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Sfera Ebbasta: «Il rap è il nuovo rock»

Il trap boy vorrebbe prendersi San Siro (come Vasco), un pacco di soldi e pure una casa nuova. La nostra intervista al rapper più odiato del momento.
Foto di Fabio Leidi

Foto di Fabio Leidi

Ci vediamo in studio da Charlie, mi scrive la discografica. Wow, il Willy Wonka della trap mi invita nella sua fabbrica di beat e dopo un lungo tour in tangenziale, nebbia in Valpadana, mi trovo di fronte a una serie di villette a schiera della suburbia milanese.

Respiro subito un benessere casual che ricorda più un morbido maglione beige con la zip di Coin che un cappotto Gucci: cancelli elettrici, cancellini in legno, le siepi dei videogame di Mario Bros., timide luci natalizie, echi della Tv del pomeriggio, forse lasciata accesa a mo’ di allarme per i ladri – mentre la Tv parla di ladri e villette, as usual – perché in giro non c’è un’anima e nemmeno la monovolume posteggiata, la gente è al lavoro, è lunedì. In fondo al vialetto si scende ai box, e lì di fianco c’è lo studio di Charlie Charles, che poi altro non è se non una di quelle tavernette – ora riattata – che andavano di moda negli anni ’80. La tavernetta nasceva – nell’ipnagogico immaginario dell’immobiliarismo Aiazzone – come diversivo quasi esclusivamente maschile al tran tran della vita domestica famigliare: tempio dell’hobbistica, dal modellismo navale alla pornografia in Rete per i mariti, e poi house of crime, dalle canne alla chitarra elettrica a volume assurdo per i figli adolescenti. Sopraffatto dalla scimmia radical chic mi chiedo come diavolo possa nascere dell’arte qui: uno studio asettico come una sala operatoria, Mac, sedie da ufficio e divanetto, illuminazione a led telecomandata con lo smartphone e un odore che è un mix di detergente per pavimenti (è tutto pulitissimo) e super ganja (saremo a breve, attivamente e passivamente, tutti fattissimi).

Sfera Ebbasta, illustrazione di Riccardo Fano.

Mi accoglie, in tuta adidas, Charlie Charles, senza ombra di dubbio il miglior produttore italiano sulla piazza: ha creato un suono che gli copiano pure all’estero, ha contribuito in maniera massiccia alla nascita di fenomeni come Ghali e Sfera Ebbasta, ed è il padre di una scena pronta a divorare presente e futuro prossimo della musica. Charlie, stuzzicato più volte da un mondano metropolitano come chi scrive, non ne vuol sapere di andarsene da qui, anzi ha persino scelto di non fare più tour con i suoi rapper. La sua arte, la sua musica, la sua ispirazione è qui sotto, in questa techno tavernetta, e si spinge al massimo al centro commerciale vicino per mangiarsi un sandwich. Eremita e iperconnesso come un hacker che cerca testate nucleari nel deep web, Charlie va a caccia della hit che arrivi prima in classifica. Suona il citofono, è Sfera. Mentre lo aspettiamo mi godo il karma da chirurgo di CC che muove il mouse mentre i suoi occhi vispi sembrano comunicare telepaticamente con il computer. Entra Sfera con dietro tutta la coolness e la “presa bene” della star, i capelli tinti di rosso, i chili di collane e un maglione rosa a lupetto, a prima vista l’unico italiano a tenere botta quanto a stile ai colleghi americani.

Abituato a intervistare giovani cantanti indie terrorizzati dal successo, in perenne tachicardia creativa, l’entusiasmo di Gionata mi affascina e mi mette a mio agio. Ci sediamo sui divanetti, o meglio io mi siedo, lui si agiterà tutto il tempo come se conversare fosse una ginnastica non solo mentale ma fisica, che poi forse è proprio il segreto del successo della trap: una lingua atletica, dove pure il significato è performance, danza virtuale della parola sopra il beat. Ok, andiamo, accendo il registratore, lo guardo in faccia cercando i suoi occhi. Solo allora mi accorgo di una cosa: ha un cazzo di tatuaggio a forma di mitra tra l’orecchio e la guancia! Assurdo, ma perché? La mia memoria radical pesca all’amo un’intervista dell’amico giornalista Valerio Mattioli al guru della critica musicale Simon Reynolds sul suo libro sul glam rock: “teatralità, decadentismo, ossessione per il successo, estetica camp… sono filoni inaugurati dal glam che tornano in molta della musica che verrà poi”. La trap ha molto a vedere col glam e quindi con il mitra tatuato di Sfera Ebbasta, e pure con questa intervista, domande e risposte in un flusso naturale, veloce: un’intervis-trap, diremo scherzando alla fine. Sfera usa il purale, sia perché ha un ego giustamente gigante, sia perché parla a nome del “socio in affari” Charlie Charles, che silenzioso ci ascolta.

“Sfera Ebbasta piace a tutti/come il Mc Donald’s/come i soldi le modelle e l’erba buona/come Cristiano Ronaldo e Maradona/come dire che in Italia niente funziona” (20 collane). E, aggiungerei “come le rockstar”…
Il titolo del disco (Rockstar) avrebbe potuto essere Trapstar, ma sarebbe stato riduttivo rispetto a quello che stiamo facendo: non è più di nicchia, siamo popolari – anche nel mercato – siamo belli chiari e presenti alla gente. Ormai il rap è il nuovo rock, come attitudine. Il rock, soprattutto in Italia è diventato musica leggera, e l’unica rockstar rimasta è Vasco.

“Una tipa chic come te vuole un trap boy come me ” (Cupido). Chi è il vero trap boy?
sfera Siamo partiti dal niente con un passato particolare alle spalle: ho cambiato un sacco di case e mia madre tanti lavori. E ora che nulla è come prima – non abito neanche più a Ciny (Cinisello Balsamo, posto dell’hinterland milanese reso celebre da un suo pezzo, nda) – mi è rimasto appiccicato il mio background. Se ora posso sembrare un bravo ragazzo che s’impegna – vado in studio, ai concerti, a fare l’intervista con te – la mia attitudine è la stessa di quando non avevo niente, mi ha reso chi sono.

Sembri molto determinato, come se avessi sempre saputo quello che avresti voluto fare.
Se non hai niente, vuoi qualcosa: non mi piaceva studiare, né andare a lavorare, volevo solo fare rap. Anzi, avevo iniziato con i graffiti, ero un ragazzino e mi firmavo Sfera. I primi testi che scrivevo erano talmente fatti male che quasi non avevano una metrica, li facevo senza base e non c’era niente in griglia. Poi, quando ho imparato a rappare, ho capito che il rap da solo non mi dava niente e ho sperimentato l’autotune. Tra uno pezzo di qualche anno fa come Panette e Rockstar di oggi c’è un abisso: ho girato l’Italia e l’Europa, ho fatto featuring internazionali, mi sono evoluto molto. E non ho intenzione di fermarmi qui.

Uno che canta “Sfera Ebbasta ha ucciso il rap con la sprite e l’autotune/sì lo so che un po’ ti scazza perché non l’hai fatto tu” (Bancomat) sicuramente ha l’ego più pesante delle sue collane.
Da quando siamo usciti io e Charlie, siamo noi a dare la linea: se facciamo una cosa X, quest’anno allora sarà questa cosa X la roba fica da fare. Quello che facevamo quattro anni fa lo stanno facendo tutti: quei concerti, quei colori, quei posti, quei vestiti… Da ragazzini avevamo il mito dell’America ma ora – nonostante siano a un livello altissimo – la nostra musica non è così diversa. Se l’artista primo in classifica in America si ascolta Sfera Ebbasta, non dice “Cosa è sta roba”, ma capisce che il livello è alla pari.

Sfera che se la gioca con Future e Booba?
Guardando all’Europa, uno dei sound più fighi, se non il più figo, è in Italia. Prima l’italiano sembrava una lingua ostica per fare rap, ma il problema era solo che i rapper mettevano troppe parole nelle rime e il messaggio non arrivava.

Parli sempre di soldi, di farli e spenderli. Non capisco questa scelta tematica così netta…
Sono stato il primo a parlare di soldi. Una sorta di mio statement che ora è diventato di moda, lo fanno tutti. Il rap old school era più impegnato? A me di quella musica non arrivava niente. Il nostro messaggio è chiaro, anche un alieno lo può comprendere. Quanti dei famosi rapper impegnati lo hanno fatto perché davvero gli interessava? O semplicemente in quel momento andava fatto così? Io di politica non so un cazzo. Tanto, capirci o non capirci, mi sembra solo che alla fine la prendano tutti nel culo. Serve davvero che m’interessi di politica? Che ti dica che i politici ci rubano i soldi?

Che mi dici di Fedez? Lui ha preso posizione, si è più volte politicamente schierato.
Dipende a che pubblico ti rivolgi. Parlare di politica ai bambini non credo serva a molto.

E del tuo pubblico che mi dici?
Tutti i ragazzini che vedi ai concerti ce li siamo coltivati, li abbiamo educati. Prima il fan del rap era un emarginato, si sentiva un po’ uno sfigato, ora che gli abbiamo portato la trap questi ragazzini sembrano proprio fighi. Abbiamo alzato la tapparella della loro stanzetta buia.

Immagino questa ficaggine pesi ai genitori: le sneakers di Balenciaga, le più hype in circolazione, valgono mezzo stipendio da insegnante.
Sì, i genitori sono rovinati (ride). Io quando avevo 15 anni non avrei mai pensato di chiedere 500 euro per le scarpe a mia madre.

Torniamo alla tua “ossessione” per i soldi.
Ieri mia madre, ridendo e scherzando, mi ha chiesto: “Ma tu lo sai quanto hai speso questo mese?”. Ma sti cazzi, no che non lo so. I soldi non danno la felicità ma fanno in modo che tutto vada nel verso giusto: ho comprato casa a mia madre e ora me la voglio acquistare pure io. La tua vita sembra migliore con il cash.

Fai i soldi e ti passa la paura. È davvero così?
Quello che mi fa paura non è fallire o sparire ma è il pensiero delle malattie, della morte. Se mia nonna, che mi diceva sempre di mettere la canottiera quando faceva freddo, sapesse che cazzo faccio oggi la notte… altro che canottiera!

Chissà che fai la notte!
sfera Spesso ne risento la mattina dopo: dormire due ore, uscire tutte le sere stando in giro fino alle 6, fumare, bere, fare, disfare… Poi la mattina è dura. Quando entri in un locale non entri per bere ma per fare un film. Il mio buon senso mi porta sempre a cancellare i video che faccio la sera in discoteca. Ho un format: di notte verso le 4 metto delle stories su Instagram e le tolgo alle 8 del mattino. Così le può vedere e capire solo il popolo della notte e i ragazzini che vanno a scuola evitano di vedere cose un po’ strane.

I calciatori ascoltano la tua musica?
L’altro giorno El Shaarawy mi ha mandato un video mentre ascoltava Lamborghini sulla sua Lamborghini. Gli ho detto che mi deve assolutamente passare a prendere per fare un giro.

I calciatori invecchiano presto, non come i rapper.
Quando invecchi con tutti quei soldi, non invecchi mai.

Mah, non ne sono così sicuro, ma cambiamo argomento. Fino a qualche anno fa il rap italiano, quanto a droghe, parlava solo di cocaina, bamba, chiamala come vuoi. Oggi nei tuoi pezzi parli di droghe leggere e medicinali legali (“Questa modella vuole lo Xanax” canti in XNX).
Oggi c’è più informazione sulle droghe e magari uno evita di diventare schiavo della cocaina. A me interessa solo la droga leggera e dello Xanax canto perché in riferimento a una modella. Come molti della sua generazione pensa che il fatto di non andarsi a prendere la busta dalla sputa palline, ma una medicina in farmacia, faccia meno male. Ma gli effetti, cazzo, sono terribili: mi sembra di vedere in giro solo rincoglioniti. È la nuova coca.

Quando non fai le sei del mattino in giro per locali, che combini? Guardi la Tv?
Non ho la Tv, guardo solo roba in streaming. Le mie serie preferite sono Gomorra e Suburra: fanno un racconto reale, che parla dell’Italia. Vorrei vivere in un Paese protagonista a livello mondiale: io nella musica, Gomorra e Suburra nel cinema, Gucci e altri brand fichi nella moda.

Quanto ai vestiti, mi sembra di capire ti piacciano un sacco. Forse potresti fare il direttore creativo in una maison di moda.
Lo farò.

Molti rapper italiani hanno le loro linee di abbigliamento.
Sì, ma lo fanno male.

Chi è il più stiloso di tutti?
A$AP Rocky.

E in Italia?
Io, io ebbasta

Quali sono gli altri tuoi progetti per il futuro?
Mi piacerebbe suonare in uno stadio, come Vasco. Il mio sogno è San Siro, non ci sono mai stato. La prima volta che ci andrò sarà per suonarci.

Insieme a Charlie Charles?
Sì, non siamo mai entrati a San Siro.

Cosa avresti fatto senza di lui?
Non lo so. I pianeti si sono allineati (tra Cinisello e Settimo Milanese, nda) e io e Charlie ci siamo conosciuti. Destino! I pezzi nascono insieme, lui mi cuce i beat addosso. E Charlie è il king, lo stanno copiando tutti.

Dopo San Siro andrete a Sanremo? “Dirige Charlie Charles”, che bomba sarebbe?
Ora no, con quel pubblico, quello stile, quei presentatori sembra una roba così tanto italiana e antica che non ci andrei mai. Dovrei condurlo io, allora sì che cambierebbe.

E in Tv ci andrai?
Perché dovrei andare in Tv a farmi chiedere quanto costano i miei denti d’oro? Il livello è quello, non gliene frega un cazzo della musica, vogliono solo il gossip.

Neanche una pubblicità?
sfera Se domani mi chiamassero a fare lo spot della Sprite avrei vinto. Esco dal bar, la stappo e dico “bevi Sprite”. Fico, no?

Oppure dello sciroppo con la codeina.
Pure quello sarebbe fico!

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