The Martinez Brothers: «Ibiza siamo noi» | Rolling Stone Italia
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The Martinez Brothers: «Ibiza siamo noi»

Dal Circoloco e il DC10 a Milano per il party di Rolling Stone di stasera: due fratelli del Bronx cresciuti tra la chiesa e i dischi funk del padre

«Ringrazio nostro padre e i dischi che ci faceva ascoltare da piccoli», dice Chris, indicando un signore dall’aspetto bonario che sta assistendo all’intervista. Sono arrivati con papà e mamma Chris e Steven, ovvero i Martinez Brothers, che con tutto l’orgoglio di questo mondo hanno deciso di chiamare il loro duo come fosse un’azienda a gestione familiare: «I nostri genitori ci seguono, quando veniamo a Ibiza».

Siamo al DC10, roccaforte del clubbing della isla, e loro hanno appena finito di fare il soundcheck per una delle tante serate Circoloco che da anni animano le estati baleariche. Sono alti e slanciati come due cestisti, ma con una vocazione che non ha lasciato loro molta altra scelta se non quella di dispensare alle folle generosi colpi di cassa dalla loro consolle. Treni veloci stampati su vinile che partono dalla house di Chicago, fanno tappa nella techno di Detroit e si fermano nel Bronx, dove i due fratelli inseparabili hanno mosso i primi passi.

The Martinez Brothers, foto di Luca Grottoli


Non vi sembra di aver scelto un lavoro un po’ massacrante?
CHRIS: Sì, al 100%.
STEVE: Massacrante però ha un’accezione troppo negativa per me. Se così fosse non lo farei più, e invece non voglio smettere. Semmai è stancante la parte degli spostamenti che comprende aerei, jetlag, ritardi, imprevisti. Ma se parliamo di stile di vita, non esiste lavoro migliore. Facciamo anche qualche vacanza, pensa.

Quante date fanno all’anno due Dj come voi?
STEVE: [si gira verso la manager] Quante ne facciamo? 130? Beh, poteva andarci peggio!

The Martinez Brothers Boiler Room Ibiza DJ Set

Vi stancherete mai, un giorno?
STEVE: Siamo ancora troppo giovani per pensarci. Voglio dire, Chris ha 25 anni e io 28: c’è ancora parecchio tempo prima di stancarsi.
CHRIS: Abbiamo ancora molto terreno da esplorare e traguardi da portare a termine. Nel frattempo ce la godiamo.

Sì, è vero, per essere così famosi siete giovanissimi. Come ci si fa un nome in un mondo così saturo come quello dei Dj?
STEVE: Quando abbiamo iniziato eravamo incredibilmente piccoli. Non c’era nessuno della nostra età che facesse la stessa cosa, almeno nella scena di New York. Oggi sarebbe impossibile anche per noi, perché ora la scena è affollata di gente. Ma all’epoca ricordo che ero l’unico dei miei amici a dire “Voglio fare il Dj”. A nessuno interessavano queste cose.
CHRIS: In più, ora con i social media è tutto ancora più ordinario. Sembra banale, ma non c’erano YouTube e cose del genere. Per sentire suonare il Dj che ti piaceva dovevi alzare il culo e andare a vederlo.

Non pensate che il circo dell’Edm abbia infangato un po’ la reputaz del Dj, oltre a renderlo famoso alle masse?
STEVE: Non credo, nel senso che i buoni Dj rimangono sempre tali. Più che altro l’Edm ha cambiato totalmente il concetto di Dj set. Ora sono più degli show, degli spettacoli grandiosi. Ha cambiato definitivamente le carte in gioco.

The Martinez Brothers, foto di Luca Grottoli

Anche Ibiza è cambiata molto negli ultimi anni.
STEVE: L’isola è cambiata ma la Mecca del clubbing è ancora qui. Posso anche essere stanco o di pessimo umore, ma quando atterro qui mi illumino.
CHRIS: L’energia che c’è qui non è certo andata via con gli anni. Ora sicuramente ci sono più interessi, più soldi che girano, più opportunità per chi investe. Ma c’è ancora quell’elettricità nell’aria come c’era la prima volta che siamo stati qui, dieci anni fa. Era tipo il 2008, e tutto era più underground. Ora chi viene qui vuole vivere la magia, quindi è inevitabile che l’isola sia diventata più commerciale.
STEVE: Nessuna critica, però.
CHRIS: No, noi non giudichiamo nessuno. Tutti hanno il diritto di divertirsi, ognuno con la propria musica.

The Martinez Brothers, foto di Luca Grottoli

È un buon periodo per la musica, secondo voi?
STEVE: C’è una commistione fra i generi come non c’è mai stata prima. Non esistono più artisti solo dance e altri solo hip hop, si sono abbattuti i confini musicali. Non solo, ora è molto più facile fondere musica con moda, cinema e varie altre arti. La musica è in ottima salute.

Vero, molto spesso anche voi mettete un po’ di hip hop nei vostri Dj set.
CHRIS Sì, soprattutto brani hip hop a cappella, così si incastrano bene su una base dance.
RS E poi il nome della vostra etichetta è anche il titolo di un pezzo di un rapper, Ol’ Dirty Bastard.
STEVEN Cuttin’ Headz, esatto! Anche lì è colpa di Ibiza: il primo anno in cui siamo venuti qui suonavano tutti quella canzone. Quando abbiamo scoperto il nome – wow! – ce ne siamo innamorati.

Non vi manca un po’ il Bronx, ogni tanto?
STEVE: Un pochino sì, è inevitabile.

È davvero un posto difficile come lo descrivono?
STEVE: Quando ci nasci non ti rendi conto di essere in un posto difficile. E poi non è né più né meno difficile di qualsiasi altro posto sulla Terra, solo che nel Bronx c’è tantissima diversità. Ci sono persone brave e ci sono persone cattive, come ovunque. Noi siamo cresciuti in chiesa.
CHRIS: Comunque non sento troppa nostalgia. Siamo a Ibiza.Cioè a casa.

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