Il lontano 2008 fu segnato da uno dei primissimi casi italiani di viralità musicale: un rapper di origine romena, Spitty Cash, con il suo ormai celeberrimo singolo Difficoltà nel ghetto fece parlare di sé tutta la nazione. Era un personaggio estremo ed eccessivo in tutti i sensi, ma l’accento di questa frase andrebbe messo sul termine “personaggio”, perché Spitty Cash in realtà non esiste. Era l’alter ego di fantasia di un vero produttore hip hop, Apoc (tuttora in attività, tra l’altro), che tra il serio e il faceto voleva far riflettere sugli stereotipi razzisti e materialisti che dilagavano nella scena dell’epoca.
A distanza di dodici anni, maschere e personaggi nel rap italiano esistono ancora, ma in un periodo di eccessi e costruzione ipertrofica dell’immagine è diventato più difficile distinguere chi ci fa da chi ci è. Forse anche per questo, quando Trap God è spuntato fuori dal nulla, non tutti hanno capito di cosa si trattava. Per ora, la persona che si nasconde dietro al progetto vuole mantenere l’anonimato più assoluto: «In futuro chissà, non si sa mai», ci racconta al telefono. «Al momento, Trap God è un avatar: non tanto il mio, ma quello di un’intera società».
Cresciuto «in un paesino molto piccolo e in un quartiere molto isolato», ha creato il suo avatar un po’ per gioco. «Nel 2018 stavo frequentando un corso di marketing di base, quasi per disperazione: facevo musica da sempre, era la mia grande passione, e mi sarebbe piaciuto trovare un modo per farla arrivare a tutti, così cercavo di applicare le nozioni che imparavo alle mie canzoni e al mio personaggio», spiega. «Ho iniziato a fare delle ricerche e mi sono imbattuto nei testi di trapper come Smokepurpp, Lil Pump e tanti altri. Le cose che scrivevano erano assurde: “Mia nonna vende crack, mi sparo il veleno in pillole”… Fu un flash! Sulle prime ti chiedevi che cazzo stessero dicendo e perché, ma poi capivi che c’era dell’ironia dietro». Così, per scherzo, decide di riprendere lo stereotipo del trapper duro e cattivo e portarlo all’estremo. «Ascoltare la trap mi ha spinto a riflettere sulle esperienze e sui linguaggi che nascono dai luoghi ghettizzati e tagliati fuori dalla società, qualunque essi siano», dice. Anche se il contesto di casa nostra è totalmente diverso, insomma, il senso di straniamento e isolamento che ci ritrova dentro è lo stesso che ha sperimentato lui.
Il suo primo EP, però, si fa notare su larga scala soprattutto per motivi ben più triviali: le bestemmie. Fin dal titolo, infatti, Porcoddio è scorrettissimo, blasfemissimo, volgarissimo. E alcuni dei brani estratti, tra cui Porcamadonna Rolex, finiscono nel giro di breve nella classifica Viral 50 Italia di Spotify. «Non sentivo minimamente la responsabilità di quello che stavo dicendo», ammette con grande sincerità Trap God. «Come follower e fan base partivo da meno di zero, perciò non pensavo che qualcuno mi cagasse». Ci tiene però a sottolineare che l’intento dell’operazione fosse evidenziato ovunque, e che ogni suo profilo social traboccasse di disclaimer. «In ogni mio post ironico, in ogni storia, specifico sempre che si tratta di uno scherzo, magari aggiungendo la dicitura “Non fatelo a casa”. E dove è possibile, ad esempio su YouTube, seleziono l’opzione “Non consigliare questo video ai minori di 18 anni”. Non voglio puntare a un pubblico di bambini e ragazzini, perché mi creerebbe dei problemi, considerando il contenuto dei miei pezzi. Per fortuna, stando alle statistiche dei miei profili, in media chi mi segue ha tra i 18 e i 24 anni».
A due anni di distanza, la questione bestemmie nei pezzi rap tiene ancora banco, come dimostra una discussione social di questi giorni, che vede schierati da una parte lo speaker di Radio Deejay e giornalista Michele Wad Caporosso e il rapper e produttore tha Supreme, che ne condannano l’uso, e dall’altra rapper come Emis Killa e Gemitaiz, che sono per la libertà di espressione. Dal canto suo, Trap God sa che la sua è una forma di provocazione particolarmente estrema, perciò non si stupisce quando le persone si indignano. Anzi, risponde a modo suo: «Ad esempio, pubblicando un’auto-parodia che si intitola Dio sia lodato, riprendendo la mia Dio è di Milano e rigirando ogni frase in chiave bigotta. Naturalmente l’hanno capita in pochi: così come prima mi piovevano addosso critiche per le bestemmie, dopo mi dicevano che ero un venduto del cazzo e che non ero più quello di prima. Purtroppo a volte abbiamo a che fare con un pubblico un po’ limitato».
La domanda, però, sorge spontanea: come si sente una persona che ha sempre ascoltato e fatto musica a scoprire che un progetto goliardico riceve più attenzione di un progetto serio? «Mi fa rabbia, è chiaro», ammette. «Puoi fare la canzone più bella del mondo, ma il mercato è talmente saturo che non se ne accorgeranno neanche, a meno che qualcuno dall’alto non ti spinga come il nuovo fenomeno del momento. Oggi come oggi il talento da solo non basta, purtroppo». Ma per il suo nuovo singolo Nuovo Disordine Mondiale, uscito proprio oggi, Trap God ha un padrino eccellente: Big Fish, che lo ha contattato dopo essere stato incuriosito da alcuni suoi pezzi ascoltati in rete. «Per me è come uno zio, musicalmente parlando», dice entusiasta. «Ho imparato a fare rap grazie ai primi dischi di Fabri Fibra, che erano prodotti da lui. Mi ha passato alcuni beat che suonavano molto trap metal, un sound che secondo lui si sposava bene al progetto. La cosa mi intrigava molto: crescendo ho ascoltato anche tanto punk-rock e metal».
Sarà interessante vedere come verrà recepito, perché Nuovo Disordine Mondiale potrebbe sollevare tutt’altro tipo di controversia, rispetto a quelle a cui ci ha abituato finora: il brano, infatti, è una sorta di discesa apocalittica in quella che potrebbe essere la realtà post pandemia, con il popolo in rivolta contro il governo, azioni eversive, violenza e furia cieca, il tutto narrato in prima persona. «La situazione attuale mi ha molto ispirato, e il mood del mio avatar era perfettamente in linea con il periodo». La rabbia che racconta in parte è anche la sua, ma rispecchia soprattutto quella di una fetta di persone in cui ci imbattiamo tutti i giorni sui social: «Sia chiaro, non sto prendendo una posizione, non sto incitando la gente a scendere per strada e a farsi giustizia da sé», avverte. «Mi limito a fotografare quest’epoca, incanalando le vibrazioni che ci circondano in una canzone». Da cittadino, condivide in parte le inquietudini che esterna nel suo pezzo: «Ritengo sia giusto informarmi su tutto e sentire più campane, senza affidarmi solo alle notizie che filtrano dalla televisione mainstream. Obbedire e basta non fa per me», dice. «Mi spaventa l’idea che qualcuno approfitti della pandemia per creare dei sistemi di controllo sulla cittadinanza, una nuova impostazione della società che sposti gli equilibri».
Una canzone del genere suona come un sinistro monito, considerando che svariati gruppi di estrema destra, in questi giorni, stanno incitando a scendere in strada il 25 aprile per violare la quarantena in massa e ribellarsi “per riprendersi la libertà”. «C’è una parte di popolazione che è incazzata nera e vorrebbe spaccare tutto, ma è chiaro che non servirebbe a niente», commenta Trap God. «Sarebbe un gesto molto più potente scendere pacificamente in piazza, tutti insieme, e cambiare davvero le cose». Naturalmente, però, un personaggio come quello che ha creato non può lanciare messaggi pacifisti, ma deve calarsi nella distopia. «Generi come il rap, il punk o il metal portano avanti da sempre questo tipo di racconto. E spiace dirlo, ma se qualcuno prende sul serio la musica di Trap God e vuole imitarne i messaggi, è un problema di quella persona, non certo mio».
Una cosa è certa, però: il mondo farà meglio a prepararsi a un suo nuovo album. «Sono pronto a uscire con nuovi progetti, che alzeranno ulteriormente il livello. I miei primi pezzi sono usciti sull’onda del momento, ma erano anche molto poco rifiniti; ora non vedo l’ora di farvi sentire cosa ho combinato». Su una cosa, però, ci tiene a rassicurare tutti: «Niente più bestemmioni! Non nel senso che sono diventato bigotto, ma nel senso che si tratta di un prodotto un po’ più raffinato». Siete avvisati.