Tra le cose che non mi era ancora capitato di vedere a uno shooting fotografico, che l’artista da fotografare veda il fotografo e impazzisca è una di queste. Tinie Tempah di colpo si è trasformato in uno di quei fan che ogni giorno deve schivare. Come se la truccatrice e gli stylist fossero lì da ore per colui che di solito armeggia con obiettivi e pericolosissimi fari incandescenti. «WOW! Davvero mi scatti tu oggi?», chiede Tinie, spiazzando tutti, compreso Daniele Tamagni, il fotografo. «Adoro le foto che hai pubblicato in quel libro sul Congo! Facciamoci un selfie!». Superata la botta di entusiasmo iniziale, Tinie spiega a Tamagni che il suo libro fotografico è il preferito della sua fidanzata. Infatti, la destinataria del selfie con Tamagni è proprio lei.
Poi, mentre Tinie si cambia di abiti fra uno scatto e l’altro, Tamagni mi spiega: «Gentlemen of Bacongo racconta il fenomeno dei Sapeurs che è nato in Congo. È un movimento che risale a prima ancora dell’indipendenza e vuole emulare l’eleganza dei coloni. Sapeur infatti deriva da “Société des Ambianceurs et des Personnes Elégantes”». Daniele per fortuna ne ha anche una copia con sé, che mi mostra con molta cura, visto che non lo ristampano più e ogni volume vale centinaia di euro. La prefazione tra l’altro è di Paul Smith. Foto incredibili, che mostrano uomini fieri, impettiti nei loro abiti di sartoria coloratissimi. Come quello in copertina, tutto rosa, dalla bombetta alle scarpe laccate. Daniele ci tiene a precisare che il movimento non è nato per puro sfoggio di lusso, ma come una sorta di ribellione per dimostrare ai ricchi coloni bianchi che anche i Sapeurs potevano essere eleganti.
Poi si parte a scattare e a forza di click, di tempo per l’intervista, quella vera, ne rimane davvero poco. Per cui iniziamo a parlare a shooting finito e proseguiamo sul van che riaccompagna il rapper inglese in albergo. «Se casa tua è sulla strada, ancora meglio!», mi dice Tinie, che forse si sente un po’ in colpa perché sono le otto di sera e io sono sul set ad aspettare questa chiacchierata da almeno quattro ore. Del nuovo album Youth, in uscita a fine gennaio, Tinie ha già collezionato un paio di dischi di platino già solo con due dei tre singoli usciti. Il mood generale, per ora, è quello di un album studiato per piacere. Anche un po’ frivolo sulle prime, forse perché finora prevalgono la dance e il ritmo caraibico (il singolo si chiama Mamacita, ovviamente) sul grime con cui Tinie ha mosso i primi passi nella sua Londra.
La capitale inglese è il posto in cui il piccolo Patrick Chukwuemeka Okogwu (in nigeriano Chukwuemeka significa “Opera di Dio”) ha riempito d’orgoglio i genitori collezionando voti alti a scuola e risultati ancora migliori nella musica. A sentirlo parlare, infatti, sembra che dietro a Youth ci sia qualcosa di più profondo e personale di un semplice disco pop. Come se la tracklist nascondesse una specie di lettera d’amore criptata. «Ho 27 anni e, crescendo, la mia prospettiva è cambiata di continuo», mi racconta, mentre il van su cui siamo è fermo al semaforo in attesa che scatti il verde. «Solo quest’anno, però, ho avuto per la prima volta una piena conoscenza di me stesso: chi sono, i miei limiti, i miei principi. Insomma, i riflessi incondizionati dovuti al nascere e crescere in una delle città più paradossali al mondo, che per me è sia un’amante che un’amica». A questo punto, provo a gettare un sasso nello stagno facendogli notare che, oggi più che mai, la città non è più tanto rose e fiori. La sua immagine-modello del nuovo millennio in pochi anni si è sgretolata, lasciando scoperto uno scheletro xenofobo e proibizionista che ha portato, rispettivamente, alla Brexit e a una politica repressiva verso la vita notturna – uno degli storici club della capitale, il Fabric, è stato il primo a capitolare. «Sì, hai ragione», ammette Patrick. «E l’album si chiama Youth anche perché, dopo di noi, ci sarà una nuova generazione per la quale tutto questo sarà normale. Per loro, il Fabric sarà sempre stato chiuso e l’Inghilterra sarà sempre stata fuori dall’Unione Europea. È importante parlarne ora, così fra dieci anni potranno ascoltare l’album, chiudere gli occhi e immaginarsi una Londra diversa dalla loro, una migliore». Rompo il momento di serietà politica facendogli una domanda che mi è stata commissionata dalla fashion editor. Vale a dire, cosa ascolta Tinie sotto la doccia? A me sembra una domanda un po’ strana, però è talmente campata per aria che potrebbe avere un senso. E infatti Tinie sembra apprezzarla: «Invece è un’ottima domanda! Ascolto per lo più le novità del momento. Sono un grande fan della nuova musica, sempre in cerca di nuovi spunti per la mia. Vorrei farti vedere il mio Spotify o il mio Apple Music. Se il tuo disco esce questa settimana, è probabile che io lo stia ascoltando. Ultimamente ascolto tanto un rapper americano che si chiama Travis Scott, poi i Tame Impala, Ne-Yo…».
Siamo nei giorni della settimana della moda femminile che intasa di fashion blogger il ponte di pietra sul Naviglio, tutti presi a spararsi i selfie da instagrammare. Tinie, che nel 2012 è stato eletto “Uomo meglio vestito dell’anno” ai GQ Awards, cerca di smarcarsi dalle mie allusioni di trovarsi a Milano proprio nella settimana più modaiola dell’anno. «È assolutamente una coincidenza, giuro! Ok, domani mi esibisco per un brand a Verona. Non sono mai stato a una fashion week femminile, però. A quelle maschili prendo spunti su come vestirmi». Lo vede anche uno che di moda non capisce nulla: Tinie non fa mistero di essere un esteta, un cultore del bello, uno che proviene da una seconda generazione di rapper grime forse più flessibile a cedere alle tentazioni. Skepta non lo farebbe mai e a 35 anni lo trovate ancora in giro in tuta. Ma non Tinie, che si è sempre dimostrato più duttile alle contaminazioni esterne.
Già scegliendo lo pseudonimo, Patrick a 12 anni aveva ammorbidito Tempah (da temper, rabbia) con un Tinie (piccolo), come a volersi distinguere da subito dalla falange politicizzata del grime. Matematica e Scienze, ecco cosa ha sempre fatto aprire i libri a Patrick. Figuriamoci quindi come deve aver reagito quando a settembre un’équipe di scienziati gli ha chiesto di sottoporsi ad alcuni esperimenti neurologici. «Sono andato all’Università di Reading per fare questo test insieme a degli scienziati davvero assurdi. Volevano capire di preciso quali zone del cervello venissero coinvolte mentre si ascolta musica e, soprattutto, in che modo questo può agire sull’umore e sull’atteggiamento». La maggior parte del repertorio sottoposto a Tinie, che ovviamente ha accettato all’istante di partecipare, era incentrato sulla musica classica. Con qualche eccezione di brani suoi, come Girls Like. «Sul mio pezzo ho provato un sentimento caldo. Credo che i risultati verranno pubblicati lentamente, spero solo di essere stato utile».
Tinie Tempah in versione cavia da laboratorio mancava alla lista di ruoli che può assumere. Ma quale di questi funziona di più? Il rapper grime, che sputa rime a raffica, o il vocalist da dance ed elettronica, che può tranquillamente fare la sua figura in un club di Ibiza? Anche qui, sembra che l’unica via possibile sia quella di tirare in mezzo la sua città. «È complicato, per via del posto in cui sono nato», spiega Patrick. «La nostra cultura è un concentrato molto variopinto di hip hop, grime, dubstep, dance, drum ‘n’ bass. Mi definisco un artista Londra-centrico, che ne rappresenta i continui cambi di vibrazione. Ovvio che mi piace la dance, ma da inglese sento la necessità di spaziare fra i generi quando e come voglio». Il problema di adesso, però, è che il grime, da forma underground di rappare su basi veloci, è uscito dalle periferie. Non solo, è uscito anche dalle bianche scogliere di Sua Maestà, diventando un po’ la moda del momento sia in Europa sia negli States. Pezzi grossi del rap americano come A$AP Rocky fanno carte false per avere due strofe abbaiate da Skepta o anche per poter entrare in una storica etichetta grime inglese. Prendi Drake, che nel 2015 avrebbe firmato con la Boy Better Know di Skepta pare solo per una questione di immagine, visto che sono passati due anni e ancora non è uscito niente. «Sono davvero fierissimo di quello che sta succedendo al grime», commenta Tinie senza la minima gelosia. «Per me è un genere che è sempre esistito e che finora non ha mai ricevuto la visibilità che merita. Altri generi inglesi con la stessa irruenza, come il punk e il rock, sono stati più incensati, più riconosciuti dal mondo. Ora tocca al grime? Bene, se lo merita, a me ha dato tutto».
Cerco disperatamente di estrapolare dalle parole di Tinie qualche indizio che mi dica di più su come sarà l’album. Sarà grime senza compromessi pop, come l’ultimo Junk Food, del 2015? I primi tre singoli fanno pensare al contrario. «Il mio lavoro è di innovare, di spingere il sound avanti nel futuro. Che sia allo stesso tempo giovane e nostalgico, con tantissimi campioni R&B e UK bass, oltre a suoni che non credo tu abbia mai sentito in vita tua».
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