«Sono contento quando qualcosa che faccio divide, viene amato o odiato, il problema è quando il pubblico non sente niente». Sono queste le parole che Salvador Navarrete, in arte Sega Bodega, producer e artista irlandese di origine cilena cresciuto in Scozia, decide di utilizzare quando gli chiediamo della reazione del pubblico alla sua produzione di Sunset, brano contenuto nel fortunato ultimo disco di Caroline Polachek, Desire, I Want To Turn Into You. La produzione, che omaggia la cultura latina con una chitarra acustica piantata in faccia all’ascoltatore accompagnata da palmas flamenco, è stata una delle più apprezzate del disco (diventando il secondo singolo più ascoltato), nonché una delle più odiate da chi vedeva nelle inserzioni smaccatamente spanish una concessione eccessiva e poco intellettuale verso il mainstream.
«È interessante che il mondo pop, e certe popstar, vogliano lavorare in modo più sperimentale. Ma so per esperienza che spesso sono le etichette a fermare tutto ciò che considerano troppo strano. C’è uno scontro attivo tra artisti-etichette, ma spero questa situazione possa cambiare perché vogliamo tutti provare a fare qualcosa di più avvincente e avventuroso». Sega Bodega parla con coscienza. Negli ultimi anni, dopo una serie di progetti più o meno underground come Nuxxe, il suo (oramai ex) collettivo/etichetta condiviso con Shygirl e Coucou Chloe, ha lavorato con le artiste del mondo mainstream pop più sperimentali come Rosalía e Bjork («è stata lei a cercarmi, mi ha chiesto se potevo aiutarla»), Fka Twigs, Sevdaliza, Charlotte Gaingsbourg e la citata Caroline Polachek, oltre che con Sophie Ellis-Bextor e Shygirl, amica di una vita di cui ha curato la direzione esecutiva del suo ultimo album Nymph che si è guadagnato una nomination ai Mercury Prize («ci conosciamo da molto, lavorare con lei è sempre molto semplice e naturale»).
Sega Bodega non è il solito producer. Non lo è esteticamente, in quanto uno dei personaggi più cool della scena, né tantomeno nella sua visione artistica. A 32 anni, e con 10 anni di carriera alle spalle (la sua prima release è l’EP Song Dynasty del 2013), è uno degli artisti più apprezzati tra gli amanti dell’avant pop (in Italia lo vedremo infatti a novembre al C2C Festival, che dell’avant pop si è fatto bandiera), ovvero quell’humus artistico in cui il pop viene decostruito e/o potenziato con determinati imprevedibili elementi e una certa dose di personalità. Dennis – il terzo album del producer dopo i successi di critica di Salvador e Romeo – continua su questo percorso avant tra elettronica ricercata e dream pop, contribuendo a saldare un “suono Sega Bodega” fatto di beat decisi in cui oggetti sonori misteriosi entrano e escono tra riverberi e reverse (ricordando gli spettri dei futuri mai realizzati dell’hauntology di Mark Fisher), questa volta però con l’intenzione di esplorare con maggior attenzione le possibilità di questo sound legato all’universo club. «Volevo fare un disco club, ma è uscito questo che proprio club non è. Probabilmente sono stato condizionato dal fatto che l’ho composto principalmente su Twitch, con un pubblico che guardava e poteva commentare», racconta. Il risultato è così una mescolanza difficile da etichettare tra momenti trance, beat latini, chitarre folk e voci da un’altra dimensione.
Ma come è stato aprire il processo creativo – solitamente un momento intimo dell’artista – e trasformarlo in una sorta di show su Twitch? «È stato interessante. Volevo che le persone avessero la possibilità di vedere come lavoro, magari imparando qualcosa sulle tecniche di produzione. A me piacerebbe vedere come lavorano i miei produttori preferiti». Per un personaggio tendenzialmente schivo come lui («ultimamente sto cercando di entrare più nel ruolo di artista e meno in quello di producer, e ciò comporta mettersi più spesso in prima linea»), come è stato questo rapporto diretto con il pubblico? «Onestamente ho cercato di non guardare troppo la chat per non distrarmi durante il processo, ma ad un certo punto abbiamo fatto un brano tutti assieme e ha funzionato. Io gli mandavo gli stems, le tracce separate, loro ci lavoravano e io poi ci rimettevo mano sopra. Alla fine è stato tutto piuttosto semplice».
Dennis (il titolo deriva da Dennis the Menace, il nome di due fumetti che uscirono in Inghilterra e Stati Uniti nello stesso giorno – il 12 marzo 1951 – senza che i rispettivi autori fossero a conoscenza del lavoro dell’altro) nasce dall’ossessione di Sega Bodega per le coincidenze e per quella linea sottile e confusa che divide il sogno dalla veglia. Non solo nel suono, che si traduce in un’atmosfera pseudo-futuristica sempre e comunque dreamy e in momenti di spettralità sonica (in particolar modo nell’intro Coma Dennis e nell’outro Coma Salv), ma anche nei testi (“Cosa c’è di sbagliato in me se stanotte non so dire se sto dormendo o no” da Tears & Sight o “Dormire per millenni, dormire fino alla fine dei tempi” da Deer Teeth) e nelle atmosfere create dagli artwork e dal videoclip di Set Me Free, I’m an Animal. Una sorta di folklore weird, o folklore horror, tra atmosfera spiazzanti, apparizioni impreviste, soglie da varcare e terre di mezzo in cui perdersi. Il riferimento è anche in parte italiano: «Sono stato ispirato dal montaggio di Suspiria di Luca Guadagnino, ho cercato di applicarlo ai miei brani». E ancora sul luogo di confine tra sonno e veglia: «Se ci pensi è strano che passiamo così tanto tempo a dormire. È strano pensare che per un terzo della giornata siamo morti. Mi affascina tutto questo perché non lo capisco. Non c’è modo di evitare il sonno, che ti porta in uno stato di non-coscienza. E tutto ciò che sogniamo sparisce appena ci svegliamo».
Ad accompagnarci in questo viaggio nella non-coscienza della non-veglia sono una serie di voci femminili («manipolo spesso il suono voce perché non mi piace, per questo sento quindi il bisogno di altre voci nei miei album»), da Mayah Alkhateri, sua compagna e musa (i due insieme condividono il progetto Kiss Facility), a Cecilie Believe (topliner d’eccellenza già al lavoro con Sophie, A.G. Cook e la Pc Music, «qualsiasi cosa fa lei con la voce è incredibile»), passando per Miranda July. L’attrice e artista multidisciplinare è infatti una voce che ritorna tra i vari brani, dall’apertura di Coma Dennis alla quasi conclusiva Humiliation Doesn’t Leave a Mark: «Sono un suo fan, sono innamorato in particolar modo di un suo film, Me And You And Everyone We Know. Così le ho scritto su Instagram e lei ha accettato di far parte di questo lavoro. Nell’album ha un ruolo specifico: è una voce che ritorna in più momenti, una voce che parla dalla dimensione del sonno».
Nonostante Dennis sia una sorta di concept album su quella soglia nebulosa tra vita e morte («l’intento era creare un senso di disorientamento come quello che ho vissuto negli ultimi anni»), Sega Bodega è invece molto lucido quando si parla dell’industria musicale. Dopo l’esperienza di Nuxxe, l’artista ha deciso di aprire una nuova etichetta discografica (chiamata Ambient Tweets) con l’obiettivo di «promuovere e credere in artisti e producer prima che quest’ultimi si infilino in contratti discografici non necessari che spesso finisco per complicare e rallentare le loro uscite. Non dovrebbe essere così complesso pubblicare musica». E aggiunge: «Credo che l’unica cosa che conti in una label sia che le persone che lavorano all’uscita credano davvero nel progetto piuttosto che star lì ad aspettare che il progetto funzioni in senso economico».
Tra citazioni cinematografiche e immaginari che richiamano un certo e più oscuro universo anime (oltre ad avere in passato rielaborato la colonna sonora di Ghost in The Shell, alcuni passaggi di Dennis richiamano Hana di Asa-Cheng & Junray, brano portante della colonna sonora di Aku No Hana), e testi che indagano lo stadio N1 (la fase 1 del sonno, quella della transizione dallo stato di veglia al sonno) o si innalzano nella mitologia biblica tra divinità e angeli, quello che riporta Sega Bodega coi piedi a terra e lontano da eccessivi intellettualismi è la sua attitudine, che da geek della produzione (su YouTube potete ritrovare alcune delle sue dirette Twitch) l’ha portato ad essere uno stimato artista della nicchia avant-pop quanto un apprezzato producer del pop mainstream: «L’unica cosa che conta è divertirsi nel far musica, se mentre la fai ti annoi allora devi mollare tutto». Più reale di così.