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Snow Patrol: «C’è solo la musica per sopravvivere alla sregolatezza del mondo»

Gary Lightbody degli Snow Patrol ci ha messo 25 anni per capire che nella musica "Less is more". Un nuovo mondo si para davanti alla band britannica, che sarà al Fabrique di Milano l'11 febbraio.

Per Gary Lightbody degli Snow Patrol il mondo è un triangolo incastrato nel nord della Gran Bretagna che comprende Dublino, Glasgow e Belfast. Musica come senso di appartenenza, una cultura condivisa intrisa di melodia, locali pieni di birra e gente che si conosce, la sensazione di trovarsi sempre fuori posto lontano da lì, anche se da tempo Gary vive, scrive (colonne sonore per i film e singoli per Ed Sheeran, Taylor Wift e Biffy Clyro) e registra a Los Angeles.

Per questo il tour europeo di 14 date degli Snow Patrol che arriva a Milano lunedì 11 febbraio al Fabrique è partito da quelle parti: «A Belfast la metà dei nomi nella guest list erano miei parenti» ride Gary.

Il loro ultimo tour è stato nel 2012, dopo l’album Fallen Empires, quando gli Snow Patrol hanno deciso di fermarsi. Gary ha creato il progetto indie-country Tired Pony insieme a Peter Buck dei REM e Richard Colburn dei Belle and Sebastian, ma i suoi problemi sono iniziati quando ha smesso di vivere sul palco ed è ritornato a stare con sé stesso: depressione, alcol, casini personali che ha dovuto sconfiggere per «Ricominciare a comunicare con le persone. Ho pensato alla musica come un modo per sopravvivere alla sregolatezza del mondo».

Il risultato è il settimo disco degli Snow Patrol, Wildness, uscito nel 2018 e prodotto da Jacknife Lee: «L’uomo che Bono degli U2 chiama Yoda. È stato lui a farmi capire il potere che le canzoni acquistano quando vengono svuotate da ogni elemento e riportate alla loro essenza. Ci ho messo circa 25 anni di lavoro nella musica per capire che less is fuckin more».

Wildness è il disco di un trionfo sull’oscurità personale che inizia con la prima strofa raggelante del singolo Life on Earth “Non dovrebbe essere così fottutamente dura / Questa vita sulla terra”, ma non scivola mai in quella categoria “miserable” da cui tutte le band inglesi cercano di sfuggire, è un discorso aperto ed intimo su temi che in fondo ci riguardano tutti fatto da un ragazzo di talento («In realtà ne ho solo uno: scrivere i testi» dice di sé stesso) che forse è stato salvato proprio dalla sua naturale empatia e dal fatto di essere maledettamente simpatico e genuino.

«Ci conosciamo, vero? Eri con noi quella volta che abbiamo fatto due concerti al giorno in un fine settimana a Belfast, Dublino e Londra per lanciare un album?». Sì Gary, sono passati almeno dieci anni. «E’ stato molto divertente, mi ricordo quando abbiamo perso il treno alla stazione di Paddington».

Per gli Snow Patrol la sfida di questo nuovo tour è immaginare in una dimensione più vasta e coinvolgente le canzoni sottili e pazienti di Wildness, in cui Gary dice di aver provato «Ad arrivare a parti di me che non avevo mai raggiunto prima». I sette anni che ha impiegato a scriverle sono diventati un vantaggio: «In alcuni brani ho scritto il ritornello nel 2013 e le ho ultimate l’anno scorso. Il tempo ha espanso la nostra stessa idea di queste canzoni, gli ha dato una componente visiva oltre che sonora. Ingrandirle per suonarle dal vivo, aumentare le dimensioni in un certo senso le ha aperte ancora di più e le ha messe in ordine: non c’è più niente in mezzo tra il messaggio che hanno e le persone che le ascoltano» Per Life on Earth proietteranno immagini della terra prese dai satelliti della NASA: «E’ piuttosto epico, vogliamo impressionare il pubblico, fare arrivare un messaggio che in fondo è di pura gioia, è una celebrazione della vita stessa» dice Gary, «E dall’Italia manchiamo da troppo tempo per non provare a farlo».

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