Gli Sleaford Mods sono un’anomalia. E più passa il tempo e più il duo che fa musica inclassificabile (anche qui, un’anomalia) si inasprisce nelle sue idee. Idee che peraltro dovrebbero condividere tutti su questo pianeta. Idee base, come quella che sputa sopra la deriva neoliberista che ha preso questo mondo, portandolo a una cieca catastrofe climatica, politica e sociale che tutti sanno ma che nessuno intende ostacolare.
Eton Alive, il nuovo album uscito per la neonata Cargo Records (un’idea di cui Jason Williamson e Andrew Fearn si sono abbondantemente pentiti) è se non altro il manifesto più completo di questa rabbia working class portata all’esasperazione da un’alienazione digitale dilagante. Un’opera, anche limitandoci alla mera musica, che sarebbe degna di più attenzione possibile.
Jason, ho letto sul tuo Twitter che ti sei un po’ stancato del processo di uscita degli album.
Sì, perché queste campagne di promozione degli album significano letteralmente stare incollati al telefono a guardare i risultati. I soldi che ci metti per promuoverlo per vedere le reazioni del pubblico, i video, eccetera. È tutto digitale, i magazine giocano una parte davvero marginale al giorno d’oggi. Ma anche i magazine digitali. Ormai è tutta una questione di reazioni del pubblico, like, retweet.
Queste cose sono compito dell’etichetta normalmente.
Vero, ma ora noi abbiamo la nostra. Ci siamo messi in proprio. Abbiamo lasciato la Rough Trade per tornare nel mondo indipendente, che è quello a cui apparteniamo.
Sembra che tu te ne sia pentito però.
Sì, un po’ sì. Rough Trade ha un’esperienza decennale, ha un’ottima struttura organizzativa e un grande pubblico. Col senno di poi non me ne sarei andato così presto e immediatamente. Ora stiamo cercando di ottenere non dico lo stesso risultato con Cargo Records ma almeno stare a galla e promuovere decentemente il disco senza fare figuracce.
Perché allora imbarcarsi in questa avventura?
Perché sotto sotto ci sentivamo due persone che lavoravano per qualcun altro. E la cosa non mi andava a genio, quindi ho fatto come faccio sempre: ho assecondato i miei desideri. Vorrei non averlo fatto, ma è ciò che sentivamo. Ora siamo un po’ incerti su cosa fare dopo.
Ti sei pentito anche di fare dischi?
Cazzo, no! Mi piace fare dischi, il mio problema è fare anche da manager dell’etichetta.
Allora forse sei solo un brontolone.
(Ride) Ovvio! Sono un bastardo brontolone e lamentone! Sto bene da solo per i fatti miei, ma se poi ho troppa roba da fare mi lamento. Ma questo sistema discografico è pieno di deficienti, e gli stronzi che non si meritano un cazzo si prenderanno sempre un applauso. Mentre gli artisti, quelli veri, devono spaccarsi la schiena di lavoro. E molto raramente vengono acclamati come gli stronzi che vengono promossi e spinti pesantemente.
Due anni fa mi hai detto che un po’ ti sentivi in colpa per aver mollato il tuo vero lavoro per fare l’artista. Un senso di colpa working class.
No, ora l’ho superato. Non mi sento più in colpa, credo che la colpa di una persona sia altrove. Ho vissuto una vita tutt’altro che privilegiata, facendo lavori di merda e suonando solo due volte al mese. Sulle prime il passaggio da questa vita di merda a qualcosa più decente ti fa sentire in colpa, probabilmente perché non credi ancora molto in te stesso. Ma ora sono sicuro di me. Penso che in fondo me lo merito.
Per descrivere Eton Alive hai utilizzato una metafora molto interessante. Hai detto che il sistema è come una macchina che ci mangia e digerisce costantemente. Digeriti da chi?
Dall’élite, da chi decide le regole, da chi plasma la cultura, il capitalismo. Siamo digeriti da persone che appartengono a gruppi privilegiati, aristocratici. Non è una teoria del complotto, ma credo che indirettamente lavorino insieme. Consapevolmente. È la torta di merda che il capitalismo ti serve, senza però accorgerti che sei tu l’ingrediente principale.
Il bello è che collasserà tutto. Persino Jeff Bezos ha detto che Amazon collasserà, non si sa quando ma si sa che lo farà.
E con lui collasserà tutto il sistema, collasseranno i ricchi, chi ha fatto soldi grazie ad Amazon, i negozi collasseranno. È abbastanza chiaro che prima o poi questo disastro si manifesterà violentemente. E fidati, non sarà in stile Hollywood, sarà in stile Liverpool. Non so bene cosa ci sarà, ma ci sarà.
E se il sistema mangia merda, beh si ammalerà molto presto come chiunque mangi merda.
Corretto. C’è una canzone nell’album che si chiama Policy Cream che parla del fatto che la gente continua a cercare partiti e politici che renderanno tutto migliore. Ma è sempre una farsa.
Ho notato che c’è una varietà di stili nei beat che lo contraddistingue da tutti i vostri album.
Vero, lo abbiamo fatto per arrivare più lontano possibile col messaggio. Per fare leva su più orecchie possibile. È qualcosa di nuovo del solito album degli Sleaford Mods.
Cos’è un “Kebab Spider”?
È un’immagine surrealista e assurda. Parla di individui che rifiutano di passare per canali mediocri in favore della creatività. Per colpa di questo, vengono respinti dal sistema, spinti nelle strade a lavorare e cibarsi di cibo impacchettato e arrotolato, che in pratica è il kebab, un pasto molto povero ma buono. Alla fine di tutto ciò, l’accumularsi di questi rifiuti del sistema finiscono per generare un ragno gigante fatto di kebab che si muove per il mondo creando il caos. È una visione un po’ drammatica, ma vuole comunque dare l’idea che se non ti metti in riga come vogliono finirai in un futuro molto oscuro. Ma tanto ci finirai comunque.
Nell’ultima traccia, Negative Script, dici che non vuoi voltare pagina nel tuo racconto negativo. Significa che vuoi essere pessimista?
Vero, non riesco a immaginarmi la vita da ottimista e neanche voglio. Non voglio smettere di essere paranoico, non voglio ammettere che le cose vanno bene, non ci credo. Perché non è così. Ma c’è un equilibrio, sono comunque cresciuto fra persone negative e questo mi ha anche aiutato. L’importante è fare ironia.