Syria scherza mentre proviamo a ripercorrere i primi vent’anni della sua carriera: «Non mi sono fatta mancare niente». Se c’è una cosa a cui ci ha abituati, è proprio a non abituarci. Dopo un rassicurante esordio da promessa sanremese, ogni sua uscita è un mondo a sé: va dove la portano l’umore, gli ascolti e le influenze del momento.
E il futuro promette di essere ancora più eclettico («Sto lavorando a un tributo a Gabriella Ferri», ci racconta). Il riassunto perfetto di questo gioioso caos è la raccolta 10 + 10, nata da un concerto-evento dell’anno scorso, che propone i suoi grandi successi suonati con un’orchestra di 60 elementi, più alcuni inediti. Tra cui anche la contagiosa Io te Francesca e Davide, in origine un brano del 1998 di Ambra Angiolini, che duetta con lei.
Perché rinnovarsi a ogni album?
Quando sei un’interprete pura e non scrivi canzoni tue, avere la libertà di scegliere una nuova veste a ogni disco ti aiuta a vivere la musica a 360°.
Qualche canzone, però, l’hai scritta.
Ci ho provato, ma preferisco lasciarlo fare a chi ha davvero talento. Non è un sacrificio, però. Adoro mettermi al servizio di grandi autori: come per gli inediti di 10 + 10, scritti da Giuliano Sangiorgi, Colapesce, Il Cile, molto diversi tra di loro. Il resto dell’album ha un sound più omogeneo, essendo arrangiato per orchestra. Sono tornata alle mie origini sanremesi, in un certo senso.
Il tuo debutto risale a metà anni ’90, un periodo della musica leggera italiana che il pubblico sta rivalutando molto…
È una cosa ciclica, è normale riscoprire il passato. Dà la possibilità anche ai più giovani di appassionarsi a ciò che non hanno vissuto.
Anche a pezzi come Io Te Francesca e Davide?
La adoro. Avrei voluto utilizzarla per il mio progetto elettronico, Airys – che è in pausa da qualche anno ma tornerà presto – ma ho capito che non volevo più aspettare, così ho proposto ad Ambra di giocare con me. È sempre stato un brano incompreso, ancora oggi le radio non lo passano volentieri. Pensano che abbia un che di torbido, addirittura c’è chi crede che parli di un’orgia. In realtà racconta le relazioni in modo moderno, ma del tutto innocente. Mi fa impazzire pensare che c’è gente che si fa problemi per Io Te Francesca e Davide, ma non per i testi di Drake o The Weeknd, molto più scandalosi. Cantare in italiano a volte ti penalizza.
La musica italiana la ami in tutte le sue forme: sei stata tra le prime cantanti pop a lavorare con la scena indie che ora è esplosa…
È successo in maniera spontanea: sono curiosa, mi piace ascoltare di tutto, dall’elettronica all’indie. Quando ho sentito il primo disco dei Baustelle ho iniziato a scavare a ritroso e ho scoperto realtà come Perturbazione, Mambassa, Non Voglio Che Clara, Blume… Ho contattato Cesare Malfatti dei La Crus, avevo capito che era la persona giusta per guidarmi in questo mondo. Il risultato è stato un album, Un’altra me (del 2008, ndr), in cui reinterpretavo brani del circuito indie. Volevo che anche il mio pubblico, più pop, scoprisse quel sottobosco meraviglioso. Sono contenta che oggi lo apprezzino in tanti.
Un’altra passione, quella per l’elettronica, l’anno scorso ti ha portato nella giuria di Top DJ. Ai tempi molti criticarono la cosa: come l’hai vissuta?
Capisco le critiche, sono la prima a sposarle. La scelta aveva stupito anche me. Era normale, però, che Mediaset cercasse dei nomi più pop, rispetto a quelli proposti da Sky. È stata una grande lezione di vita: ho studiato e imparato tanto, e ho sempre lasciato l’ultima parola a David Morales, che tra noi era il gigante. E la stessa cosa ha fatto Gué Pequeno.
Mia figlia Alice ha scritto una canzone. Non l’avevo mai sentita cantare, durante la seconda take sono scappata in bagno perché non mi vedesse piangere!
Tuo padre Elio Cipri è un ex discografico, tuo marito Pierpaolo Peroni un noto produttore. Com’è essere una cantante in una famiglia di addetti ai lavori?
Anche mio fratello lavora nel settore! In famiglia c’è uno scambio e un dibattito continuo sull’argomento. Quando ho esordito tutti pensavano che avere un padre così mi avrebbe spianato la strada, ma in realtà mi complicava la vita. Anzi: quando mi presentai a Sanremo, nel ’96, ero con un’altra etichetta: quindi per lui ero la concorrenza! È stato un grande maestro, mi ha spiegato come gestire questo mestiere, ma non mi ha mai favorito personalmente. Anche Pierpaolo è una persona di grande esperienza con cui confrontarmi: mi appoggia, nel senso più morale del termine. È meraviglioso vivere la musica con lui al fianco.
Anche i vostri figli seguiranno le vostre orme?
Romeo è ancora piccolo, ma Alice, che ha quasi 16 anni, ha già un talento eccezionale: ho capito che il suo destino va in quella direzione, dietro le quinte o su un palco. La portiamo sempre con noi a festival e concerti, quindi ha molti stimoli. L’altro giorno mi ha sorpresa: ha scritto una canzone, in inglese, e ha chiesto al mio produttore di darle una mano a registrarla. Poi mi ha portata in studio con lei per sapere cosa ne pensassi. Non l’avevo mai sentita cantare ed è stata così brava che mi sono commossa, durante la seconda take sono dovuta scappare in bagno perché non mi vedesse piangere!
Archiviati questi primi vent’anni di carriera, come ti immagini i prossimi venti?
Chissà! Vorrei continuare a vivere il mio lavoro facendo cose diverse. Prendendomi il tempo per osservare, ascoltare, imparare.