«Scusami, non volevo mancarti di rispetto con questo ritardo, ma ho passato l’ultima ora a leggere tutti i commenti che ho ricevuto». È con questa frase che Tedua mi si presenta, dopo un’ora larga di ritardo, per la prima delle interviste legate a Paradiso – La Divina Commedia Deluxe, il terzo capitolo che, a un anno di distanza (e cinque dischi di platino, l’ultimo raggiunto proprio durante l’intervista), chiude questo lungo progetto del rapper di Cogoleto.
Del Paradiso, infatti, è stata annunciata la tracklist poche ore fa. Otto brani, di cui 7 inediti (l’edito è Parole vuote). Ma soprattutto due featuring che hanno fatto animare la sua fanbase, quelli con le due queen del pop italiano Annalisa e Angelina Mango. «Ho guardato i post dei magazine in un cui sono stato taggato. Volevo vedere cosa era stato scritto dell’annuncio di quei featuring», mi spiega mentre addenta una pizzetta, il suo pranzo di oggi. «Pensano sia stato imposto dalla mia major, ma voglio essere chiaro: le ho volute io, non la mia etichetta».
Cosa significa essere l’artista del momento e non riuscire comunque a staccarsi dai feedback dei social? Perché, dopo tutti questi platini, si sente ancora il bisogno di scrollare alla ricerca di ogni commento su di un disco, un live, una tracklist? Tedua entra subito dentro al discorso. E improvvisamente saltato ogni preambolo siamo già dentro l’intervista.
Ti condiziona leggere certi commenti? Condiziona la musica che fai?
No, alla fine no. Infatti ho fatto esattamente quello che volevo fare in questa deluxe. Forse provo anche un piacevole gusto a subire questo hating, perché come mi diceva Dikele, io non do mai al pubblico quello che si spetta, do sempre quello che il pubblico non sa di volersi aspettare. È una cosa presuntuosa da dire, me la sto un po’ menando, lo so, ma voglio sperare che questo disco riesca a stupire.
Anche nei brani con Annalisa e Angelina Mango?
Sì, vorrei ricevere dei feedback positivi su quanto sia stata brava Angelina o su che bello è il pezzo con Annalisa. Non le ho chiamate per fare hit radiofoniche, ma perché ci siamo incontrati e sono nate delle canzoni bellissime. Sono artiste mainstream e questo è coerente col fatto che volevo che il disco fosse mainstream. L’avevo annunciato nel 2018 che la Divina Commedia sarebbe stato un disco mainstream.
Immagino i commenti su questo.
Da un po’ dico che ho voglia di fare un mixtape per i fan che mi fanno hating per le mie cose più mainstream. Vorrei fare un mixtape, chiamarlo Golden Age Mixtape, e usare i sample delle grandi hit storiche del rap italiano, quelle che mi hanno cresciuto, farle riregistrare ai rapper e aggiungere qualcosa di mio.
Sai che se mai farai quel mixtape tutti ti romperanno il cazzo sulla scelta dei pezzi e dei featuring dicendo «hai dimenticato quello», «non hai chiamato quell’altro».
Ah, è vero! Immagino già i vari: «Non hai chiamato gli Assalti Frontali!» (ride).
Comunque credo che anche se farai il mixtape più street possibile, alla fine comunque sarà mainstream perché Tedua – come personaggio – è mainstream. La tua cassa di risonanza oggi è enorme.
Bravo, è vero, sono un personaggio mainstream. È anche vero, come dici, che con la musica posso fare comunque quello che voglio. Paradiso II, il brano che apre questa deluxe, è infatti Tedua al 100%. O anche chiamare Disme e Vaz Te in Jolly Roger non mi sembra una scelta mainstream.
Ma tu poi guardi i profili di chi ti fa hating?
No, ma dovrei. In effetti a volte sono dei minorenni e saperlo mi farebbe ridimensionare quello che scrivono.
Però, fammelo dire, un artista deve anche rompere le palle al suo pubblico, e non solo. Non si può mica piacere a tutti.
Sì, vero, ma sarebbe più sensato se nei 5000 commenti che ho ricevuto in un’ora tutti avessero l’educazione di scrivere «Guarda Mario, a me sti featuring non piacciono, ho paura della tua piega pop però aspetto di ascoltare i brani perché potresti stupirmi». In questo modo sì, così sarebbe ok.
Parlami dei vari featuring dell’album: oltre ai citati, ci sono Tony Boy, ma anche Izi e Bresh.
Inizialmente avrei voluto tutte donne perché per me il Paradiso è femminile nella visione più romantica che ho nei confronti della donna. Anche Dante l’ha incentrato su Beatrice. Il featuring rivelazione è Tony Boy, che è un po’ il ruolo che aveva Kid Yugi ne l’Inferno. Avrei voluto Artie5 e Anna, ma sicuramente avrò modo di collaborarci in futuro. E poi sì ci sono Izi, Bresh, Disme e Vaz Te.
Come è stato riunire la Drilliguria?
Il brano è nato durante una grigliata. Abbiamo un po’ jammato nel vecchio studio di Bresh e Shune. Io ho scritto il ritornello che poi ha cantato Diego (Izi, nda) perché a lui veniva meglio. Ho fatto la topline con Bresh. Ma anche quando ho annunciato quello il commento di qualcuno: «Eh, ma dov’è Ill Rave? E Sangue?».
Ma non pensi dovrebbe essere un pregio far discutere, arrabbiare, invece di provare a piacere a tutti una cosa di per sé impossibile e noiosa?
No, hai ragione, ma ora mi incontri a caldo. Ho visto post con 30 mila like, 300 commenti. Porto numeri giganteschi ovunque. Ma è normale che se ne parli, alla fine quello che conta più ancora del disco è il live. Per me una canzone ha tre vite.
Cioè?
Il provino, quella pubblicata sul disco e quella live.
Parlando di live, nel 2023 hai fatto il tuo primo tour nei palazzetti. È stata la prima volta in cui ti sei confrontato con così tanto pubblico.
Una delle cose più fighe della mia vita. Quando riguardo le foto e i video di quelle date sono davvero soddisfatto.
Tra poco riparti con due date a Milano, all’Ippodromo per gli I-Days. Fammi dire: fa strano vedere l’Italia come un Paese al contrario dove 21 Savage e Offset, due mostri del rap americano, sono lì non come headliner, ma come tua apertura. Senza toglierti nulla, anche perché 21 Savage è stato annunciato in una data che avevi già mandato sold out.
Guarda, so che è un’arma a doppio taglio, ma i loro manager sono soddisfatti di portare i loro artisti davanti a una platea così grande che in Italia non avrebbero. Per loro è un investimento, l’Italia sta diventa una piazza importante. Magari, come dicono gli hater, le ragazzine che amano Vertigini non conoscono 21 Savage, ma come direbbero questi artisti venire a suonare in queste occasioni aiuta a fidelizzare un pubblico bianco. Ci sarà chi potrà conoscerli e chi invece starà impazzendo per vedere sia loro che me sullo stesso palco.
Tornado alla tua musica. La Divina Commedia, come hai raccontato più volte, è stato un percorso travagliato. È stato così anche per il Paradiso? Con ritardi e consegne all’ultimo?
Ti basta sapere questo: ho consegnato i master stamattina. Ho cambiato l’entrata del pezzo con Angelina, quindi su vinile ci sarà quella vecchia, su Spotify quella di oggi. Per me è figo, eh. Come dice un mio amico è tipo la Sagrada Família, è un lavoro in corso d’opera. Come Kanye che cambia i master dei suoi pezzi anche dopo esser stati pubblicati.
Però sei arrivato alla fine, si chiude per te un capitolo enorme. Come ti senti a riguardo?
Non ho ancora realizzato perché i brani non sono ancora usciti e i live non sono ancora stati fatti. Il feedback è sempre la reazione dal vivo. Posso dire di aver tolto la parte più stressante, quella legata alle scadenze.
Questo Paradiso ha sicuramente dei testi più intimi e legati alla coppia, all’amore, rispetto a Inferno e Purgatorio. Dato che spesso hai parlato di come sei diventato borghese (e in un brano rappi “sono finalmente diventato rich”), mi viene da pensare questo Paradiso sia quasi il tuo romanzo borghese.
Occuparsi dei propri pensieri, occuparsi dell’amore, è un lusso che la maggior parte delle persone non hanno perché sono stressate da altre cose nella vita. Sono stato spesso criticato di non aver fatto molti collegamenti con la Divina Commedia di Dante, ma non volevo cringiare con citazioni esplicite. Qui però un brano l’ho addirittura chiamato Beatrice. Mi sono fatto ispirare da Dante che nel Paradiso ha scritto molto della donna. Per me la visione angelica è quella della donna, dalla mamma in poi.
Tu che legame hai con l’amore?
Ho 30 anni, sono single, ma mi piacerebbe avere un bambino, senza la fretta di volerlo fare. Non so se riuscirò mai ad avere una vita di coppia canonica perché ho delle difficoltà a riguardo. L’amore è qualcosa che mi crea problematiche nella vita e volevo sfogarmi un po’ a riguardo.
E che rapporto hai con te stesso oggi?
Sono molto consapevole di me in questo momento. Sono nel mio prime. Sono felice perché sono soddisfatto, realizzato. Ho raggiunto uno stato di consapevolezza che mi fa stare molto bene almeno finché non dovrò raggiungerne un altro di livello. Finché non sentirò quella sensazione di cambiamento, di crescita, sulla pelle, mi sentirò al top.
Questo come si riflette nel tuo far musica?
Mi piacciono molto le canzoni che sto facendo. E sul palco spacco tutto ora. C’è stato un rebranding. Il mio personaggio è più forte da tutti i punti di vista. Capisco la nostalgia per Orange County, l’ingenuità dei vent’anni, tutta quella spontaneità che mi ha sempre contraddistinto. Ma ora il modo in cui parlo, il modo in cui scelgo di fare gli shooting fotografici, i fotografi con cui collaboro, i videoclip, le produzioni, i mix, i master, le strutture dei pezzi e l’interpretazione dei testi non sono più cose da poco. Questo rebranding è stata un’operazione vincente.
Ma spiegami sta cosa del perché spesso parli di Tedua in terza persona. Vedi un grande distacco tra Mario e Tedua?
Ho sempre detto che il mio personaggio è l’esasperazione della mia persona però ultimamente devo dire che ho tanti collaboratori che credono in tutto questo che per me è diventato il progetto Tedua. È anche giusto che un imprenditore la ragioni così: vedo Tedua come fosse la Coca-Cola.
In un’intervista dicevi che non ti sentiva abbastanza imprenditore. E in passato hai parlato di come non ti sentivi bravo a rappare a tempo. È come se ti sentissi spesso in difetto. È ancora così?
Ci sono delle cose che ho fatto che sono imbarazzanti come quando ho cantato davanti ai giocatori dell’Inter. Ci sono cose dove mi riguardo e penso che ero un coglione, come quando riapri Facebook e rileggi i tuoi status di dieci anni fa. Ma ora sono sicuro di me. I momenti di sicurezza con me hanno sempre avuto un periodo di scadenza, ma ora sono nel clou di questa mia nuova fase.
Parlando del tuo team hai detto che la tua richiesta è stata una cosa: «Non essere mediocri, ma puntare alla lode».
Siamo un team di persone partite da zero, che si sta formando strada facendo. Avere lungimiranza senza esperienza è sempre una sfida con sé stessi.
E alla lode ti ci senti arrivato?
No, non ancora arrivato. Ma ci si arriva con la consapevolezza, con la consapevolezza delle lacune tecniche così da poter saper dove lavorare e migliorare. Se non sai queste lacune rimarrai a quel livello di mediocrità. L’urban – ma piace anche per questo – ha dei suoi limiti tecnici. Mentre il pop – che punta a comunicare alla massa – ha dei limiti di sostanza. Le persone che lavorano con Kanye, Dr. Dre, Kendrick Lamar sono forti. E io vorrei raggiungere quella qualità. E aggiungo: mi dà fastidio quando dicono che nella Divina Commedia le basi sono anonime. Ok, capisco che la trap pop con le chitarre, e con il mio background alla Red Hot Chili Peppers, possa essere anonima per alcuni, ma sono certo abbia il suo valore artistico. Credo inoltre che il Paradiso abbia una coerenza musicale molto forte.
Cosa stai facendo quindi per arrivare a quella lode?
Facendo il nerd in studio scaricando nuovi plug-in, imparando a usarli, migliorando le registrazioni. Quando si è nerd dal punto di vista artistico si può raggiungere la lode. Ma la sostanza deve partire da dentro. Il mio successo è arrivato grazie alla pancia, non grazie alla tecnica. Sentire la musica è qualcosa che si ha dentro, per impararla a fare al meglio c’è tutto il tempo a disposizione per imparare, come sto facendo io adesso.