Il fotografo inglese Mick Rock ha degli istinti impeccabili, per non parlare del suo perfetto senso del tempismo. All’inizio degli anni Settanta, mentre lavorava nella redazione dell’Oz magazine di Londra, Rock scoprì un promo di un album intitolato Hunky Dory di un tizio abbastanza sconosciuto chiamato David Bowie. Quella scoperta portò Rock, che si era affezionato a quell’album, a incontrare Bowie nel backstage del suo successivo concerto a Birmingham, dove gli scattò la prima foto. Questo ha segnato l’inizio di un rapporto che portò Rock a essere il fotografo ufficiale di Bowie tra il 1972 e il 1973, un periodo durante il quale Bowie conquistò il mondo della pop music in un colpo solo con il suo androgino alter-ego Ziggy Stardust. «Mick mi vede come mi vedo io», disse il cantante al suo manager, racconta Rock, guardando un servizio fotografico a casa di Bowie.
Giustamente definito come “l’uomo che fotografò gli anni Settanta”, Rock continuò a fotografare diverse star: Syd Barrett, Lou Reed, Queen, Iggy Pop e Debbie Harry dei Blondie, fino a, più recentemente i Black Keys, Janelle Monae e Ellie Goulding. Ma, senza dubbio, Rock sarà per sempre collegato ai suoi scatti a David Bowie durante il momento Ziggy Stardust. Ora quel periodo è celebrato con un libro fotografico in limited edition, The Rise of David Bowie: 1972-1973, pubblicato da Taschen e in pubblicazione queste mese. Co-firmato da Bowie e Rock con il testo di Barney Hoskyns e Michael Bracewell, il tomo da 310 pagine contiene le immagini più famose di Rock, assieme ad alcune foto inedite: scatti di Bowie in posa e momenti quotidiani, assieme alle sue performance live in tutto il suo splendore Ziggyano.
In corrispondenza della pubblicazione del libro di Rock, è iniziata da poco anche un’esibizione dei suoi lavori Shooting for Stardust: David Bowie and Co., alla Taschen Gallery di Los Angeles. Il fotografo, che è soggetto di un prossimo documentario, ha parlato recentemente con Rolling Stone negli uffici di New York della Taschen, riguardo il lavoro con Bowie durante quei due anni fantastici.
Come è iniziato questo progetto del libro? Tu e David avevate già collaborato a un libro fotografico qualche anno fa.
È stata un’idea di Taschen. L’editore mi ha contattato circa tre anni fa, prima del mio trapianto di rene. E ho detto, «Io e David abbiamo già fatto un libro bellissimo (Moonage Daydream)», che avevamo pubblicato con Genesis Publications. Mi risposero, «Beh, lo sappiamo ma 1) non è più in stampa, 2) vogliamo farne una versione nostra e 3) sappiamo che avete un sacco di foto inedite». Mi tentarono parecchio. E ho detto, «Non lo faccio senza David e senza il suo benestare». Quindi contattai David. Disse che gli piacevano i loro libri, ci pensò su e poi disse «Facciamolo, Mick». Ha approvato tutto, tutto è stato gestito da David, tutto è stato fatto vedere a David. Il suo unico dubbio, che era anche il mio, era il fatto che parecchie foto fossero inedite. E mi sono assicurato che il 45 o 50 percento del libro fossero immagini mai viste prime. Quello era importante. L’altra differenza è stata nel fatto che tutte le nuove scansioni sono state fatte dai master, mentre nel libro di Genesis venivano da duplicato e da stampe che avevo creato io. In termini di qualità di immagini, è un passo avanti.
Avevi mai sentito di David e della sua musica prima di imbatterti nel promo di Hunky Dory?
Nel 1969 sapevo vagamente qualcosa di lui, aveva un pezzo di successo in Inghilterra, Space Oddity. Era il periodo di 2001: Odissea nello Spazio. Ho rifatto poi nel 1972 il video di Space Oddity, quando David era ormai una star. Non lo era ancora quando fece Ziggy Stardust and the Spiders From Mars. Quindi era tutto un progetto, una proiezione. David programmava tutto come un matto sempre, non solo le sue performance, ma anche le sue interviste, i suoi album, i suoi testi (parte a recitare Star): «I could make it all worthwhile as a rock star… I could do with the money… I’m so wiped out with things as they are». Voglio dire, lo desiderava. Era estremamente ambizioso e progettava tutto. Lo voleva, lo poteva sentire.
Qual è stata la tua prima impressione di David quando l’ha conosciuto?
Era un uomo molto affascinate e aggraziato. Lo è ancora oggi. Quando vidi la sua performance al Birmingham Town Hall, anche se i suoi outfit e il suo trucco non erano così esotici come diventarono dopo, le basi c’erano tutte e la performance fu elettrizzante. Penso che fossi molto impressionabile in quel periodo, ero ipnotizzato da lui.
Avevi qualche indizio che potesse diventare una star?
Credevo in lui. Ovviamente, oggi facciamo tutti i sapientoni del cazzo e che sapevamo già tutto quanto. Pensavo che fossimo molto alla moda. In più, io sapevo chi fossero i Velvet Underground e chi fossero gli Stooges, cosa che non sapevano tutti. Potevo immaginare cosa sarebbe diventato? Beh, era molto tempo fa. Ero un credente.
Avevi davvero accesso a parecchie cose di David. Perché si fidava così tanto di te?
Forse perché anche io facevo interviste. Che fosse David, Lou, Iggy e poi Queen, volevo far stare bene gli artisti. Una cosa, David non si vestiva da donna. Era più una sorta di kabuki, kabuki space-age. Alcune persone lo chiamavano drag rock, ma non lo era. Era questa cosa tutta diversa. E sicuramente, lui mescolava alla grande tutti questi fantastici ingredienti. Era molto aperto e molto rilassato con me. Sembrava una cosa normale a quel tempo. Non diceva, «Non scattare qui, non scattare lì». Aveva una personalità molto positiva e stimolante. Non era per niente chiuso, era molto aperto. Voleva che scattassi foto.
David sembra così a suo agio di fronte alla tua camera. È indicativo del suo carisma.
Non era ancora una celebrità allora. Si fidava di me. Mescolava un sacco di elementi, che lo rendevano molto più interessante di ad esempio Marc Bolan. Erano le sopracciglia depilate, i capelli selvaggi, i colori, gli outfit pazzeschi. Ho capito che era un privilegio per me stare con lui e scattare queste foto.
Una delle immagini di Bowie del 1972 lo mostra mentre si specchia alla Haddon Hall. Sembra così pacifico e riflessivo in quel momento.
Non era una star allora. Ma lui sapeva che lo era. Di nuovo, non aveva ancora tutti i crismi. Ma lo sentivi nel suo carisma, potevo sentire che stava succedendo l’inevitabile. E io ci credevo di certo, e man mano che il tempo passava, lo credevano sempre in più persone. Da dove veniva questa mia intuizione? Non lo so. Ero probabilmente distaccato, reagivo come con Lou e Iggy.
Un’altra delle foto che colpiscono nel libro è quella di David che cerca di morsicare la chitarra del suo chitarrista Mick Ronson sullo stage dell’Oxford Town Hall nel 1972. A una prima occhiata, sembra che David stia facendo qualcos’altro a Mick.
La loro scenetta era su Starman, il singolo, è c’era questo famoso episodio su Top of the Pops dove fecero questo cosa, e David mise il suo braccio attorno a Mick. Ci fu parecchio rumore attorno a quello. E poi un giorno o due dall’uscita di Ziggy Stardust, c’erano mille persone di fronte, il suo pubblico più grande finora, alla Oxford Town Hall, e io mi ritrovai sul fianco del palco. Stavo scattando frontalmente perché avevo l’accesso. Salì sul lato e nessuno mi aveva avvisato di niente. Più tardi, quando iniziammo a lavorare su Moonage Daydream, mi disse, «Sai, Mick, non stavo provando a prenderlo a Mick». In effetti, se tu guardi quello scatto, vedrai che lui non è in ginocchio. Ha le gambe allargate. Disse, «Stavo solo cercando di morsicargli la chitarra». Mi ricordo che scese dal palco più tardi e disse, «L’hai presa? L’hai presa?». E io pensai, «Beh, penso di sì. Non sono sicuro». Era stato così veloce. Il mattino dopo mi svegliai presto, sviluppai il rullino, vidi la foto, la stampai e la portai a David e il suo manager di allora. Erano un eccitati. Aveva un tasso di shock altissimo, come la chitarra bruciata di Hendrix o Pete Townshend che la distrugge. Aveva una seconda lettura interessante, ovviamente. La roba gay era scioccante allora… ma David ci giocava molto con quella cosa, e di sicuro aiutò ad alzare il tasso di shock. Un tipo di immagine che non era mai stato visto prima.
Nel libro è inclusa anche una versione alternativa di un famoso scatto di gruppo che hai fatto a David, Iggy Pop e Lou Reed al Dorchester Hotel di Londra nel 1972.
Questa è già stata pubblicata prima, ma questo scatto in particolare, anche se è quella scena famosa, è leggermente diverso e non ha il manager sullo sfondo. Volevo solo mettere qualcosa di un po’ diverso.
Una delle tue foto più famose è quella in cui David e Mick Ronson mangiano con classe all’interno di un treno nel 1973. Come fa questa foto ad essere così affascinante?
Non lo so. Sono fantastici, ed è uno scenario così quotidiano, il cibo è così normale. Penso che il modo in cui loro due si guardano, hanno in mano il futuro del rock & roll e lo sanno. E stanno per partire con l’ultimo tour di Ziggy. A volte ti rendi conto che c’è una specie di incantesimo e io mi trovavo proprio in mezzo, perché volevo esserci e perché mi incoraggiavano a farlo. Inoltre, era una cosa piccola che ho visto poi crescere in una cosa più grande. E poi diventò eccitante. David aveva il gusto giusto e non era intenzionato a lasciarsela scappare e non l’ha mai fatto.
Bowie è passato attraverso diversi periodi dopo il 1973 ed è stato fotografato da altre persone. Ma quelle immagini che tu hai scattato di Bowie nell’era Ziggy restano memorabili.
Hanno un’intimità. Non avevo un’agenda. Non ero un fotografo normale che aveva un suo stile. Celebravo le persone, che fossero famose o meno, loro erano la cosa importante per me, non la pubblicazione delle immagini. Penso che l’altra cosa sia stata che parecchie di queste persone si identificarono con me e io con loro. Li guardavo come se fossi uno di loro, parlavo come loro, mi comportavo come loro e nessuno aveva così tanti soldi al tempo… Tutti erano giovani e così anche la cultura.
Di sicuro eri nel posto giusto al momento giusto fotografando David durante il suo periodo di ascesa prima di tutti gli altri.
Stava iniziando tutto. Di nuovo, stavo solo chiedendo i miei istinti, ma ero anche incoraggiato da questi personaggi, specialmente David e Lou.
David ha mai sentito un po’ di nostalgia per le tue foto? Ha mai detto, «Wow, non credevo l’avessi scattata questa»?
No, mai. Non penso che lo faccia in generale. Ha una disciplina incredibile. Di nuovo, lo conosci dalle sue azioni. Non c’è una foto nel libro che non abbia approvato, altrimenti non avrebbe firmato il libro. David, Dio lo benedica, è un artista incredibile in tutti i sensi della parola. L’ho sempre rispettato e lo faccio ancora. È un libro bellissimo. Penso che sia all’altezza di quello che sperava di fare. Ma non lo dice in questi termini, lo fa con la sua approvazione. Per questo conosci David dalle sue azioni. È un personaggio incredibile e un artista incredibile. Quello che ha lasciato è lungo, largo e ampio. Ci sono così tante persone che fanno riferimento a lui, che ha influenzato, che siano designer, artisti o performer. I miei istinti erano fondati, anche se non fossi un grande esperto al tempo. Adesso sono un esperto perché sono ancora qui dopo quello che ho passato.