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Stevie Nicks: «Parlando con Harry Styles ho capito che noi musicisti siamo fottuti»

La cantante dei Fleetwood Mac parla del film dedicato agli show del 2017, dell'amicizia con Prince, dell'importanza di condividere storie. E della pandemia: «La magia tornerà»

Foto: Rich Fury/Getty Images for iHeartMedia

In un’altra vita, Stevie Nicks si sarebbe occupata di film di concerti. «Penso di essere molto brava», mi dice un venerdì sera, parlando dalla sua abitazione a Los Angeles. Il suo cane Lily cerca di attirarne l’attenzione con un giocattolo, mentre Nicks parla della sua seconda vita. «Posso dirlo solo di poche cose».

Ha un sacco d’esperienza in materia avendo lavorato a stretto contatto con il regista Joe Thomas per i film dei concerti di Fleetwood Mac (Live in Boston del 2004), del suo amico Tom Petty (Live from Gainesville del 2006) e più di recente per il suo Stevie Nicks 24 Karat Gold Concert Film che è stato registrato durante le date del suo tour del 2017 a Indianapolis e Pittsburgh. Il set comprende classici di Nicks solista e dei Fleetwood Mac, oltre a pezzi dal suo album del 2014 24 Karat Gold: Songs From the Vault. Per i fan della musica a cui mancano disperatamente i concerti, il film racchiude perfettamente la magia che solo Nicks sa creare.

Mettere insieme questo progetto insieme a Thomas è stata una della due cose che Nicks ha fatto durante la pandemia (l’altra è la nuova canzone Show Them the Way). A maggio è partita da Chicago insieme al suo assistente su un «aereo privato sanificato» e ha vissuto in una casa su un campo da golf in cui non entrava nessuno da prima del lockdown. Nicks andava nello studio di Thomas, con la mascherina come tutti («mi sentivo in prigione, ma adoro le mascherine, mi fanno sentire protetta») e si metteva al lavoro, guardando e catalogando diligentemente i video registrati da 12 camere durante i concerti nelle due città.

«Sono stata il secondo editor. Il fatto è che se non mi piaceva un’inquadratura, non entrava nel prodotto finito». Ha imparato, come ha imparato nelle esperienze precedenti, che gli uomini vedono le donne in modo diverso. «Vogliono vederci un po’ incasinate, un po’ fuori posto. E tu gli dici, “No, quest’inquadratura è orribile”».

Il processo è stato noioso, ma alla fine ha pagato. Ci sono piccole cose che solo Nicks era in grado di vedere e che rendono il film speciale. «Ho trovato inquadrature a cui nessuno altro avrebbe pensato», spiega, citandone una in cui una camera è puntata sulla spalla del suo batterista. «C’è quest’immagine stupenda di me e Waddy [Wachtel, il suo storico direttore musicale e chitarrista] in piedi che ci guardiamo negli occhi. Waddy mi sorride lentamente e si capisce il rapporto che abbiamo dalla prima volta che ci siamo incontrati nel 1971».

Le parti meno divertenti riguardano i 46 minuti di storytelling, la maggior parte dei quali servono a contestualizzare le canzoni che stava presentando durante il tour e a ricordare il suo amico Prince, con cui aveva lavorato per Stand Back. Nicks ammette che quando si ritrova a raccontare una bella storia le viene fuori il suo essere californiana, «parlo al pubblico come se li conoscessi da 50 anni e fossimo nella mia camera», spiega, «quindi mi guardo raccontare queste storie e penso che devo togliere tutto perché è una palla».

Ci sono state molte storie che ha dovuto tagliare anche durante il tour perché sarebbero state troppo marginali anche per i suoi standard. Ride raccontando una delle storie preferite a proposito di Prince, una che non ha raccontato durante il tour. Lui la va a prendere dopo un concerto dei Fleetwood Mac a Minneapolis con la sua Camaro viola e guida per un’ora per portarla a casa sua.

«Arriviamo, ci mettiamo a lavorare su una canzone per tutta la notte e per un pelo riesce a portarmi in tempo all’aeroporto, proprio sulla pista, alle 14:20 del giorno dopo», racconta. La canzone non è mai stata registrata o pubblicata, non ancora. «Ma se racconto quella storia, tutti nel pubblico diranno “Wow, incredibile. Suonaci quella canzone”. Che è esattamente quello che succederebbe se stessimo seduti nel mio salotto con la chitarra, o al piano, e ci fossero un paio dei miei migliori amici».

Le storie di Nicks sono diventate un po’ più lunghe a ogni serata del tour, soprattuto perché il pubblico ne era entusiasta. A nessuno ha dato fastidio che dal set fossero state tolte un bel po’ delle sue hit per fare spazio ai brani di 24 Karat Gold, tutti scritti tra il 1969 e il 1987. «Ho il diritto, a 72 anni, di suonare alcune canzoni che sono state scritte esattamente nello stesso periodo delle altre», dice. «E tutti mi hanno supportata in questo».

Ovviamente, i concerti in sé sono stati la parte più facile da montare. Nicks fa i complimenti alla regia di Wachtel, che «guida la band come se guidasse una Maserati», e il cantato di Nicks insieme alle seconde voci Sharon Celani e Marilyn Martin era impeccabile. Alcuni errori del concerto di Indianapolis sono stati corretti ora del concerto di Pittsburgh.

«Sapevamo che la seconda serata sarebbe andata bene», racconta. «Abbiamo tutti fatto un respiro profondo e capito che non dovevamo fare errori. Abbiamo suonato come se suonassimo insieme da mille anni, anche perché in effetti suoniamo insieme da mille anni».

Tornare ai concerti del 2017 è stata una benedizione per la star, che in questo periodo come tutti è costretta a stare in casa. Stava già pensando di prendersi l’anno per rifiatare dopo il lavoro solista e per i Fleetwood Mac, per lavorare finalmente una miniserie basata sulla sua canzone Rhiannon, che si ispira a una strega della mitologia gallese con lo stesso nome. Dopo una conversazione con il suo amico e fan Harry Styles a febbraio, ha cominciato a sentire il peso della situazione.

«Mi ha detto: “Non penso che torneremo sul palco prima della fine del 2021, Stevie”. E io ho pensato, “Oddio, questo ragazzo così giovane mi sta dicendo questa cosa così saggia”. È stata quella telefonata tra me, che ho più di 70 anni, e quell’artista fantastico che ne ha una ventina che mi ha fatto capire che noi musicisti siamo fottuti. La vita che facevamo è finita».

Nicks è realista e sa che è assolutamente impossibile tornare sul palco mettendo i fan in pericolo prima che la pandemia sia sotto controllo. «Il problema è che tutti speriamo che arrivi qualche cosa di magico e metta tutto a posto, il presidente pensa che succerà, ma non è così che andrà. Lo sappiamo. Resta da capire che fare nel frattempo».

Nicks riesce a rendere le cose migliori, che lo voglia o meno. Per un motivo che si può solo attribuire al destino e alla sua capacità di predire il futuro, la sua canzone Dreams per i Fleetwood Mac ha conosciuto una seconda vita durante la pandemia. Il brano è finito ovunque su TikTok fin dalla primavera, aiutando Rumours a ottenere una bella spinta nelle classifiche. Mentre parlavamo al telefono, la canzone ha conosciuto un nuovo apice di popolarità quando il tiktoker Nathan Apodaca è diventato virale con un video in cui va in skateboard, breve succo di lampone e canta Dreams. Tutti, dal compagno di band Mick Fleetwood a Shakira, hanno ripreso la canzone e Nicks si è persino iscritta a TikTok per fare la sua versione. Mentre si prepara a pubblicare un film di un suo concerto costruito intorno al desiderio di raccontare e celebrare le storie del passato, una canzone vecchia di 43 anni ha ripreso vita. Fuori dalla sua musica, anche le lettere d’amore per i suoi fan che ha condiviso sui social si sono diffuse ovunque, un’altra scintilla di bellezza e speranza che solo lei è in grado di dare.

«Questa è la cosa più vicina a un grande concerto che si possa vedere», dice del suo film. «Puoi sentirne la magia. Sapendo che un giorno, quando sarà tutto sotto controllo, la magia tornerà. Perché torna sempre».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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