La musica post pandemia non sarà più la stessa. Non tanto dal punto di vista artistico, quanto soprattutto per ciò che riguarderà l’attività musicale a livello lavorativo. Qualche tempo fa abbiamo segnalato il caso di Dome La Muerte, una leggenda vivente del punk italiano che dopo 40 anni di carriera ha chiesto di ricevere la Legge Bacchelli, il vitalizio riservato agli artisti che si trovano in difficoltà economiche. Poteva sembrare un caso isolato e invece così non è. Ma soprattutto non sarebbe il primo, com’era stato ipotizzato. Chi già la riceve da un paio di anni è Gianni Pettenati, noto in tutto il mondo per la canzone Bandiera gialla. Dal 2018 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso che si trattava di «un cittadino italiano che ha dato lustro alla patria» e lo ha premiato con un assegno straordinario dell’importo annuo di 24 mila euro.
Si tratta di casi al limite, ma in generale con gli spettacoli live azzerati a tutti i livelli da quasi un anno – a parte qualche piccolo spiraglio estivo fra mille limitazioni – sono in tanti coloro che iniziano a vedersi erodere i risparmi di una vita o le possibilità di avere un reddito adeguato anche solo a poter sopravvivere. Chi ha lanciato l’allarme è stato Antonio Bacciocchi, in arte Tony Face, batterista di lungo corso che ha legato il suo nome a decine di band, fra tutte i Not Moving. «Purtroppo è una condizione diffusa, dal rock al liscio. Lavorando dal 1983 nella musica ho decine di amici musicisti con una certa età senza reddito e prospettive. Un settore dimenticato e trascurato dai ristori, anche perché spesso e volentieri i pagamenti e le attività in questo ambito sono in nero, e per il quale non vedo concrete prospettive». Tanto che Bacciocchi vede in vista «un disastro sociale vero e proprio, di cui stiamo solo incominciando a scorgere le nefaste conseguenze. Temo veramente sia solo l’inizio. Sicuramente la musica underground e indie ne uscirà annientata, ma tutto il settore sarà falcidiato, dai gestori di impianti voci, ai fonici, agli attrezzisti. Tabula rasa, elettrificata e non».
Una prospettiva sulla quale, forse, sarebbe meglio riflettere prima che sia troppo tardi. E così abbiamo chiesto anche ad altri artisti che, con le dovute differenze, avevano già lanciato segnali di insofferenza. Come Stefano Rampoldi, meglio noto come Edda, ex frontman dei Ritmo Tribale: «Questo lavoro è all’insegna dell’incertezza. Io ricordo che con la band in passato abbiamo provato a vivere di musica, dai 20 ai 30 anni, ma bene o male tutti si sono preparati un piano B. Io non sono neanche capace di seguire il piano A, quindi figuriamoci. Per cui mi trovo sempre in balia di me stesso e della mia professione. Se non ti viene più l’ispirazione per una canzone non è colpa del Covid, ma quando ti bloccano totalmente nel tuo lavoro è ancora più un problema. Ma d’altronde è stata dura anche per Mozart, figurati per noi. A me manca di scrivere una bella canzone, almeno una nella vita. Una di quelle che cantano tutti a memoria in giro per strada. Il resto non mi interessa, né i soldi né il genere. Però è vero, con il mio mestiere non ce la farei neanche a comprarmi le scarpe nuove, per cui mi sono sempre un po’ arrangiato. Ora vivo dalla mia compagna a casa sua, quindi l’unico consiglio che posso dare è di scegliervi bene la fidanzata».
Un altro cantautore che da sempre vive nel circuito indie come Federico Fiumani, leader dei Diaframma – band culto della new wave anni ’80 – più o meno ha dichiarato di essere sulla stessa onda: «Per fortuna avevo messo qualcosa da parte e ho delle piccole scorte. Negli ultimi due mesi mi sono arrivati solo 1000 euro di indennizzo per l’emergenza, per cui devo stare molto attento. Purtroppo, da sempre i musicisti non sono riconosciuti a livello culturale, non godono di sovvenzioni, e sono costretti a inventarsi un modo di sopravvivere. Anche prima del Covid la maggior parte aveva altri lavori, ora si aggiunge difficoltà a difficoltà non potendo fare neppure altre attività. Per me è stato fondamentale mettere da parte qualche migliaio di euro, perché sono 8-9 mesi che sono inattivo. Forse alcuni si faranno aiutare dai genitori, chissà. Personalmente per il prossimo album lancerò un crowdfunding, visto che i dischi non si vendono più».
Non migliori le sensazioni espresse dal cantautore Massimo Priviero, per il quale gli artisti in casi così eccezionali dovrebbero essere equiparati ai lavoratori dipendenti: «Siamo in una situazione drammatica. Per quanto mi riguarda avevo due strade: o guardare nel vuoto e aspettare chissà cosa, oppure rendermi operativo per preparare il futuro. Mi sono messo a scrivere e a incidere un nuovo album, mi sembra l’unica reazione. A me a marzo e aprile sono arrivati un paio di ‘oboli’ da parte dello stato abbastanza ridicoli e la Siae mi ha anticipato quello che già mi doveva, niente di particolare, tenendo conto di tutti i soldi che negli anni gli ho fatto guadagnare. Mi rifiuto di passare allo streaming, che mi sembra ridicolo, perché l’incontro con la gente è l’ultimo aspetto vero della musica, senza quello meglio cambiare mestiere», spiega, lanciando poi una proposta: «Basterebbe equiparare, almeno per un momento di così grande difficoltà, gli artisti autonomi ai dipendenti e fargli avere una specie di cassa integrazione, invece di farci l’elemosina».
Un po’ più ottimista Nick Luciani, per 21 anni voce dei Cugini di Campagna, che ha vissuto una doppia beffa: uscito dalla storica band si è prima visto mettere i bastoni tra le ruote dai vecchi compagni (in particolare per l’uso del nome) e, quando stava per rialzarsi con una serie di date già fissate, è arrivata la pandemia. «Certamente ho vissuto grosse difficoltà, perché tanti concerti sono stati sospesi e spero di recuperarli quando sarà diffuso il vaccino. Ho messo qualche soldo da parte, ma oggigiorno ce ne vogliono tanti. Quando sono uscito dai Cugini di Campagna è passato qualche anno prima di ingranare come solista, visto che il rapporto con gli ex non è buono e hanno sempre cercato di frenare il mio nuovo percorso. Poi quando stavo ricominciando è arrivata la pandemia. Siamo stati dimenticati come settore e più che la Siae io sono stato aiutato dall’Imaie», l’Istituto mutualistico per la tutela degli artisti interpreti ed esecutori.
A Natale Luciani uscirà con il singolo Un vecchio senza nome dedicato ai senzatetto e, visto l’andazzo, bisogna solo sperare che non sia un brano profetico.