Un’estate di fine anni ’90. Dopo qualche settimana di vacanza sull’Adriatico, stavo rientrando verso casa con mia madre, in un lungo tragitto in pullman che ci avrebbe occupati per più di otto ore. Nel walkman girava una cassetta che avevo comprato qualche giorno prima sulla riviera adriatica, per il mio undicesimo compleanno. Ricordo che, mentre il pullman passava dalla superstrada all’autostrada, nella luce del tramonto, la colonna sonora era Amor de mi vida dei Sottotono, in loop.
Visto che il brano parlava dell’affetto di un figlio verso la propria madre, costrinsi la mia ad ascoltare il tanto incompreso rap. Mia madre, quell’estate, aveva meno di quarant’anni. Le parole di Tormento, nel magone di fine vacanze, mi sembravano perfette, “oltre ad essere tuo figlio la cosa più bella è che ti assomiglio”. Mia madre, una persona che facilmente si scioglie per i gesti d’affetto, la ascoltò, si tolse le cuffiette e non disse nulla. Annoiata. Ci rimasi male. Mi ci volle del tempo, e questa conversazione illuminante con Tormento e Fish dei Sottotono per l’uscita di Originali, il loro primo lavoro dopo vent’anni, per capire il motivo: la musica rap, a fine anni ’90, non era vista come una cosa seria.
Vorrei raccontare la vostra storia partendo da quella che, per tanto tempo, è sembrata la fine di tutto. Il funesto 2001. Prima l’affaire sanremese, seguito a stretto giro dallo scioglimento. Oltretutto anche capisaldi della scena come Neffa, Fritz Da Cat e Fede dei Lyricalz (con voi in Area Cronica) lasciarono il rap in quel periodo. Cosa è successo in quegli anni? Cosa vi aveva portato a chiudere il progetto?
Fish: Avevamo già dato tutto ciò che potevamo dare. Andando avanti avremmo solo snaturato il progetto. Il pubblico e i media non avevano più voglia di sentire rap, che scomparì per riapparire solo nel 2004/2005 con Fabri Fibra e Mondo Marcio. Ma lì cambiò tutto: Fibra ebbe l’idea geniale di porsi come un ragazzo normale, lontano dai cliché americani. Un ragazzo di provincia, come noi, amante dell’hip hop. E da lì, insieme a tanti altri, sono riusciti a ricostruire quello che è ora l’hip hop italiano. Nel 2001/2002, al netto della questione di Sanremo che, secondo me, è oramai dimenticata, non c’era più interesse per l’hip hop. I media lo avevano abbandonato, lo consideravano musica da ragazzini, qualcosa di poco serio. E quando gli artisti hip hop vollero continuare a fare musica seria, i media decisero che non andavano bene per i loro spazi. Non c’era la cultura e, di conseguenza, tagliarono i ponti con chi voleva fare una bella musica rap, facendo passare solo chi era funzionale per quegli spazi. Se fossimo andati avanti avremmo snaturato ciò che avevamo creato con tanta passione.
Nel 2021 invece ci troviamo qui a Porta Venezia, a Milano, per il lancio del vostro primo lavoro assieme dopo vent’anni, Originali. Come mai ora? Cosa vi ha spinto a tornare assieme?
Tormento: Il panorama mondiale, sia relativo alla moda che alla musica, sta andando verso i ’90. Forse è un caso che anche noi ci siamo ritrovati qui oggi, ma mi pare che l’ispirazione si stia muovendo di nuovo in quella direzione. Miti come Bruno Mars e Anderson .Paak stanno riportando in auge quell’R&B su cui siamo cresciuti. È casuale, ma credo che tutto abbia un suo senso. Siamo tornati perché i tempi sembravano finalmente maturi.
E come è stato ritrovarsi in studio per pensare e lavorare a un nuovo disco?
Fish: C’è voluto un momento per studiarsi e capire cosa volevamo fare, non quello che potevamo fare, perché potevamo fare un sacco di cose differenti. Ci siamo detti: dobbiamo essere quelli che siamo, nonostante le nostre carriere soliste ci abbiano portato a sperimentare verso altre direzioni. Ci siamo guardati allo specchio e siamo stati onesti: abbiamo la nostra età, siamo bravi a fare una certa cosa e siamo conosciuti per questo, cerchiamo quindi di riproporre quella nostra musica in versione 2021.
Non a caso i brani che avete recuperato dal vostro catalogo e che sono stati riarrangiati per questo disco hanno 2021 nel titolo, come a sottolineare questo legame stretto con il presente. Come è stato rimettere mano su queste canzoni storiche?
Tormento: È stata la cosa più difficile. C’era voglia di farle scoprire ai più giovani e rendere omaggio a brani che dopo tanti anni sono ancora nel cuore di molte persone. A chi piacciono le versioni originali, quelle restano, sono sempre lì, ma vedere come alcuni si gasano quando Marracash entra nella nuova versione di Solo lei ha quel che voglio mi fa capire che c’era voglia di ascoltarle anche in altre forme. Non credo che avremmo potuto riproporre questi brani, in questo modo, qualche anno fa. Come dicevo prima, ora c’è un ritorno alle origini del suono.
Tiziano Ferro, Marracash, Gué Pequeno, Fabri Fibra, Elodie, Mahmood, Coez, Luchè, CoCo, Emis Killa, Jake La Furia, Stash. E una strofa postuma di Primo che farà scendere un po’ di lacrime d’amore a chi ama il rap. Come sono nate queste collaborazioni?
Fish: Tutto è partito con Dimmi di sbagliato che c’è 2021 con Elodie. Io ho prodotto due brani del suo disco. Sapevamo che era gran fan dei Sottotono e che voleva fare una versione di questo brano. Da lì abbiamo timidamente iniziato a far sapere che stavamo riaprendo quei brani e gli ospiti hanno scelto da sé in quale pezzo inserirsi.
Mi sembra che questo ritorno porti in sé la chiusura di alcuni cerchi. Da un lato penso alla parabola di Tiziano Ferro, da vostro corista a star internazionale, ora è qui con voi in Solo lei ha quel che voglio 2021. O al fatto che, tra gli inediti del disco, ci sia Ti bacio ancora mentre dormi, il brano che tu Torme hai dedicato a tuo figlio e che simbolicamente chiude il cerchio con Amor de mi vida, che da figlio dedicavi a tua madre.
Tormento: È vero. Ritrovare Tiziano come artista internazionale non solo nei risultati, ma nel modo di lavoro è stupendo. Ed è stato bello vedere crescere Marra e Gué, che abbiamo conosciuto giovani tra il pubblico dei nostri concerti. Con questo lavoro ci siamo scavati dentro per ritrovare la foga che avevamo in passato. Spesso l’esperienza che fai nella musica ti porta a guardare il futuro, ma questa volta il nostro obiettivo è stato tornare indietro e potenziare il suono che avevamo nei ’90. È stata una bella sfida.
Per vent’anni avete portato avanti carriere soliste. Cosa è cambiato dall’ultima volta che avete vestito i panni dei Sottotono?
Fish: Sicuramente è cambiato il mondo e il modo di fruire la musica. È cambiato l’atteggiamento degli artisti verso la musica. Nonostante noi nei ’90 fossimo molto attenti all’immagine, la componente estetica rimaneva comunque una piccola parte rispetto alla componente musicale. Adesso mi sembra che il bilanciamento tra musica e immagine sia molto più impari a favore di quest’ultima. Per via dei social, gli artisti più giovani sono molto attenti al proprio posizionamento e forse dedicano un po’ meno tempo alla musica. Noi invece vogliamo riportare l’attenzione sulla musica.
Quale pensi sia il vostro pubblico oggi? Pensi che un progetto come Sottotono possa far breccia nei più giovani o siete più direzionati verso ascoltatori più maturi?
Tormento: Nonostante il dominio della trap, penso che per i più giovani possiamo essere un’alternativa. Non è detto che la trap piaccia a tutti. C’è di certo chi vuole riscoprire le origini dell’hip hop. D’altra parte vogliamo dare uno scossone a quelli della nostra età perché abbiamo visto che anche a loro mancava qualcosa che li rappresentasse. La scena musicale italiana è ampissima e varia, non è che senza noi non ci sarebbe scelta, ma il riscontro che abbiamo ricevuto per Mastroianni, il primo inedito estratto dal disco, è un segnale che la nostra musica era una piccola chicca che mancava. Speriamo di spingere la gente ai concerti perché troppo spesso oggi, soprattutto nella trap, si vivono poco i concerti rispetto allo streaming. Vogliamo far tornare questa voglia di andare ai concerti per godersela e divertirsi.
Qualche giorno fa ho avuto una conversazione con Amir, un altro rapper reduce di quegli anni, che mi raccontava come a un certo punto della sua carriera si sia trovato di fronte a una scelta: inseguire le nuove wave dei più giovani o accettare la sua età e costruire qualcos’altro di proprio. Riunendo i Sottotono vi siete trovanti di fronte a questo bivio?
Fish: Ci sono dei gruppi rap che sono maturati riuscendo a mantenere una propria nicchia. Noi siamo il primo gruppo che fa qualcosa per la gente della propria età. Qui in Italia può sembrare una cosa strana, ma è quello che fa Jay-Z negli States, un rap maturo, ma aperto a tutte le età. Quando cresci ti perdi il rap e vai verso altri generi musicali, proprio perché non c’è un’offerta da parte di chi il rap lo fa. Questo è perché gli artisti più invecchiano più provano ad attaccarsi a ciò che fanno i giovani per rimanere in auge. Se tu sei consapevole della tua età, devi comportarti e produrre per quello che sei.
Torme, visto la maglietta che stai indossando, non posso farti che questa domanda: cosa è stata per voi l’Area Cronica?
Tormento: Io posso raccontarti il lato del divertimento perché per il resto c’era Fish che teneva le fila.
Fish: Il che è tutto un dire (ride).
Tormento: Abitando in casa con i Lyricalz era una festa continua, un momento creativo continuo. Avevamo gusti musicali rap molto differenti, io ero West Coast, loro spingevano il suono del Queensbridge di Nas, Lil’ Kim, la Bad Boy Records. È stato uno scambio che ha permesso la nascita di un disco come Sotto effetto stono con brani quali Quei bravi ragazzi o Ianglediz, che invece si rifaceva al lato OTR e Bassi Maestro. Tutto il mondo sonoro di quel disco era frutto dell’universo rap che ruotava attorno a noi. Tagliati fuori dai grandi centri cittadini, c’eravamo creati una visione tutta nostra.
Fish: Area Cronica è stata la prima esperienza di etichetta rap italiana gestita da artisti. Il grosso problema degli anni ’90 è che per andare bene dovevi passare in radio. Noi non eravamo ancora pronti a gestire un’etichetta. Avevamo dei parametri di spesa fuori controllo rispetto ai guadagni perché come Sottotono eravamo sotto contratto con una major e per fare un video per gli artisti dell’Area Cronica spendevamo quanto spendeva la Warner per noi. Però purtroppo con AC non rientravamo dei soldi come accadeva alla Warner con i Sottotono. È stata una bella lezione di vita. Per aprire un’etichetta devi essere un imprenditore, non un artista. E noi non eravamo pronti, eravamo troppo amanti della bella musica.
Il titolo del disco è Originali, ma mi sembra più giusto riferirmi a voi come originators, per utilizzare un termine caro a Jaz-O e Jay-Z. Siete stati tra i primi in Italia ad avere un suono così peculiare, a mischiare rap e cantato in un periodo in cui il cantato nel rap era visto come qualcosa di svenduto e impuro, ad aprire un’etichetta indipendente. Voi vi sentite originators?
Tormento: Originali, ma anche un po’ originators. Ai tempi saltammo fuori dalla mischia perché eravamo originali rispetto alla scena italiana rap del periodo. In un momento storico come quello attuale, dove la musica tende a seguire il trend, chiamare un disco Originali voleva anche essere una piccola provocazione. È uno stimolo a non essere follower, ma ad esprimere se stessi: solo così ti puoi far notare. D’altro lato sì, siamo stati originators di un suono, una formula che – per assurdo – ora è il must per la hit ideale. A noi veniva naturale, ascoltavamo Snoop Dogg!
Fish: Nei ’90 i brani erano costruiti su ritornelli cantati spesso da altri, da coriste della musica italiana, e strofe rap senza senso. Torme invece mischiava perfettamente rap e cantato, era imprevedibile.
Essere originali è ancora un valore per le nuove generazioni di artisti e artiste?
Fish: Tutti dicono «dovete fare la vostra cosa, essere originali» e poi sono tutti uguali e fanno la stessa identica cosa. Essere originali significa rischiare. Quanta voglia hanno i ragazzi di rischiare? Molto poca. Noi forse siam fin troppo volenterosi e amanti del rischio, le nostre carriere soliste sono fuori dal comune, quando invece potevamo limitarci a fare pezzoni per la radio. Ma non ci basta. Devi essere stimolato per far musica, non puoi fare il compito. Personalmente ogni volta che ho provato a fare il compitino è andata male. Allora ho smesso e ora faccio solo più quello che mi piace. Noi siamo fortunati perché possiamo fare musica come lavoro: perché non sfruttare questa libertà? I più giovani invece vogliono arrivare a uno standard musicale, prendendo spunto dai propri coetanei di successo, senza però comprendere che quando arriveranno a quelli standard, gli altri si saranno mossi altrove e staranno già facendo altra roba. Forse è meglio cercare di essere se stessi, no? Una persona ti compra un disco perché magari si immedesima in te. Se io devo comprare il disco della copia della copia della copia, forse è meglio che vada dritto all’originale.
Penso questo dipenda anche dalla mancanza di cultura e immaginazione. La vostra generazione doveva colmare certi vuoti con l’immaginazione. Ascoltavate Snoop Dogg, ma dovevate immaginare chi era Snoop, come viveva Snoop fuori dai dischi. Se ora i ragazzi hanno come idolo un artista che possono seguire giorno e notte sui social, non hanno vuoti da colmare con uno sforzo creativo. Questo appiattisce le possibilità. Non pensate manchi una certa ricerca?
Tormento: La ricerca è uno sbattimento che fai per imparare. Andare al di là di quello che ti sta sotto gli occhi tutto il giorno. Noi abbiamo avuto un successo da giovanissimi, come se avessimo fatto un corso accelerato di professionalità perché ci siamo trovati in studi pazzeschi con attrezzature incredibili: era una situazione top level. Capisco che per noi, che abbiamo vissuto quello, veder altre strade è stato più semplice. Certo, quando sei dentro tutto questo non te ne rendi conto e non te la riesci a godere. Hai troppi impegni e le persone si avvicinano perché vogliono qualcosa da te. Ma proprio quel grande successo mi ha dato una libertà immensa quando ho iniziato un progetto come Yoshi con cui non avevo smania e aspettativa di fare dischi di platino. Il problema di quando arrivi al successo, di quando un pezzo ha successo, è che poi devi farne un altro, e dopo un altro ancora. Diventa un inseguimento, una lotteria, non è più il succo della musica.
Cos’è questo ritorno per voi? Un punto finale, un punto di ripartenza, altro?
Tormento: Noi facciamo quello che ci sentiamo, che ci piace, non stiamo a farci paranoie su cosa si aspettano gli altri da noi. Abbiamo entrambi delle carriere soliste molto dense e non sappiamo come il progetto Sottotono le influenzerà. Ora ci stiamo godendo il momento. Questo progetto arricchisce la nostra carriera artistica.
Fish: La gioia è stata portare a termine un progetto del genere. Al netto dei risultati e di quello che sarà, è stato un lavoro lungo, ma la gioia di portarlo a termine è immensa e vale più di ogni disco d’oro.
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