Il primo messaggio di buon anno che ricevo recita “Matteo tantissimi auguri! So che non bevi tanto ma stasera provaci”. Il mittente è Speranza e, giusto per chiarire, non bevo troppo perché il 22 dicembre pomeriggio ho accettato soltanto una Peroni, senza fare il bis.
Il 22 dicembre fisso un appuntamento con Speranza a Caserta, prima di cena. In serata sarebbe dovuto andare ad Avellino, al Tilt, dove ha in programma un concerto con parecchi amici. L’organizzazione della trasferta non è facile e coinvolge diverse persone, tra cui Rafilu, il suo manager tuttofare, in tuta Givova, e Masamasa, altro artista della zona casertana. Si scambiano numeri di chi può dare un passaggio a chi, tra neopatentati e gente che si tira indietro all’ultimo.
Alle 18 mi arriva una “posizione” su Whatsapp, indica un posto in via San Carlo, vicino al centro della città. Lo raggiungo e mi appare chiaro che la posizione è quella della “Stanzetta”, il locale/circolo aperto da un amico di lungo corso che fa un po’ da base operativa di Speranza (è quello che si vede nel video di Chiavt a mammt), un po’ da rifugio, un po’ da rifornimento perenne di Peroni. Lo chiamo quando arrivo davanti, visto che il cartello recita chiaramente “Vietato l’ingresso ai soci” e non ci sono insegne fuori. Anche guardare dentro non è possibile: sono stati messi subito dietro la porta due pannelli bianchi, non si può vedere cosa succede. «Ho dovuto metterli per privacy», dice Speranza, aprendo la porta della Stanzetta e dandomi due baci.
Da poche ore è uscito il video di Sirene, il nuovo singolo ufficiale. Sta andando bene, ma pare che un altro profilo abbia caricato il video pari pari, con un audio peggiore. «Nel tuo tanto c’è scritto SperanzaOfficial, cioè, si capisce che non è il tuo profilo», dice un amico. Insomma, storie di gestione home made. Se c’è una cosa bella di Speranza è questa, la linea. Puro, sempre. Zero Instagram stories di gioielli, piuttosto di brindisi in macchina con i suoi fratelli francesi e di chissà quale altra nazionalità. Niente bottiglie sul palco, ma pacchi di Tavernello rosso. Niente uffici di ricevimento, ma la stanzetta. Un paio di ragazzini urlano “Spall a sott” in strada. Dentro, due bottiglie di Peroni su un tavolino.
Come sta andando il video?
Bene, in qualche ora siamo quasi a 10mila.
Stai andando bene con i numeri…
Stanno crescendo un sacco. Anche l’intervista video che è uscita è servita come spinta.
Ti aspettavi qualcosa?
No, non mi aspetto mai niente. Mi cade tutto addosso così. Ben venga, però. Non ci credo mai, questo è il mio motto: “Non crederci”. Le cose poi succedono da sole.
Beh, ne stanno succedendo, no? Anche un sacco di rapper ti stanno supportando.
La considerazione, fra’, è una cosa che non viene data a tutti. Apprezzano questa cosa che sto portando, mi piace essere considerato, anche gente big, come Tedua, Izi, hanno fatto delle Stories per supportarmi (Gué lo farà il 25 dicembre, Jake La Furia a inizio 2019, nda). Vorrei fare migliaia di nomi… Forse ho più fan rapper che fan veri.
“L’MC preferito dal tuo MC preferito”. Secondo te perché si sono accorti di te?
A mio parere è perché sto portando una mentalità francese nel rap. Tutti i mascì la stanno cercando in Italia, ma non esiste ancora. Sono cresciuto in Francia, lì si vive con il rap, è oltre la musica. È uno stile di vita proprio. Mi batto sempre per questo, credo che il rap in Italia dovrebbe essere fatto da gente del rione, più che da chi si sveglia e decide di fare musica. È qualcosa che manca, si stanno facendo dei passi avanti.
Ascolti altro, oltre al rap francese?
Di italiano ascolto quasi tutto. Può essere anche un altro stile, ogni cosa che riesco a percepire, va bene, è giusto ascoltarla.
Quando hai iniziato a fare rap?
Io ho iniziato in Francia, fin da piccolo. Non è che cantavo “Siete tutti pezzi di merda” a 11 anni, ma già rappavo. Poi ci sono stati dei periodi brutti, mi sono fermato. Alla fine non mi fregava più di tanto, non cercavo il successo, ma non ho visto molta considerazione attorno. Lo prendevo come un divertimento, poi sono passato alla mia vita tragica.
Hai ricominciato dopo?
Sai con tutta questa scena nuova, mi sono identificato di più. Ho visto i tempi cambiare, ho visto uno stile nuovo, riesco veramente a dire quello che voglio comunicare ora.
Tocchi tanti temi caldi nelle tue canzoni…
Se dici una cosa che tratta un tema tabù, la gente crea un dialogo, inizia a parlarne, inizia ad affrontare questi temi.
Parli anche di religione, in Spall a sott…
La religione mi serve in tutto, se non avessi un punto di riflessione teologica mi sarei già suicidato. Non per depressione eh, sia chiaro. Quando ho un problema nella vita penso che sia voluto da Dio, magari qualcosa che mi sono meritato. Non c’è problema, mi aiuta a stringere i denti. Sono contento di avere questa fiamma spirituale dentro.
Non è una cosa comune tra i giovani.
Al sud Italia molto di più, anche se è più scaramantico che profondo, lo fanno per superstizione. Sarebbe una cosa da combattere.
Con la politica come sei messo? Hai qualche rapporto? Ti fidi di qualcuno?
Zero, nessun rapporto. Fino a quando le istituzioni ci faranno soffrire saremo sempre contro. Cerco di parlare dei problemi della città, c’è gente buttata in delle topaie, a nessuno non frega nulla. Non ci sarà mai un riavvicinamento, che ti devo dire… Ascoltano, prendono appunti, poi vanno a dormire nell’hotel a 5 stelle. Non voglio fare il criticone, ma la realtà è questa. Verranno mai sul campo a cambiare le cose? È un’utopia.
Tu sei nato in Francia, tornato qui…
Sì, ho fatto un po’ di avanti e indietro. Ora sto qui da cinque anni. Mia mamma sta ancora in Francia.
Perché sei arrivato a Caserta?
Il mio rione è stato per anni il più povero della Francia. Non so chi ci abbia rubato il posto ora. Era un posto brutto, vai via per disperazione. Quando vedi i tuoi amici che stanno da 15 anni allo stesso portone a vendere la stessa roba, a fare le stesse cose, capisci che non c’è evoluzione. Ti chiedi se devi fare quella fine anche tu. Io provo a fare la mia vita, per questo credo che chi voglia uscire da un ghetto debba puntare su se stesso.
E a Caserta come stai?
È più sereno, è una città vera, ti senti meno emarginato. Ci sono dei problemi a Caserta, ma c’è un approccio diverso… Adesso non posso uscire di casa.
Perché?
Ti giuro, mi devo chiudere qui. Mi fermano tutti, mi chiedono una foto. E io non dico mai no. I casertani per prima cosa, fra’. Portiamo tutti avanti questa città, puoi stare pure chien ‘e problem ma una foto, un abbraccio, te lo dò sempre.
Ti conosce tanta gente allora?
I ragazzini sempre, ma c’è anche parecchia gente di strada. Vado dal salumiere e mi dice che ha sentito le mie cose. Gente che non ti aspetteresti, è molto bello per me.
Negli ultimi anni sono esplose parecchie cose attorno a Napoli, da Liberato in avanti. Ti è servito questo, in qualche modo?
Non mi ha aiutato per niente. È un fenomeno che è stato vissuto principalmente a Napoli, io sono stato capito prima a Milano.
Perché dici così?
Forse è più vicina alla Francia, è un po’ più aperta, ha più influenze dall’estero. Sono contento, per Caserta però. Caserta non esisteva, Napoli, Salerno sì, Caserta no. Adesso se qualcuno ne parla, sono contento.
Anche perché coinvolgi tantissima gente, tanti tuoi amici…
Non avrebbero mai partecipato a un video rap. Invece ci sono tutti, siamo amici, chiamo mio cugino, quello con la moto, quello con il cane… Non c’è invidia, non c’è nulla. Nessuno ha mai parlato di loro, nemmeno a Caserta. È un’occasione per tutti.
E il Tavernello?
Fra’, faccio il muratore, il Tavernello fa parte della mia vita. A mezzogiorno bevo o quello o la Peroni, mica lo spumante. Mi criticheranno i migliori sommelier. Non è una trashata, non è fatto apposta, sono fatto così.
Secondo te lo capiscono anche a Milano?
Se vengo apprezzato vuol dire che ci credono, che hanno capito.