire il flusso di quello che sarebbe successo. Ci siamo confrontati sulle nostre vite private e sulle nostre sensazioni attorno al gioco di parole che abbiamo poi scelto come titolo e non ci siamo dati più spiegazioni del necessario. Il risultato di questo processo è qualcosa che a me personalmente piace tantissimo, ovvero non sapere proprio tutto, ma mantenere anche per me una parte di mistero».
I Santi Francesi si presentano all’Ariston al culmine di un percorso che è incominciato, agli occhi del grande pubblico, con la vittoriosa partecipazione a X Factor nel 2022: «Ci siamo approcciati a quell’esperienza cercando di concentrarci il più possibile sulla musica, lasciando fuori le nostre vite private e le distrazioni televisive. Siamo contenti perché crediamo che questa cosa sia arrivata e che ci venga riconosciuta dalle persone che ci seguono».
Di certo, durante il programma il duo ha dimostrato di avere una certa dimestichezza con le cover, mettendo in risalto una capacità di reinterpretare e in certi casi stravolgere delle canzoni considerate intoccabili senza sfigurare e in certi casi, costringendo anche i più scettici e puristi ad alzare bandiera bianca: su tutti la cover di Creep dei Radiohead, che rimane uno dei momenti migliori della storia di X Factor Italia.
Questa volta l’hanno fatta davvero grossa: alla serata delle cover e dei duetti presenteranno Hallelujah di Cohen duettando con Skin (unica voce fuori dal coro dell’italocentricità che anche quest’anno caratterizza il Festival). Vale a dire: il brano più inflazionato della storia insieme a un’icona del rock degli anni ’90. La forza dei Santi Francesi è che, dopo aver visto a X Factor cosa sono in grado di fare con un classico tra le mani, anziché far storcere il naso per l’ardire della scelta incuriosiscono.
«Abbiamo deciso da molto prima di Sanremo Giovani quale brano avremmo voluto portare», spiega Mario Lorenzo Francese, «e lo abbiamo scelto perché esistono centinaia di cover di questo pezzo, ma la maggior parte sono costruite attorno a una chiave simile. Noi abbiamo cercato di trovare una chiave di lettura diversa dal solito, pur sapendo il rischio che corriamo». Aggiunge Alessandro: «Adoro le contraddizioni di questo pezzo, mi fa impazzire il fatto che sia un brano che viene chiesto ai matrimoni o in chiesa quando in realtà parla di orgasmo ed è quindi un inno alla vita terrena».
E poi l’incontro con Skin: «L’abbiamo conosciuta solo virtualmente. Abbiamo cercato a lungo qualcuno che volesse cantare il brano con noi finché non abbiamo deciso di buttarci e chiedere a lei. Per me è follia pura: quando ero adolescente e suonavo con le mie prime band, facevo in continuazione brani degli Skunk Anansie, è una di quelle band con cui sono cresciuto. La soddisfazione più grande è stata quando Skin, che era scettica sulla scelta del brano, si è ricreduta dopo aver sentito la nostra versione. Ci ha detto che era la prima volta che sentiva una versione di Hallelujah diversa dalle altre. È stato un complimento incredibile».
Il percorso dei Santi Francesi verso l’Ariston è passato dalla tappa di Sanremo Giovani, dove hanno presentato Occhi tristi, firmato anche in questo caso dai due membri e da Cecilia Del Bono: «Dobbiamo dire che l’ansia di Sanremo Giovani era molta di più rispetto a quella di questi giorni. Lì se non passi, non passi. Noi non ci aspettavamo di passare, e comunque credo che non sarebbe stato un fallimento, perché tra i giovani c’erano tantissimi progetti diversi e meritevoli, ognuno dei quali avrebbe avuto il proprio senso di esistere all’interno della gara dei Big».
I Santi Francesi, classe 1997 (Alessandro) e 1998 (Mario), fanno parte di quella generazione da poco ribattezzata willenials, ovvero con un piede nella scarpa dei millennials e uno in quella della gen Z. Con i millennial, tra le altre cose, condividono un’adolescenza vissuta in una fase storica in cui per i musicisti “da sala prove”, quali erano i membri del duo una decina di anni fa, andare a Sanremo era poco cool. «Qualche anno fa non ci voleva andare nessuno», commenta Alessandro, «oggi sono cambiate un sacco di cose, forse perché il Festival si è riempito di giovani. Ad esempio sta iniziando a perdere di senso il concetto di pezzo alla Sanremo, quell’idea di ballad che si è sempre associata al Festival. Comunque io da bambino lo guardavo, il mio primo ricordo nitido è Marco Mengoni con un abito speculare bianco e nero che canta Credimi ancora. Molto figo».
Ora che tocca a loro, i due hanno le idee chiare su cosa aspettarsi da questa settimana: «In generale nella vita preferiamo non avere aspettative, ma da questo Festival cerchiamo innanzitutto persone: abbiamo voglia di lanciare degli ami e vedere chi ha piacere ad abboccare».