L’ultima volta che l’avevo incontrato era il 2018, Side Baby aveva appena lasciato la Dark Polo Gang e stava per iniziare la carriera solista, affrontando i postumi di un periodo che eufemisticamente potremmo definire rock’n’roll… altro che sesso e samba. Il Jack Frusciante di Testaccio era uscito dal gruppo e oggi lo ritrovo con un collanone Gucci Bart (“Collana d’oro giallo come Bart Simpson sul collo” rappava ai tempi di Totti e De Rossi) seduto negli uffici della Warner per chiacchierare del suo album Leggendario, che – parere a caldo, dopo ripetuti ascolti – sembra nei testi e nella basi un’evoluzione 3.0 della DPG, aggiornata ai tempi. Arturo concorda, «è anche una maturazione, ma le radici sono quelle di sempre».
Già, mentre gli ex colleghi sembrano aver preso altre strade, dalla hit estiva di Tony Effe Sesso e samba all’indie pop del nuovo EP di Wayne, Side rimane fedele alla linea. Il disco esce il giorno in cui compie 30 anni e a quasi dieci dagli esordi con la Dark, i mondi del rap e della trap sono cambiati, lui ha tenuto il passo, lavorando per la prima volta con più produttori – tra cui Sick Luke e Drillionaire, producer del banger d’assalto dell’album Convoglio (con Tony Effe) – e scegliendo per i feat sia gli amici di sempre (Rusty Kilo, Franco126, Pyrex) che i suoi preferiti della nuova scena (Diss Gacha, Niky Savage, MV Killa e Yung Snapp).
Leggendario rimane fedele a un’idea già cara alla Dark Polo Gang, che il rap non sia cinema ma autobiografia. Come è cambiato il tuo racconto nel tempo?
Mi sono allenato nella scrittura e sono più forte, più tranquillo. Scrivo di getto come sempre, questo non è mai cambiato…
Agli inizi sembrava più facile inventare uno slang, una lingua. Oggi è ancora possibile?
A livello di linguaggio con la Dark abbiamo portato un nuovo vocabolario, che continuo ad aggiornare.
Nel frattempo è cambiata anche la strada che racconti?
Sono sempre stato a Roma, Roma Sud, e quella è la mia ispirazione. Certo sono cambiate molte cose, chi nasce, chi muore, chi va in galera… però non so come sarebbe un mio disco se me ne andassi a vivere alle Hawaii. È anche il motivo per cui non mi sono mai spostato dalla mia città, anche se a Milano concludo molto di più. Nel mio quartiere sono un pesce grosso, la gente mi vuole bene, conosco tutti… qui a Milano sarei uno dei tanti.
Rappi di “soldi droga, tutte quelle cose che vanno di moda”…
Cambiano le droghe, cambia la valuta, negli anni ’70 c’era l’eroina ora c’è la 2C-B, ma sballo e moneta sono due fattori imprescindibili.
Oggi fare il rapper è il sogno di tutti i ragazzini, ma quando hai iniziato era una cosa da nerd, per pochi. Canti di “essere il padre di questi rapper”: sono figli grati o ingrati?
Sono bastardini, alcuni più grati e altri meno, ma non mi aspetto niente da nessuno. Sono sicuro di me, di quello che ho fatto, non si potrà più parlare del rap in Italia senza parlare della DPG, come dei Cor Veleno, Club Dogo, Truceklan….
Senti mai la difficoltà di tenere alta l’aspettativa?
La difficoltà no, ma questa cosa è una gran rottura di coglioni che faccio solo per passione della musica. Fare il rapper è una cagata, devi sempre trovare un’invenzione per essere hype, il finto beef per far parlare di te, vestirti in un certo modo, tutta roba che non mi piace.
Avremo mai una tua Sesso e samba, una hit super commerciale?
Non me la sono mai immaginata, ma spero che ci sarà. Tony ha fatto il pezzo dell’estate, ne sono fan.
In Miracoli, a proposito del tuo passato, dici che chi non conosce non può giudicare. Ti sei sentito giudicato in questi anni dove si è parlato di te non solo per la musica?
Non ne ho sofferto più di tanto, ma essendo un personaggio sotto gli occhi di tutti succede che parli di te anche chi non ti conosce e quindi fanculo a chi lo fa…
Padre sceneggiatore e regista, madre attrice, in un recente intervista (al Fatto Quotidiano) hai detto che ogni tanto ti prendono per uno di sinistra…
All’inizio dicevano che quelli della Dark erano del centro, dei figli di papà…
È stato anche detto che eravate di destra.
Addirittura! Me l’ero scordato… Sicuramente sono nato in una famiglia dove c’è particolare attenzione all’arte, ma non è che mia madre vada ai vernissage o mio padre faccia yoga, lui guarda il calcio, siamo persone normali.
Oggi è sempre più diffusa l’idea nei media che il rap inciti alla violenza, ma quando hai iniziato non era un tema all’ordine del giorno. Cosa è cambiato?
Adesso il rap è un genere con una diffusione enorme, quindi lo si accusa di tutto. Che inciti alla violenza è una stronzata, certo adesso girano un sacco di soldi e quindi possono nascere faide, non ci dissa più come ai tempi di Vacca e Fabri Fibra, è un vero Far West.
Che tipo di eredità ha lasciato la DPG?
La Dark è stata la prima a portare la trap in Italia, abbiamo stravolto le regole. Più che eredità, è stato un cambio di paradigma.
E a te che eredità ha lasciato?
I buchi in testa (ride)… e un po’ di soldi.
Il successo commerciale ha toccato in maniera diversa i vari membri della DPG: le vostre carriere soliste sono andate come vi sareste aspettati?
La mia sì, le altre no. Pensa a Tony che ha fatto la hit dell’estate e che ai tempi era quello che non sapeva neanche scrivere una rima, non aveva mai fatto una canzone rap, gli faceva schifo il rap. Pyrex che era quello più rapper, con i testi crudi, ha fatto un disco pop, Wayne ora si è dato all’indie. Niente è andato come ci si aspettava, ma è andata bene.
Tua figlia ha sentito il disco?
Non ancora, sono separato quindi non sto con lei tutti i giorni, ma lo ascolterà. Lei è una fan di Nuvola, il mio pezzo con Drefgold.
Gli inferi di cui parli in Strada Symphony ci sono ancora?
Ci saranno sempre, ma uno trova il modo di tenersi a galla. Ci sono stati punti bassi, bassissimi, ma sono risalito… e si può solo fare meglio.