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Stevie Nicks: «Tom Petty avrebbe passato la quarantena in studio, immerso nella musica»


La cantante racconta come passa il tempo, l’ossessione per Harry Styles, la chat di gruppo dei Fleetwood Mac e che cosa farà con le poesie che ha accumulato negli ultimi 30 anni

Foto: Evan Agostini/Invision/AP/Shutterstock

Stevie Nicks aveva messo in conto che il 2020 sarebbe stato un anno tranquillo, ma non così tranquillo. Combatte contro il virus di Epstein-Barr da gennaio, e da settimane è al sicuro in isolamento in una delle sue case in California con tre amici e il cane Lily. Quando le abbiamo telefonato, qualche giorno fa, era di buonumore e ci ha raccontato come sta passando il periodo di quarantena. «Sto cominciando a capire che cosa hanno passato i miei genitori durante la Seconda guerra mondiale. Pensi a tutte le cose che sono successe e che hanno rivoluzionato la vita delle persone».

Come fai a mantenere il controllo delle emozioni in un momento del genere? 

Avevo già deciso di prendermi un anno di pausa. Siamo stati in tour, in un modo o nell’altro, da sola o con i Fleetwood Mac, praticamente dal 2009. Nel 2016 mi sono fermata per sette mesi. È l’unica vacanza che ho fatto e comunque in quel periodo non ho fatto altro che lavorare a casa. Da allora sono sempre stata in tour. Per questo, l’anno scorso ho proposto a tutti una pausa dopo il tour dei Fleetwood Mac. Volevo lavorare al mio libro/film Rhiannon (basato sul mito gallese che ha ispirato la canzone, nda) e collaborare con diversi produttori… non so cosa voglio fare! L’unica cosa che so è che non voglio andare in tour. Penso che per me questo momento non sia così difficile come per chi ha una band che doveva partire in tour e per chi era in sala prove a prepararsi.

Come passi le giornate?
Sono davvero stanca di questa situazione. Non vado a dormire prima delle 6 o 7 del mattino perché non riesco più ad addormentarmi. Alle 2 del pomeriggio qualcuno viene a svegliarmi. Ci metto più di un’ora a uscire dal letto perché non dormo abbastanza, poi vado in salotto e guardo i notiziari alla TV. Guardo anche New Amsterdam (la serie di NBC), che adoro e mi ispira molto. Potrei scrivere un intero album basato su New Amsterdam.

Poi ci sono tutte le poesie di Rhiannon che ho scritto negli ultimi 30 anni e che ho tenuto da parte. Penso: “Beh, ho tanto tempo libero e tutto quello che mi serve per registrare”. Penso che dovrei iniziare a farlo. Vorrei mettere in musica queste belle poesie, e so che posso farlo. Insomma, è nella mia lista di cose da fare. Io e i miei tre coinquilini ci ridiamo su, perché in fondo non importa se vai a dormire alle 7 del mattino! Non ho niente che mi impedisca di svegliarmi alle 5 del pomeriggio, perché non devo andare da nessuna parte.

A meno che non ci siano figli a cui badare, l’unica cosa che abbiamo, durante la quarantena, è il tempo. Davvero, puoi fare tutto quello che sognavi di fare per tutta la vita. È così che cerco di guardare le cose.

Sembra che tu non sia abituata ad avere tanto tempo libero…
Sì, è come se il mio cervello non riuscisse a capire che non c’è un tour in programma. Il cervello mi dice: ok, non sei in tour e non fai nemmeno le prove. Non succederà a breve. Mi infastidisce, mi sento come se dovessi prepararmi per fare qualcosa. Ma non è così. Quindi, insomma, mi chiedo cosa ci sia di sbagliato. Non mi è mai successa una cosa simile. Di solito, quando finisco un tour di un progetto, il telefono squilla con un’altra proposta: “Oh, sei pronta a fare un nuovo show, a mettere in piedi qualcosa di figo?”. Dovevo prendermi quest’anno per organizzare il film, registrare qualcosa e incontrare nuova gente. E beh, non incontrerò nessuno, perché non posso uscire di casa. Quindi restano il cane e i miei tre amici.

Volevo chiederti che musica ascolti durante l’isolamento, ma so che la risposta è Fine Line di Harry Styles.
Sì, mi ricorda l’estate in cui ascoltavo ininterrottamente il primo album di Crosby, Stills and Nash. Mi sono sentita così anche quando è uscito Court and Spark di Joni Mitchell, ho ascoltato solo quello per sei mesi. Harry racconta molte esperienze che ho vissuto anche io, e lo fa meravigliosamente. Mi riporta indietro nel tempo, fa tornare alla mente ricordi che amo e anche quelli che non amo. Ascoltare il disco di un ventenne che dice cose che io non sono riuscita a dire è sconvolgente.

Cosa vorresti dire ai tuoi fan? 

Dobbiamo credere che tutto questo passerà, giusto? Dobbiamo credere che il governo, a un certo punto, cambierà atteggiamento e farà la cosa giusta. Ogni giorno sto male per questo. Ho un’amica che mi dice, tutte le volte che ci salutiamo: “Ring of angels”. Vorrei fare la stessa cosa con tutti. Ci sono angeli intorno a noi. Tutti devono restare al sicuro. E ora come ora mi sembra che il governo non sappia cosa sta facendo. E nessuno è sulla stessa lunghezza d’onda. Mi spaventa.

Questo è un momento in cui bisogna camminare in punta di piedi. È l’unica cosa che possiamo fare per superarlo. Altrimenti continuerà a tornare. Riapparirà. E tutte le volte che qualcuno dice: “Oh, la situazione è migliorata, possiamo andare a giocare in spiaggia”, dovremmo rispondere: “No, non puoi”. Altrimenti boom, il virus tornerà. È così che andranno le cose. Vorrei che tutti ci pensassero seriamente. Vorrei anche che guardassero film, leggessero libri, facessero esercizio. Restate in salute. Non diventate invalidi. Credo sia davvero semplice lasciarsi andare e non fare nulla. Bisogna andare avanti, in qualche modo, anche facendo esercizio in salotto o cose del genere.

Hai parlato con gli altri della band? 

Sì, abbiamo una sorta di conferenza. Non posso dirti come si chiama, ma ci scambiamo continuamente messaggi.

Una chat di gruppo dei Fleetwood Mac!
Sì! Se scrivo a Christine, arriva a tutti. Siamo sempre in contatto. Mick è tornato a Maui. Ama quell’isola, è felice lì. Parlo anche con Waddy. Mi scrive ogni due giorni per dire: “Beh, questa situazione fa schifo”.

Continuo a pensare a come avrebbero reagito i grandi che abbiamo perso, come il tuo amico Tom Petty. 

Tom aveva uno studio in casa. Credo che si sarebbe seppellito lì a scrivere canzoni. E Michael Campbell gli avrebbe mandato roba attraverso internet. Sì. Non era solo Tom Petty, il cantante e autore, ma anche un ingegnere del suono.

Sembra che tu voglia fare la stessa cosa…
Sì, assolutamente. Voglio rileggere i miei diari del 2004 e recuperare quella che considero grande poesia. Potrei anche non scrivere più, perché ho accumulato tantissime poesie. Abbastanza da scrivere un grosso libro, se volessi. Appena ritroverò un po’ di energia, è quello che farò. E tutti quelli che abitano con me continuano a ripetermi: “Andiamo di sotto e registriamo, andiamo al pianoforte!”. Io penso, beh, è bello che diciate “andiamo”, ma non è una cosa che si fa tutti insieme (Ride). Non posso sedermi al pianoforte e dire: “Canzone in arrivo!”. Devo pensarci un po’, sperimentare. Sto cercando di farlo.

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