Il 25 giugno uscirà Il ritorno del vero, nuovo album di Side Baby dopo Arturo del 2019. Nell’album si rinnova il sodalizio artistico con il produttore Sick Luke, al fianco di Side sin dai tempi della Dark Polo Gang, e c’è spazio anche per i featuring di Ketama126, Izi, Gianni Bismark e Paki in 15 brevi tracce scritte in freestyle che se da un lato riprendono le atmosfere con cui il rapper romano si è fatto conoscere, portano anche uno sguardo positivo verso il futuro.
Un futuro che comprende anche l’imminente arrivo di una figlia nella vita di Side, che dopo un passato travagliato troviamo molto sereno.
Come stai? Come vanno le cose?
Da paura, sto super bene personalmente. Ho appena cambiato casa, quindi ho avuto un po’ da fare, mi trasferisco in una casa più grande in vista dell’arrivo della bambina a ottobre. Super contento, una bella casa, sto mettendo tutte le cose che mi piacciono. Sono fomentato che esca l’album perché dopo tutto questo periodo in cui sono dovuto stare fermo non vedevo l’ora. Volevo fare cose e finalmente le cose si muovono.
All’album hai lavorato anche durante la pandemia?
Sì, sì. Io lavoro sempre un po’ così, non lavoro per progetti ma in generale provo sempre ad andare in studio il più possibile, e avere sempre qualcosa, registrare sempre. È una cosa che mi piace. Poi se voglio fare un album mi metto a lavorare in modo più concreto o mi metto a vedere che cos’ho che mi piace tra le cose che ho fatto.
Anche il disco rispecchia un buon momento, se parli di momenti difficili lo fai più al passato che al presente.
Sì, non parlo solo di cose felici, ma di base non è un disco triste, è più glorious come mentalità, abbastanza celebrativo. Ci sono poi anche tracce più personali, dove parlo di cose meno leggere, comunque rispecchia come me la sto vivendo.
Anche il titolo stesso Il ritorno del vero è una presa di posizione?
Ognuno ha una sua interpretazione, me lo chiedono in tanti. Io la spiego così: per me non è inteso vero nel senso di street, di vero gangsta, è semplicemente puro racconto di quello che sono, di come mi sento, di quello che vivo, non c’è nessun personaggio dietro. E poi non è “il ritorno” nel senso che è mancata la verità nel rap: in questo senso il vero sono io, è come se fosse il mio nome, come dire “il ritorno di Side Baby”.
Questo genere in Italia era una cosa super nuova quando hai iniziato, e poi è diventato molto diffuso, fino all’imitazione.
Copiare è un modello molto italiano in tante cose. Io comunque non penso di aver portato un genere, sono stato tra i primi a portare un certo tipo di sonorità, ma semplicemente io sono un appassionato di rap e di hip hop e quella era l’evoluzione che in quel periodo mi piaceva ascoltare. Mi sono ispirato alle correnti musicali che mi piacevano al tempo, ma non copiando: prendevo i suoni e poi parlavo delle cose che vivevo nella mia città, che vedevo. Il rap c’è da tanti anni, nel corso del tempo ogni generazione ha avuto i suoi linguaggi, le sue sonorità. Non mi sento di dire che sono quello di quel genere: in quel periodo c’era quel tipo, poi è anche cambiato. Di sicuro all’epoca abbiamo portato un tipo di trap con elementi proprio nostri, che poi sì sono stati ripresi tante volte.
Ma quelli che ti copiano ti fanno incazzare?
No, incazzare zero, non me ne frega niente, al massimo mi fa ridere, mi fa divertire. Alla fine vuol dire che c’è un impatto. Anche perché non mi sento in competizione, non è che ho paura che venga fuori qualcuno che mi superi, penso che ognuno abbia la sua identità. Io sono in continua evoluzione.
Mi sento un rapper, un musicista che fa musica rap, più che legato a qualche sottogenere.
Quando ti sei appassionato al rap?
Non saprei neanche dirlo perché è da sempre, da quando mi ricordo. Ho sentito anche altra musica, ma è quella a cui mi sono appassionato. Mia madre mi ha regalato i primi dischi, tipo Eminem, e ho ancora i quaderni di quando già alle elementari scrivevo le prime cose, stupide, tipo “sei un pazzo, fatti un giro del palazzo”… A 7 anni avevo già i quaderni pieni di rime.
Sin da piccolo quindi avresti voluto fare musica?
In realtà era una cosa che mi piaceva ma che non dicevo a nessuno. Quando ero più piccolo il rap non era una cosa particolarmente di moda, ora è cambiato tutto. Ora i rapper americani sono celebrità. Quando ero ragazzino ero molto appassionato di rap, ma non mi riconoscevo troppo in quell’immaginario, in tutto il discorso che gli girava intorno anche a livello di immagine, di comunità.
I rapper adesso sono i nuovi calciatori, le nuove celebrità.
Secondo me i calciatori sono ancora al top. I ragazzini vogliono sempre fare i calciatori più che i rapper. Però sicuramente stanno diventando mondi più vicini. Poi ai calciatori piace il rap, sono amici dei rapper, è la musica che ascoltano tutti… Ora il rap ha un’altra immagine che prima non aveva. I rapper sono celebrità da poster.
Ma secondo me c’è stato il sorpasso, i rapper vanno più di moda dei calciatori.
Dici? Però i soldi veri li fanno di più i calciatori. Poi il rap rispetto a dieci anni fa ha fatto un saltone, sicuramente. Io poi in realtà sono fan del rap di strada, non sono neanche troppo fan di quel tipo di celebrità, anche se certo da addetto ai lavori il fatto che ci siano più soldi e non sia più di nicchia mi fa piacere. Come anche il fatto che se ne capisca il valore.
Quali sono a questo proposito le cose che ti piacciono di più ultimamente?
A parte gli artisti che mi piacciono sempre, io guardo tutto, per stare informato. Voglio sapere tutto quello che esce. Come un appassionato di sport o di cinema, stai dietro a tutto quello che succede. In Italia manco un po’, però all’estero sì, tutto quello che esce provo a sentirlo e poi vedo cosa mi piace. Ogni tanto trovo delle chicchette con cui vado in fissa per un po’.
Quindi cerchi di essere molto personale.
Quando ho iniziato non sapendo dove iniziare chiedevo un beat simile a qualcosa, ma poi la cosa si è evoluta. Più professionale, lavorando meglio, con più sperimentazione.
Adesso hai voglia di tornare a incontrare il pubblico?
Un sacco. Non solo perché è la parte più remunerativa del lavoro, ma anche perché è la parte più divertente: amo il contatto con la gente, vedere come rispondono alla tua roba.
I tuoi fan poi sono molto affezionati.
Veri supporter, una gang…
Sono diventati anche fan di tuo padre (il regista Francesco Bruni, nda).
Sta cosa è bellissima perché mio padre si diverte molto, poi sui social posta di tutto, ogni tanto gli devo dire «guarda che ti segue un sacco di gente», prima che faccia qualche danno. Poi anche lui si diverte, risponde… Molti seguono pure lui.
Poi io sono molto spontaneo: non vedo neanche le persone davvero come fan, vedo la gente. Penso «quella persona si sente la mia musica» e sono contento. Fan è un po’ spersonalizzante come parola, anch’io ho tanti artisti che amo. E immagino che per quelli che ascoltano me sia la stessa cosa.
Cosa ne pensi della famosa nostalgia del 2016? Nonostante siano passati pochi anni molti ascoltatori rimpiangono quell’anno, in una sorta di revival sempre più veloce. C’è anche un pezzo nel disco che si chiama così.
Secondo me è diventata quasi un meme. La traccia è perché Luke l’ha chiamata così dicendo che suonava una cifra 2016. È una nostalgia che posso capire perché era un bel periodo, abbiamo fatto molti live fighi in cui tutta una generazione di artisti che ora fanno tutti cose diverse, li vedevi tutti allo stesso live: DPG, Ghali, Sfera, Tedua, Izi… Tutti insieme. Era una cosa figa perché era l’inizio per tutti, l’inizio di una cosa che poi è andata bene per tutti, e ognuno ha fatto la cosa sua. Era come l’inizio di un nuovo periodo. Magari i ragazzi la vedono come chi si è vissuto l’era d’oro del punk… io non la vedo così esagerata, però in piccolo è un po’ quello, hai visto una bella cosa coi tuoi occhi.
Tu però preferisci guardare in avanti.
Io penso sempre che il periodo migliore debba ancora venire. Punto sempre a quello. Non mi lamento di certo di come è andata, ma punto sempre a fare di più.
Poi guardando al futuro c’è un’altra grossa novità in arrivo.
Non saprei nemmeno da dove iniziare a raccontarti tutti i pensieri su questa cosa. Di sicuro non sei più solo te stesso, c’è una persona che hai messo tu al mondo. Non è come con gli amici o la famiglia, diventi proprio un’altra cosa: non sei più tu al centro del tuo universo. E quindi anche tutte le altre cose le devi fare andare meglio che possono.
In bocca al lupo.
Crepi, bro.