Le fughe interstellari di Sun Ra ma anche il grime di Londra, il calore dell’improvvisazione unita all’algida post produzione elettronica, il funk, il punk e perle assortite di cultura pop, il misticismo orientale che si scontra con le paranoie d’occidente. La musica degli inglesi The Comet Is Coming è un insieme di contrasti, un’astronave in rampa di lancio per un volo nello spazio più profondo e sconosciuto, quello interiore.
Ovvio che un viaggio del genere richieda un equipaggio di astro-santoni: è per questo motivo che i musicisti assumono altre identità: Danalogue (Dan Leavers, tastiera e synth), Betamax (Max Hallett, batteria) e King Shabaka (Shabaka Hutchings, sassofono).
La band nasce nel 2013, sull’onda dell’esperienza dei Soccer96, due elettronico formato da Leavers e Hallett a cui si aggiunge il sax di Hutchings, già attivo con i Sons of Kemet. La muscolarità del suono dello strumento di Shabaka viene filtrata attraverso i synth di Danalogue, con Betamax a tenere in piedi il tutto picchiando come un fabbro. L’esperienza è più straniante su disco che dal vivo, dove il trio diventa una macchina da guerra (il loro ultimo mini tour si è concluso in settembre al Live Rock Festival di Acquaviva, nel Chianti toscano).
Il progetto del trio va oltre la musica: c’è una visione del futuro, un immaginario derivante da tre distinti percorsi personali, contrastanti ma complementari. Il loro nuovo album è atteso per il 2022.
Da dove viene l’immaginario che accompagna il progetto The Comet Is Coming?
Danalogue: La fantascienza è una fonte di ispirazione, alcuni nostri video riprendono l’immaginario fornito dai b-movie del genere. Adoro la narrativa di questo tipo, ho da poco finito di leggere la trilogia del Problema dei tre corpi del cinese Liu Cixin che è fantastica. Non direi però che questa è la mia ispirazione per la band. Trovo più stimolante codificare fatti più spirituali, come la mia connessione con l’universo, che è sempre un viaggio, ma in direzione opposta rispetto a quello verso lo spazio. Il nome The Comet Is Coming significa qualcosa di diverso per ognuno di noi. Per quanto mi riguarda, credo che sia l’idea di cataclisma. Se una cometa dovesse colpire il nostro pianeta, questa andrà ad impattare tutti nello stesso modo, che tu sia un miliardario o che tu sia una persona qualunque, distruggendo allo stesso tempo tutti quelli che sono i costrutti della società.
Shabaka: Chiaramente tutti questi elementi della cultura pop ormai sono noti a chiunque: tutti hanno visto Guerre stellari o i fondamentali di fantascienza. Non sono un fan del genere, però mi piace molto l’idea di articolarle il futuro tramite film o libri. Che è poi quello che facciamo come trio: abbiamo una visione del futuro che sappiamo articolare fra noi, cosa che ci avvicina, in qualche modo, alla fantascienza.
Qual è quindi la vostra visione di futuro? Ve lo chiedo perché, anche a causa della pandemia, credo che come società si sia persa l’abilità di immaginare un futuro.
Betamax: Credo che la società abbia degli obbiettivi, che non conosciamo, ma che esistono. Cose come l’estensione della vita umana fino a un punto tale da eliminare la morte. E forse non siamo in grado di capire quali saranno le implicazioni di queste scelte. C’è poi la questione dell’intelligenza artificiale, che potrebbe rapidamente evolversi fino a un livello che potremmo rischiare di non comprendere. L’altra grande questione è quella legata alla tecnologia degli algoritmi, che prendono decisioni per noi e stiamo quindi, di fatto, abdicando alla nostra agenda così come alla nostra abilità di fare scelte. Stiamo lasciando che altre persone stabiliscano i nostri obiettivi e i nostri valori, che possono anche esserci rigirati contro per raggiungere gli obiettivi dell’economia.
Shabaka: Credo che la società occidentale abbia a che fare con l’idea della morte: è quel che accade quando incontra altre società o l’ambiente. La direzione che abbiamo preso punta alla distruzione del pianeta: c’è il ciclo della vita, che prevede nascita, fioritura e poi la morte. Il pianeta è soggetto allo stesso ciclo e la nostra società pare che abbia come unico scopo quello di assicurarsi che il pianeta compia il suo ciclo, che raggiunga la sua fine, soprattutto se la società viene osservata da un punto di vista non europeo. Per cui non penso che il futuro sia quello, l’intelligenza artificiale e la tecnologia sono già qui. Il punto è trovare una vita di fuga dal pianeta: ed è giusto che sia così, tutto ha un inizio ed una fine.
Danalogue: L’avanzamento della tecnologia porterà alla morte della pianeta. Ma preferisco occuparmi di cose più vicine a noi. Ieri parlavo con un amico, che mi ha detto quella che sta diventando un po’ una frase classica: «A inizio pandemia ero un maschio cis, ora un pansessuale non binario». In qualche modo siamo già entrati nel futuro, se qualcuno avesse detto questa cosa solo cinque anni fa non avrei avuto la più pallida idea di cosa stesse parlando. Quante altri esempi del genere possiamo fare negli ultimi anni? Non è così ovunque, ovviamente, ma l’evoluzione è già in atto sul pianeta in termini di idee e concetti, con tante persone che portano avanti pensieri anticapitalisti, in grado di comprendere la natura sistemica dei problemi del pianeta. E anche se le forze che tengono assieme il sistema sono ancora fortissime, c’è una fetta sempre più grande di giovani che vuole capire le cose in maniera più profonda, che vuole essere unita perché in grado di capirsi maggiormente a vicenda, che non vuole essere divisa.
Dan, prima parlavi di questo evento catastrofico che avrebbe colpito tutti in maniera identica, dal senzatetto al miliardario. Quest’ultimi devono averti sentito perché adesso, nello spazio, ci sono solo loro (risate).
Betamax: Probabilmente anche loro sono amanti della fantascienza e stanno cercando di comprarsi una la via d’uscita. Voglio dire, è abbastanza preoccupante pensare che le persone più ricche e potenti del pianeta stiano cercando di andarsene lasciandoci qui, invece di utilizzare le loro risorse per migliorare le condizioni di tutti. Non ne hanno interesse, o forse pensano che i problemi che abbiamo siano una sfida troppo grande.
Danalogue: Penso che il capitalismo favorisca le persone psicotiche ed egoiste per cui è abbastanza ovvio che questi miliardari pensino solo a loro stessi. Potrebbero aiutare i poveri e invece scelgono la crociera spaziale. Si tratta davvero soltanto di una spacconata estrema da maschio occidentale. Un po’ come andare in giro in Ferrari, ma su scala maggiore. Il capitalismo si nutre di questo tipo di atteggiamenti.
Cosa succederà dopo l’impatto della cometa? Quali saranno le conseguenze?
Shabaka: Dipende da cosa è la cometa per te.
Dimmelo tu.
Shabaka: Per me la cometa è una metafora, è simbolica. Come hai visto, ognuno ha una visione diversa del progetto. L’immagine della cometa rappresenta l’evento che va a scuotere il paradigma nel quale ci troviamo, qualcosa che ci porta a vedere in maniera diversa quella che percepiamo come normalità. Pensa per esempio a come ci sentivamo un giorno oppure una settimana prima della pandemia: non c’erano avvisaglie, non si parlava di mascherine o del non poter più viaggiare. E oggi è realtà. Arriveranno di continuo comete, ci saranno sempre eventi che ci trasporteranno fuori dalla familiarità con le cose, quindi la domanda è: cosa possiamo fare a livello personale, a livello spirituale, per prepararci al cambiamento inevitabile che sta per arrivare?
E tu che risposta ti dai?
Shabaka: Cercare di essere aperti al cambiamento. Se penso alla pandemia, anche se la realtà sta cambiando di fronte ai nostri occhi, in questo stesso momento, conosco persone che non l’accettano. Che resistono alla nuova realtà, che resistono alle informazioni, che cercano di cambiare la loro idea su quello che dovranno fare in maniera diversa nel futuro. Se penso al cambiamento, da un punto di vista professionale, è già cambiato il nostro modo di spostarci a giro per il mondo e della burocrazia necessaria per farlo. Ma se provo ad osservare altri livelli, è già cambiata la modalità con la quale interagiamo coi fan o con le persone che vogliono dimostrarci affetto per quello che abbiamo dato loro. Per alcune persone questa cosa non cambierà, cercheranno comunque di donarmi affetto e quando si accorgeranno che io non ricambierò probabilmente torneranno a casa e uccideranno la nonna (ride).
Betamax: I latini dicevano memento mori che significa, appunto, ricordarsi che tutti prima o poi moriremo. E, personalmente, non penso che si possa realmente vivere finché non si realizza che si deve morire. A volte le persone si deprimono o si sentono impotenti o perdono ogni scopo, o sentono di non amare più la vita, ma ci tenevo a dire che, anche se il concetto della cometa può sembrare distruttivo, e pericoloso e spaventoso, in realtà è un promemoria del fatto che ogni giorno tutto può cambiare. Ricordati di amare le persone che ti stanno intorno, se puoi cambiare in meglio ogni giorno anche solo l’1% di quello che ti sta intorno, fallo. Ispira te stesso e gli altri. Uno degli aspetti di The Comet Is Coming è quindi che il cambiamento è dietro l’angolo.
Penso che i media, in realtà, ci ricordino ogni giorno che stiamo per morire.
Danalogue: Se ce ne andassimo dal pianeta, le meduse prenderebbero il controllo. Sono già destinate a moltiplicarsi e ad evolversi, anche per via della loro resistenza al riscaldamento globale. La morte è la conclusione del nostro tempo qui, la morte è sempre la conclusione di tutto. La sofferenza nella vita è un po’ l’assioma della filosofia del buddismo: l’accettazione delle cose negative porta alla vita. Forse è arrivato il nostro momento di costruire delle piramidi e un giorno delle meduse intelligenti le troveranno e dentro ci sarà un nostro vinile e loro lo suoneranno nel mare e magari capiranno cosa stavamo facendo qui. Credo che la chiave della vita sia l’accettazione della morte. Una volta Shabaka mi ha detto «quando è il tuo turno, è il tuo turno» e in questo modo ho superato la mia paura di volare. Semplicemente non ci penso più.
Potreste descrivere il vostro metodo di registrazione e di scrittura e come questo si traduce nell’esperienza dal vivo?
Danalogue: Ci sono tanta improvvisazione e sperimentazione, è un metodo che utilizzo da anni. Funziona in un collettivo come questo dove non c’è il classico bandleader. Non parliamo molto, non cerchiamo di visualizzare, non cerchiamo di spiegare cosa fare l’uno all’altro, cerchiamo solo di suonare. E cerchiamo di cogliere il momento, invece che suonare ancora e ancora un qualcosa di già provato. Vogliamo essere eccitati da quel che stiamo suonando mentre lo stiamo suonando, sperando che questo tipo di atteggiamento emerga anche dal disco. Per via di questo processo, a volte ci ritroviamo con molti momenti che poi hanno bisogno di essere connessi in una narrazione più ampia, in una struttura organica, un viaggio che ha una partenza e una destinazione. Dopo la registrazione cerchiamo di dar forma a questi momenti, sulla falsariga di quanto si faceva negli anni ’70 ed ’80, credo, quando lo studio era di fatto uno strumento. Un po’ come un animale a due teste, c’è l’improvvisazione della musica e poi l’editing fatto a mente fredda.
Shabaka, tu probabilmente hai un diverso punto di vista, dato che Dan e Max già suonavano assieme nei Soccer96.
Shabaka: È stato facile suonare con loro. L’idea di fondo era quella di ricreare la vibra nata da quell’entusiasmo iniziale che hai normalmente quando sperimenti la musica per la prima volta. Quello che penso è che quando fai le prove, anche se hai a che fare con della musica non del tutto rifinita, c’è quell’energia esplosiva iniziale che non puoi ricreare, non importa quante prove tu possa fare. E questo è il nostro scopo nello studio, ricreare la scintilla iniziale di quando ci siamo incontrati per la prima volta. E da lì, tirarci fuori un disco.
Potete suggerire un paio di nomi dalla scena jazz londinese, oltre a quelli più noti come Yussef Kamaal, Ezra Collective o Moses Boyd?
Shabaka: Una da tenere sott’occhio è Chelsea Carmicheal che sta per uscire con un nuovo album nel giro di un paio di mesi per la mia etichetta, la Jazz Re:Freshed.
Danalogue: Direi Nala Sinephro che ha appena pubblicato un disco su Warp, Space 1.8.
C’è un sacco di spazio, perdonate il gioco di parole involontario, nella vostra musica. Per caso sarà riempito da altri musicisti, anche sporadicamente, nel vostro prossimo album?
Danalogue: In passato qualcuno c’è stato, come Kate Tempest: la cosa più facile per un artista è quella di chiamare ospiti in studio, anche perché col punto che abbiamo raggiunto con la nostra carriera, molti accetterebbero al volo, a differenza di soli cinque anni fa dove molti ci avrebbero risposto «scusate, ma voi chi cazzo siete?». Quindi ce lo potremmo permettere, potremmo avere anche qualche ospite ma, sai… space is the place!
Betamax: Se riempi lo spazio poi non puoi vedere le stelle.