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Tullio De Piscopo: «Mi hanno ricoverato per lo shock per la morte di Pino Daniele»

Il grande batterista ricorda il sodalizio con l’artista napoletano, dalla svolta jazz negli anni ’80 alla notizia della scomparsa il 4 gennaio 2015. «Rischiai di cadere a terra. Chiamarono l’ambulanza e finii in ospedale»

Foto: Sergione Infuso/Corbis via Getty Images

«Il dolore ci tiene stretti a te, papà». Lo scrivono Alex e Cristina, i figli più grandi di Pino Daniele, nel giorno del sesto anniversario della morte del padre. Il loro post è pubblicato sul profilo della Fondazione Pino Daniele Trust Onlus. L’artista napoletano è infatti scomparso il 4 gennaio del 2015, lasciando un grande vuoto nel mondo della musica e in chi gli voleva bene.

Fra i tanti c’è anche Tullio De Piscopo, il grande batterista che nei primi anni ’80 lo accompagnò nella svolta jazzistica e poi dal 2008 ci tornò a suonare per celebrare una carriera strepitosa, insieme agli altri straordinari componenti della band: James Senese, Tony Esposito, Rino Zurzolo e Joe Amoruso.

A sei anni dalla morte, De Piscopo quando ricorda Pino Daniele ha ancora la voce rotta dall’emozione. «È un gigante della musica, italiana e internazionale. Non so quantificare quanti concerti abbiamo fatto in giro per il mondo. Musicista, compositore, cantante, grande poeta. Lascia un patrimonio immenso che non morirà mai». De Piscopo ricorda alcuni episodi che li hanno uniti, sia musicalmente che umanamente: «Ci sono moltissimi momenti che porto nel cuore. Quando eravamo in tournée e ci divertivamo a raccontare barzellette, o quando facevamo arrivare in hotel il barbiere e mentre ci rasava discutevamo della scaletta dei concerti».

«Indosso ancora una maglietta che mi regalò. Un giorno mi disse: “Ma perché usi la camicia? Non sei grasso, metti questa maglietta che è più bella”. Anche quando non ci siamo sentiti per un po’ di tempo, non siamo mai stati separati, perché lo pensavo sempre». Come quando in un momento difficilissimo della sua vita, Pino Daniele gli dimostrò grande vicinanza: «Affrontavo una brutta malattia e non l’avevo detto a nessuno. Così gli raccontai una scusa per non andare a suonare, ma lui non mi credette. Mi raggiunse a Milano, parlammo tanto e mi dette la forza di riprendere da capo. È così che abbiamo ricominciato la grande avventura insieme».

Naturalmente non possono mancare le canzoni, che sono la colonna sonora di varie generazioni. Per Tullio De Piscopo, quelle a cui si sente più legato sono due: «Bella ‘mbriana contenuta nell’omonimo disco del 1982 e Sulo pe’ parlà che si trova nell’album Vai mo’ del 1981. Credo che questi due momenti siano stati il punto di svolta nella sua musica per l’incontro con il jazz. Io ho portato tutta la mia conoscenza jazzistica nelle sue canzoni e le ho sposate con grande amore». E non c’è tanto da spiegare sul perché quei brani fossero così riusciti: «È avvenuta la magia, non c’è niente da fare. L’anno giusto, l’ora giusta, le persone giuste. Accompagnavamo queste canzoni che durano di solito 3-4 minuti, ma noi le dilatavamo a 10 minuti. Era una musica che andava oltre l’avanguardia».

Infine, il momento più doloroso. Il giorno della sua scomparsa, De Piscopo ce la racconta come se fosse oggi: «Ero in albergo a Salerno, avevo fatto un concerto. Mi stavo rilassando e l’indomani sarei ripartito, era proprio il 5 gennaio 2015. Io non accendo mai la tv, così con mia moglie ci siamo svegliati presto, stavamo facendo colazione e a un certo punto un signore venne da me per chiedermi una foto. Rimanemmo a parlare qualche minuto e a un certo punto mi disse: “Ma ha saputo di Pino?” e iniziò a scorrere sul tablet le notizie che passavano. Quando vidi quello che era accaduto, mia moglie, che capì al volo, mi mise dietro una sedia perché rischiai di cadere a terra. Iniziai a sentirmi male, chiamarono l’ambulanza e mi ricoverarono. Solo che dopo un po’ non potevo non andare a trovare Pino. Così firmai per uscire e non so come riuscii ad arrivare da Salerno a Roma. All’ospedale romano, di nuovo non mi sentii bene e mi fecero altri controlli. Se ho superato quella tragedia e quel dolore è stato solo per amore di Pino e grazie alla mia famiglia».

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