A Sanremo è successo con Lucio Corsi: da artista di nicchia a nome caldo della musica italiana in un attimo. A Eesti Laul, il Sanremo estone che garantisce l’accesso all’Eurovision, è successo a Tommy Cash. Per molti un nome sconosciuto, per chi segue le nicchie uno degli artisti più intriganti degli ultimi anni. Il suo folle rap d’avanguardia e la sua estetica unica, che mescola surrealismo e riferimenti post-sovietici, gli hanno permesso di collaborare con alcuni degli artisti più avant della scena, come Charli XCX, 100 Gecs, Rick Owens, Modeselektor e A. G. Cook.
Tommy Cash ha vinto il contest del suo Paese, diventando il rappresentante dell’Estonia all’Eurovision (dove incontrerà anche il nostro Lucio Corsi). Si presenterà con Espresso macchiato, una canzone diventata virale anche in Italia grazie al ritornello ossessivo “Mi amore, mi amore, espresso macchiato por favore”, alla citazione dell’Overture del Barbiere di Siviglia di Rossini e ai continui riferimenti alla lingua italiana. Il brano è infarcito di espressioni come spaghetti, stresso, ciao bella, ristorante. E mafioso.
Proprio quest’ultima parola ha scatenato le ire di alcuni politici italiani, in particolare del vicepresidente del Senato e senatore della Lega Gian Marco Centinaio, che ha dichiarato: «Dovrebbe venire in Italia a vedere come lavora la gente perbene prima di permettersi di scrivere canzoni così stupide e piene di stereotipi. Se c’è qualcuno che ha trovato il modo di fare soldi facili insultando e approfittando degli altri, questo è lui. È questa l’idea di fratellanza europea che hanno in mente gli organizzatori dell’Eurofestival?». Il Codacons, attivo come se fossimo al nostro Sanremo, ha invece chiesto l’esclusione del brano dall’Eurovision. Proposta rimandata al mittente.
Abbiamo raggiunto Tommy Cash alla vigilia del suo esordio sulla televisione italiana (questa sera a Propaganda Live), per quella che è di fatto la sua prima intervista italiana di sempre. Noi, che lo seguiamo dal 2018 (qui la recensione al suo ultimo album), siamo rimasti sorpresi – quanto lui, a quanto pare – dal frastuono intorno a quest’artista che “suda come un mafioso” per portare qualcosa di ironico in un periodo storico in cui sapersi prendere in giro è diventato un gioco pericoloso.
Tommy, immagino sia un periodo piuttosto movimentato. Come stai?
Mi sento bene, non so dirti di più. È una sensazione strana sapere che sarò all’Eurovision. Ora però sono a Barcellona, dove abbiamo appena girato il video ufficiale di Espresso macchiato.
Sai che in Italia si è alzato un polverone attorno a questa canzone?
Sì, mi è stato detto. Sul set del video c’erano due italiani che si occupavano delle luci e mi hanno detto: «Sai che parlano tutti di te in Italia? Sei un mito» (ride).
Raccontami com’è nata l’idea di una canzone che si rifà in modo così netto a un certo immaginario italiano, sia nel testo che nell’estetica.
La canzone nasce proprio dopo un viaggio in Italia, ma la storia dietro al brano è stupida, non aspettarti chissà cosa.
Siamo qui per questo, non preoccuparti.
Ero appena tornato da Capri e mi trovavo in studio in Estonia con il mio producer. Lui ha questa fissa per cui si prepara enormi tazzoni di caffè e poi non li finisce mai. Così gli ho detto: «Ma perché fai così? Prova un espresso macchiato». E lui: «Ma cos’è sto espresso macchiato?». Così siamo andati al bar, gli ho spiegato tutto e questa espressione gli è rimasta in testa. Un paio di mesi dopo avevamo il brano.
Direi che vi siete immersi a pieno nell’Italia, anche solo nella scelta dell’outfit per la tua performance a Eesti Laul…
Sai, penso che quell’abito sia proprio italiano.
Torniamo al brano. Hai introdotto il tuo producer all’espresso macchiato e poi cosa è successo?
Come dicevo, questa espressione ci rimbalzava in testa. Abbiamo iniziato a lavorarci e il producer ha trovato questo giro di accordi. Pensa che all’inizio la canzone era molto più italiana di come la senti adesso. Ho dovuto diluire un po’ l’italianità perché ero preoccupato che gli estoni non capissero perché uno di loro stava provando a conquistarsi un posto all’Eurovision con una canzone in italiano. Ad esempio, la parte del pre-chorus “Life is like spaghetti” era tutta in italiano e finiva con “Welcome to Italia!”. Un po’ troppo!
Quindi non è un piano malefico, come pensano alcuni politici italiani, per attaccare l’Italia.
Assolutamente no. Amo l’Italia: l’architettura, il cibo, il clima, il design, i vestiti. Il brano è nato di getto, non c’è nulla di studiato a tavolino.
E immagino anche l’arte e la musica, visto che il brano cita l’Overture del Barbiere di Siviglia di Rossini.
Non molti lo sanno, ma da bambino cantavo in un coro, e la musica classica è parte del mio background. Secondo me lo si può intuire anche da come uso la voce in certi brani, penso ad esempio a Winaloto. Così, quando abbiamo iniziato a lavorare su Espresso macchiato, mi sono detto: pensa a Pavarotti!
Come molta della tua musica, anche Espresso macchiato ha polarizzato le opinioni. C’è chi ha amato il brano e chi l’ha odiato al punto da sentirsi offeso e chiedere la tua esclusione dall’Eurovision. Cito Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato: «Questo cantante estone si è qualificato con un brano in cui parla in un italiano maccheronico di qualcuno che si è arricchito solo bevendo caffè e “sudando come un mafioso”».
La canzone non parla di quello, ma di una persona che vede la felicità nelle piccole cose. Sono nella scena da anni e tutto attorno a me è cresciuto, ma io mi sento ancora quel ragazzo che può godersi i piccoli momenti, cose minuscole come un caffè.
La discussione ruota attorno all’uso del termine “mafioso”.
Io non parlo di mafiosi né voglio glorificare quel mondo. La frase “sudando come un mafioso” per me è un’immagine, una metafora semplice, una riferimento visuale, anche divertente, che si rifà all’estetica del gangster, dell’hustler nella cultura pop.
Come stai vivendo questa polemica?
Onestamente mi ha sorpreso che si siano incazzati per questo brano e per quel passaggio. Capisco che la mafia esista ancora oggi, ma allo stesso tempo mafioso è una parola che trovi sul dizionario, spesso in differenti contesti. Non ho mai voluto offendere né banalizzare alcunché, il mio obiettivo era creare una forte immagine da queste parole.
Il brano ha una connotazione ironica, come gran parte dei tuoi lavori. Quanto è importante l’ironia nella tua musica?
Ci tengo a dire che usare l’estetica italiana in una canzone per me è una cosa seria. Alcune parole possono suonare divertenti, ma il significato sottostante è sempre profondo. Questo è il mio approccio all’arte: dal modo in cui mi muovo a come mi vesto, ogni scelta crea strati di significato che si accumulano nel tempo. Penso che un po’ di humor possa avvicinare alla parte più umana. C’era ironia anche nella Campbell Soup di Warhol, ma resta arte seria. C’è una linea sottile che divide la serietà dall’ironia.
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Foto press
Ho letto una tua intervista in cui ti veniva chiesto se sei un artista che ama scioccare (shock artist nell’originale, nda). Alla domanda rispondevi: «Se le persone vogliono etichettarmi come un artista che vuole stupire, etichetterò gli altri artisti come noiosi». Cosa significa per te essere noiosi?
Mi annoia quando un artista si limita a ripetere ciò che ha già fatto o che è già stato visto. Creare qualcosa di divertente e ironico a volte è molto più serio che scrivere una ballad, perché una ballad è il modo più classico per arrivare al cuore.
Pensi che questo approccio ironico possa portare una parte del pubblico a non prenderti seriamente o a sottovalutarti?
Sì, sicuramente, ne sono consapevole. Ma mi viene in mente Tarantino: i suoi film cult sono pieni di ironia, ma tutti lo consideriamo un grande autore. Bisogna solo comprendere il punto di vista con cui un artista lavora. Io sono un artista e ogni giorno ho una tela bianca davanti a me; a tu per tu con il mio subconscio decido quale mondo voglio dipingere.
Un’altra cosa che colpisce è che, nonostante il tuo nome da anni sia sulla scena europea e mondiale, vivi ancora in Estonia e – soprattutto – sei rimasto totalmente indipendente. Anche qui vai in direzione opposta rispetto alla narrativa secondo cui, per diventare un artista di successo internazionale, bisogna vivere a Londra, New York o Los Angeles.
Ora che siamo nell’era di Internet, non c’è più bisogno di trasferirsi a Los Angeles per farcela, soprattutto per uno come me, che ha sempre avuto un forte legame con le proprie radici. Il mio lavoro è pieno di riferimenti all’estetica post-sovietica. Il mio approccio è quello di un piccolo ristorante di pasta a conduzione familiare in Estonia: penso sia molto più interessante così. Si possono creare cose speciali anche da un Paese che molti non hanno nemmeno sentito nominare.
E tu come sei riuscito a ottenere un riconoscimento internazionale rimanendo lì?
Vuoi la risposta più semplice? Usando l’inglese. Tutti gli artisti che mi hanno ispirato cantavano in inglese. Sono cresciuto con il rap, e il rap era in inglese. Ol’ Dirty Bastard non rappava in estone, e io volevo essere come lui.
Però, a differenza di molti non madrelingua che utilizzano l’inglese imitando gli accenti americani, non hai cercato di nascondere il tuo accento.
Perché il mio accento è uno strumento importante, è un mio vantaggio.
Tra il 2017 e il 2018 hai lavorato con Charli XCX nel mixtape Pop 2 e sei entrato in contatto con la PC Music, collaborando con A. G. Cook e Danny L Harle. Quest’ultimi due sono stati nominati per vari Grammy Awards, mentre il 2024 è stato l’anno di Charli (che ne ha vinti tre), di cui A. G. Cook è produttore. Danny L Harle ha invece prodotto l’ultimo album di Dua Lipa. E ora tu sarai all’Eurovision. Quel periodo storico ha posto le basi per un certo avant pop di oggi. Ai tempi ti saresti aspettato che tutti voi avreste raggiunto questo livello di successo?
Ho sempre creduto nella PC Music e in Charli. Quando ho collaborato con lei, per me era già enorme. E ora ha avuto la sua Brat era. A.G. era una leggenda già prima di tutto questo, così come Sophie. È bellissimo vedere come sono tutti cresciuti nel tempo.
A. G. Cook ha prodotto anche alcuni dei tuoi ultimi brani. Con Charli invece ti senti ancora?
La sera che ho vinto la selezione per l’Eurovision sono stato sommerso dai messaggi. Anche Charli mi ha scritto. Ma non so come l’abbia saputo. Mi ha scritto: «Oh mio Dio, andrai all’Eurovision», e poi mi ha mandato un messaggio bellissimo. Mi ha riempito il cuore. Ora devo spaccare per Charli (ride)!
Torniamo allora a parlare dell’Eurovision. Cosa dobbiamo aspettarci dalla tua performance?
Ci stiamo lavorando molto. Avevamo un piano preciso, dal video alla performance, e ci stiamo attenendo a quello. Solo che tutto questo è già diventato più grande di quanto ci aspettassimo, quindi qualche dubbio ci è venuto: Dobbiamo seguire il piano? Modificarlo? Cambiarlo? (Ride nervoso) Alla fine abbiamo deciso di restare fedeli al piano, magari con qualche miglioramento.
Guardando i tuoi video o la tua pagina Instagram, produci tantissimi contenuti con idee molto forti e originali. Come funziona il tuo processo creativo? Le idee sono tutte tue o lavori con un team?
La maggior parte delle idee viene da me. Ho amici e collaboratori stretti che magari mi consigliano, ma alla fine della giornata sono io l’artista, e tutto deve venire da me. A volte qualcuno mi chiede: «Chi gestisce il tuo Instagram?». Ma che cazzo, sono io! Chi altro dovrebbe farlo? (Ride) Sono dentro a tutto ciò che faccio, da quello che vesto a quello che pubblico.
Dove trovi la tua ispirazione?
Oggi è davvero difficile trovare ispirazione. C’è troppa merda in giro. Ci sono così tante copie di copie di copie che è difficile risalire all’originale. Proprio per questo penso che la migliore ispirazione sia il proprio subconscio. Io prendo ispirazione da lì. Ah, mi è venuta in mente una cosa su Espresso macchiato…
Vai.
Che suono ha Espresso macchiato? C’è dell’electro funk nelle strofe, giusto? E l’electro funk, diciamocelo, fa schifo, no? (Ride) È un genere che odio, che mai avrei pensato di usare in una mia canzone. Ma mentre arrangiavamo il brano, abbiamo pensato come l’electro funk fosse stato cool all’inizio degli anni 2000 per poi non venire più filato per vent’anni. Questo per dire che cerco sempre di prendere la strada meno battuta. Non voglio essere un Signor Nessuno. Quindi, avere una canzone italiana in stile electro-funk che va forte nelle classifiche di Spotify per me è qualcosa di strano e figo. Non voglio che il mio prodotto assomigli a quello di qualcun altro.
Ultima domanda. Il tuo ultimo album risale al 2018, ben sette anni fa. Nel frattempo hai pubblicato una marea di singoli, collaborazioni, EP, ma nessun album. Ci stai pensando o è un formato che per te appartiene al passato?
Abbiamo prodotto molti brani durante le sessioni di Espresso macchiato e magari troveranno un’uscita dopo l’Eurovision. Ma siamo nell’era di TikTok, la gente vuole 50 secondi di musica. Quindi, ha ancora senso fare un album? Mmh.