Per capire in questa strana epoca il significato di “musica mediterranea”, probabilmente, non c’è niente di più immediato che immergersi nelle canzoni di Tonino Carotone. Un cantautore che, partendo dai Paesi Baschi, ha tanto peregrinato (e ancora continua a farlo) sulle rotte del mare che lambisce tre continenti, Europa, Asia ed Africa, per raccogliere vicende umane ed emozioni utili a formare la sua personale Odissea. L’ennesima tappa è un nuovo album, dove ci dimostra che il vero spirito del viaggio è il ritorno.
Si chiama Etiliko romantiko e uscirà domani. Nelle 14 tracce, cantate in cinque lingue, prosegue la navigazione controcorrente, lontano da porti nei quali vige la moda del momento e coerente con lo spirito da uomo libero («e anche un po’ ribelle»). Dentro c’è tutto il Tonino Carotone pensiero, per un disco manifesto della sua poetica e del suo atteggiamento alla vita, che trova l’apice nelle atmosfere rarefatte e alcoliche di un locale in chiusura. Non a caso il primo singolo si intitola El ultimo cliente. Come al solito, non mancano i compagni di vagabondaggio, che si sono uniti in corsa o che ha trovato lungo il percorso. Struggente, per esempio, il duetto con Gino Paoli in Il cielo in una stanza, che suggella una amicizia più ampia delle questioni discografiche. Così come in Whisky, tabacco e venere, dove passa in rassegna tutti gli stravizi ai quali non può rinunciare con un altro amico come Piotta.
«Per me la musica è come la cucina, più la condividi e meglio vengono i piatti», ci ha spiegato in questa chiacchierata per presentare il quinto album della sua carriera, dove ha confessato una preoccupazione che va al di là della musica e riguarda i migranti, dopo la strage di Cutro: «Siamo umani e dobbiamo ricordarcelo, prima del patriottismo è necessaria la solidarietà».
Etiliko romantiko si può definire il tuo album manifesto?
Può essere un manifesto di quello che penso della musica e del mio modo di intendere la vita. È particolare, in cinque lingue, c’è tutto il mio itagnolo (una sorta di incrocio tra italiano e spagnolo, nda), così come sono presenti alcuni brani in cui collaboro con artisti che stimo e mi fa piacere che abbiano accettato. È tutto un po’ speciale.
Ormai sempre più spesso vieni definito cantautore mediterraneo. Ti ci ritrovi?
Credo di avere in generale delle prospettive molto più ampie, ma è vero che le mie influenze sono del sud del Mediterraneo. Qui ci sono le mie radici, ritrovo quel punto in comune con diversi popoli, primi fra tutti di Spagna e Italia. Mediterraneo è una identità culturale che unisce e sono orgoglioso di rappresentare questa gente che, anche se ha spesso pensieri diversi, si ritrova nella mediterraneità che ci rende riconoscibili nel mondo.
Nel disco è presente anche Me cago en el amor (è un mondo difficile) in una nuova “mandolini version”. Come mai ne hai sentito l’esigenza?
È una rivisitazione di una canzone di tanti anni fa e che mi ha portato fortuna e in questa versione è ancora più mediterranea. Ho collaborato con musicisti veterani come Mimmo Epifani e il Circolo Mandolinistico di San Vito dei Normanni e ora la ritrovo più calda, appunto grazie ai mandolini, alla mandola, al contrabbasso e al violoncello. Sprigiona dei colori ancora diversi. L’importante per me, pur suonando le stesse canzoni, è non farlo mai nello stesso modo.
El ultimo cliente più autobiografico di così non poteva essere.
Completamente autobiografico. È il mio modo di intendere la vita, che poi si svolge di sera. Non è più come quando avevo 20 anni, però ancora oggi è un atteggiamento che mi definisce quello di chiudere qualche locale. Mi piace continuare a rivivere quelle atmosfere.
Ccredo che il brano più imprevedibile sia Il cielo in una stanza, che hai cantato con Gino Paoli rendendolo particolarmente delicato.
Ricordo quando conobbi Gino Paoli a Madrid tanti anni fa. Andai a un suo concerto e lui mi dedicò dal palco Senza fine. Fu una emozione incredibile per me. Parlando con lui nel camerino gli chiesi se un giorno avessimo potuto lavorare insieme, sia per il piacere personale che artistico. E lui mi rispose: «Tonino, quando vuoi io sarò presente». La canzone è molto romantica, amo cantarla con il pubblico, soprattutto femminile, e alla fine ho chiesto a Gino di poterla condividere. Sono cose che non hanno prezzo.
Non è da tutti essere amici di Gino Paoli, dicono non abbia un carattere facile…
Anch’io ho fama di avere un caratteraccio, diciamo che siamo entrambi particolari. Evidentemente nel fondo abbiamo qualcosa che ci unisce. Mi ha detto che gli piace il mio modo di vivere e la mia filosofia. Ci sono tanti artisti che conosco che sono speciali e lui è uno di questi.
Un altro tuo storico amico è Manu Chao, che però non è presente nel disco. Vi sentite ancora?
Siamo sempre in contatto, l’ultima volta abbiamo suonato insieme un mese prima della pandemia. Ma ad Atene abbiamo fatto musica insieme con la band Locomondo. Ho un progetto futuro sul quale mi piacerebbe chiedere la sua collaborazione. Anzi, hai fatto bene a ricordarmelo, appena finisco di parlare con te provo a contattarlo.
Hai collaborato con tantissimi, ma con chi ti piacerebbe ancora fare qualcosa?
Con Vinicio Capossela abbiamo fatto tante cose dal vivo, ma non ancora in studio. Mi piacerebbe che succedesse. Io sono un cantante “collaborazionista”, nel senso che mi piace condividere e così si cresce. Per me la musica è come la cucina, più la condividi e meglio vengono i piatti.
Da “cantautore mediterraneo”, che effetto ti fa che questo mare diventi anche un cimitero per tanti migranti che scappano dalle guerre e dalla fame, come nel caso della strage di Cutro?
Mi impressionano molto, soprattutto per le decisioni politiche che non trovo corrette. Dobbiamo parlare di qualcosa di più importante che è l’umanità. È una questione politico-economica, ma non possiamo girarci dall’altra parte. Per questo chi ha il compito di decidere dovrebbe avere più responsabilità, perché siamo umani e dobbiamo anche ricordarci di rimanerlo. Così come che noi spagnoli e italiani siamo stati migranti. È il 2023, ma a volte sembra di essere tornati all’età della pietra su certi temi. Prima del patriottismo e dell’orgoglio personale dovremmo puntare tutti insieme sulla solidarietà.