Tom Morello farebbe qualsiasi cosa per evitare la morte del rock e della chitarra elettrica. In un’intervista rilasciata per il podcast di Rolling Stone US il musicista dei Rage Against the Machine parla del futuro incerto del suo strumento e di molte altre cose. «Nei primi anni ’90, tutti erano convinti che la guitar music fosse finita», dice Morello, che in questo periodo sta riflettendo sulla sua carriera grazie a un nuovo libro fotografico, Whatever It Takes, e una serie per Audible, Tom Morello at the Minetta Lane. «Siccome i dj potevano campionare i suoni di chitarra, si pensava che i chitarristi sarebbero diventati inutili. Quindi ho pensato: beh, vediamo che succede se suono la roba che fanno loro con la chitarra e due rack Marshall. Vediamo se riesco a far sembrare inutili i dj. Non ci sono riuscito, ma era un modo per lottare. Anche The Atlas Underground è stato un modo per dire che voglio scrivere musica per chitarra aggressiva, ma contemporanea. Continuerò a lavorare su musica piena di chitarre e che guarda al futuro».
«Amo ancora i riff rock e gli assolo», continua Morello, «ma ho fatto 19 dischi e non mi piace ripetermi. Non credo che la chitarra finirà relegata ai club com’è successo con il jazz. Prima del Covid, i Rage, i Foo Fighters, i Red Hot Chili Peppers e i Nine Inch Nails vendevano un sacco di biglietti. Spero che le nuove generazioni si innamoreranno di quello che considero il migliore strumento musicale mai inventato. Non c’è niente come la sensazione di imbracciare una chitarra elettrica, premere il pedale della distorsione e suonare un accordo. Risuona nel tuo DNA in maniera unica, non c’è nient’altro che lo faccia in quel modo».
Sul fronte del suo impegno politico, Morello non ha ancora capito come facciano alcuni fan a non capire che è nero, soprattutto considerando il razzismo che ha subito da adolescente. «È una cosa davvero curiosa. Sono cresciuto a Libertyville, Illinois, e nel garage dei miei c’era un cappio. Una volta, dei tizi hanno aperto il bagagliaio di una macchina, avevano quel cappio e usavano tutte le parole che immagini si possano usare per descrivere l’unico ragazzino nero di una città di bianchi. Mi hanno invitato a entrare nel bagagliaio. Per loro ero come un unicorno. Le persone continuavano a toccarmi i capelli, domandavano apertamente se potessi essere al loro livello intellettuale. Più avanti sono finito in una rock band e ho fatto canzoni che sono passate nelle stazioni radio di solito riservate alla musica dei bianchi. E ogni volta che parlo di essere nero su Instagram o Twitter, alcuni dei miei fan vanno fuori di testa. Mi dicono che non sono nero, che mento! Non so cosa dire».
Per Morello sono altrettanto sconvolgenti i fan che non capiscono che i Rage Against the Machine sono sempre stati una band radicale e di sinistra. «Dovrebbero sedersi al computer e cercare “dissonanza cognitiva” su Google», dice. «Paul Ryan è il ragazzo immagine di quel modo di pensare. Quello stronzo conservatore di Paul Ryan si vantava di essere un fan dei Rage Against the Machine. Non è così raro. Voglio dire una cosa, per fare chiarezza: tutti i fan sono i benvenuti. E non c’è un test politico da passare per ascoltare o apprezzare le nostre canzoni, perché so che la musica può redimerti e cambiare la vita… Nel mio caso, sono stati i Clash e ovviamente altre band a formarmi più degli insegnanti, a rivelarmi una verità che mi ha cambiato la vita. Quindi consiglio a tutti i conservatori di ascoltare i Rage o The Atlas Underground. Ma fate attenzione, perché quell’esperienza potrebbe cambiarvi».
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.