Credo che Tobias Forge sia una sorta di genio dei giorni nostri. Quando una decina d’anni fa mi imbattei nei suoi Ghost, la prima cosa che pensai fu: come potrebbe mai fare presa a livello globale il progetto di una band che si rifà a un immaginario esoterico sfruttato ormai fino all’osso, composto da musicisti truccati e senza identità e con una spruzzata di satanismo mainstream? Inutile fare una lista di tutti coloro che, con più o meno fortuna, avevano cavalcato quel filone prima di loro. Cosa avrebbero potuto inventare di non già visto?
Eppure, con la band che si appresta a suonare il 5 maggio al Forum di Assago, è evidente che la visione di Forge (Papa Emeritus I, II, III, IV o come diavolo volete chiamarlo) e dei suoi Nameless Ghouls fosse molto più ambiziosa e strutturata di quello che avevo immaginato. Merito di una fortissima strategia di marketing, certo, ma che da sola non sarebbe mai riuscita a portare Grammy, arene sold out e l’amore incondizionato di uno come Dave Grohl. Un percorso costruito in primis sulla musica e, in particolare, su testi sì provocatori e anticlericali, ma di un’intelligenza sopra la media e non legati esclusivamente all’immaginario heavy metal in cui sono stati frettolosamente inseriti agli esordi.
«La cosa più facile è quella di inserirti in un genere. Io non ho mai nascosto quali fossero i miei punti di riferimento e sì, penso più ai Ghost come a una band di classic hard rock che di heavy metal. Il problema è che poi la gente finisce per identificarti in quell’immaginario, vivendo come un tradimento qualsiasi tipo di cambiamento». E di cambiamenti i Ghost ne hanno fatti parecchi negli anni e in Impera, il loro quinto album da studio, non hanno paura di mostrare l’ennesima evoluzione e maturazione, non accontentandosi di ripetere all’infinito una formula che ha dimostrato di funzionare.
«Onestamente, non so se Impera sia il nostro album più ambizioso, però posso dirti che preferisco osare e fare un buco nell’acqua che ripetere all’infinito una formula di successo. In questo senso ho sempre pensato ai Ghost più come ai Queen che agli AC/DC. Adoro gli AC/DC, sia chiaro, ma come compositore mi trovo agli antipodi. Sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Non è facile, però immagino che tu come giornalista possa comprendere cosa voglio dire. Il tuo obiettivo è quello di trovare nuovi termini, di non usare sempre le stesse parole o lo stesso schema sintattico. Il mio quello di spingermi oltre quello che ho già fatto. Poi a volte riesce e a volte meno».
Il concept che sta dietro a Impera pesca a piene mani tanto dalle letture quanto dalle convinzioni sulla società di Forge, che non nasconde un certo pessimismo (o forse si tratta di semplice fatalismo) circa il concetto di ripetizione, di circolarità, della vita di ogni impero. Di ogni civiltà. «Di base, l’idea che ogni impero presenti già alla nascita tutta la propria storia, compresa la propria rovina. Si tratta di qualcosa di assolutamente circolare e di inevitabile. I rapporti, gli schemi, le ideologie, le disfunzionalità sono e saranno sempre le medesime. Qualcosa di simile al concetto di eterno ritorno di Nietzsche. Rimaniamo inevitabilmente colpiti da guerre come quella che sta affrontando in questo momento l’Ucraina, ma allo stesso tempo le cose che ci diciamo sono sempre le stesse: “Oh merda, abbiamo un nuovo dittatore. Oh merda, ma com’è potuto succedere ancora?”. Proprio per questo i temi politici e religiosi sono da sempre lo scheletro dei miei testi e della mia visione artistica, perché sono gli elementi che da sempre fanno sì che il futuro di ogni civiltà sia già scritto dall’inizio».
In questo senso, la scelta di pubblicare Twenties come secondo singolo di Impera pare quasi sottolineare la profonda assurdità di un nuovo conflitto capace di riportarci di colpo indietro di un secolo. Dagli anni ’20 del Novecento a quelli odierni.
L’inserimento di Hunter’s Moon, già utilizzato per la colonna sonora di Halloween Kills, e la forte teatralità di Impera fanno pensare a un futuro sempre più legato al cinema. D’altra parte, se due artisti “mascherati” come Rob Zombie e Glenn Danzig si sono dati alla regia, perché non pensare a qualcosa di simile? «Adoro il loro cinema, soprattutto quello di Rob, che ritengo essere davvero un regista di livello assoluto. Sì, ti confesso che l’argomento mi affascina molto e che penso da molto tempo di impegnarmi in progetti cinematografici. Anche una serie sarebbe molto interessante e ultimamente ho avuto modo di comprenderne meglio alcune dinamiche».
Sempre per smentire i cliché, pur essendo un cultore di film horror ed esoterismo (i più attenti noteranno l’omaggio a Crowley sulla copertina di Impera), Forge possiede una cultura cinematografica ampissima, lasciatagli in eredità dai genitori: «Il cinema italiano resta il mio caposaldo assoluto. Bava, Argento e Lucio Fulci restano la cosa più incredibile che sia mai esistita in ambito horrorifico e buona parte del cinema di genere degli anni ’80 pesca a piene mani da loro, Carpenter e Romero. Ma il mio regista preferito in assoluto resta Ettore Scola: Brutti, sporchi e cattivi è ancora oggi il film che ho visto di più in vita mia. Forse perché un po’ mi ci immedesimo».