Quando il frontman dei Twenty One Pilots scorre il cellulare, ci sono centinaia di nomi tra i contatti che non sa ben identificare: ragazzini della città natale della band, Columbus, in Ohio, che sono stati i primi fan di questo gruppo di due, ai tempi in cui Joseph era solito consegnare porta a porta i biglietti per le esibizioni nei locali. Quando questo metodo iniziò a richiedere troppo tempo, lui e il batterista Josh Dun incontravano i fan ad un tavolo accanto al Chick-Fil-A nell’area ristorazione del centro commerciale Polaris. Nei giorni delle esibizioni, la madre di Joseph restava fuori dal locale cercando di vendere biglietti agli studenti dell’Università Statale dell’Ohio che passavano di lì. «Diceva, ‘Venite a vedere mio figlio che suona,’» ricorda Joseph, che ha 27 anni ma potrebbe essere scambiato per un adolescente, con un’aria da cucciolo, che ricorda vagamente Joseph Gordon-Levitt ma si trasforma in qualcosa di più bizzarro ed intenso durante i live, un animale da palcoscenico.
Questo accadeva appena quattro anni fa. L’approccio casareccio del duo li ha, con loro somma sorpresa, portati molto più in là dell’Ohio. Sono senza dubbio i primi tra i gruppi che hanno debuttato l’anno scorso: a metà gennaio, i Twenty One Pilots vantavano un singolo (Stressed Out) nella Top 10 ed il terzo album più gettonato del paese, tra Justin Bieber e gli One Direction. Settimane fa, hanno annunciato un tour di 58 date, tra cui due esibizioni al Madison Square Garden che hanno già quasi fatto il tutto esaurito.
Non puoi essere tutto per tutti,
ci dicevano
Hanno un contratto con l’etichetta punkeggiante Fueled by Ramen – rampa di lancio per Fall Out Boy e Paramore – tuttavia i Twenty One Pilots sono uno dei gruppi più difficili da classificare degli ultimi anni, con il loro mix di testi malinconici, rime che nulla invidiano a Macklemore, il piano pop che ricorda Ben Folds, l’energia dell’hard-rock e di tanto in tanto qualche ballata con l’ukulele. Sul palco, Joseph suona il basso, il piano e l’uke quando non sta facendo avanti e indietro baldanzoso con il trucco spalmato addosso e una maschera bondage sul viso. Dun, un ex skater alla mano col sorriso facile ed estensori alle orecchie, fa sì che suonino come una band, aggiungendo basi preregistrate mentre suona. All’apparenza è una combinazione strana che per il loro pubblico di adolescenti ha un senso ben preciso. «C’era molta pressione perché trovassimo un genere a cui restare fedeli,» dice Joseph. «La gente continuava a dirmi, ‘Non puoi essere tutto per tutti.’ Io dicevo, ‘Non è quello che cerco di fare! Sono quel che voglio essere per me stesso’».
La loro hit del momento, il nostalgico rap-rock di Stressed Out, tratta della brutale conclusione dell’adolescenza (Sognavamo lo spazio aperto, ma ora ci ridono in faccia/Dicendo, ‘Sveglia, dovete far soldi’). E dietro le quinte del Tonight Show Starring Jimmy Fallon la settimana prima di Natale, Joseph fa del suo meglio per vivere di nuovo come un bambino, mentre svolazza felice per i corridoi silenziosi sul suo hoverboard nuovo di zecca, accanto agli inconsapevoli fattorini della NBC e a guardie di sicurezza imbronciate. «Come faccio ad andare avanti?» chiede. «Spingo il pisello in avanti? Credo di sentire giusto quello!»
Quando il momento di esibirsi si avvicina, Joseph inizia a trasformarsi, spalmando cerone nero su tutto il collo e sulle mani, sostituisce i jeans e la t-shirt con una giacca elegante nera lunga ed un paio di pantaloni scuri. «Questo trucco mi costringe a riconoscere quello che cerco di dire sul palco con questa canzone», dice. «Non vedo l’ora di andare là fuori e non pensarci più».
Suonano il pezzo tratto dall’album Heavydirtysoul: come la maggior parte delle canzoni del loro ultimo album, Blurryface, che approfondisce le incertezze di Joseph. There’s an infestation in my mind’s imagination, (che in italiano è c’è una contaminazione nell’immaginazione della mia mente NDT) rappa veloce. Fallon siede nell’ombra alla sua scrivania, ma scuote la testa a ritmo della musica; Questlove è a sua volta colpito, twittando più tardi, «Wow… Non ero pronto!»
Joseph e Dun escono dal sipario rosso nell’atrio del Tonight Show mentre Jenna, la bionda moglie di Joseph da nove mesi, e i membri del team di gestione e della road crew scoppiano in un applauso. «Beh,» dice Joseph un po’ affannato, «sono stati quattro minuti di lavoro intenso».
Il nome Twenty One Pilots rappresenta anche una scelta filosofica per Joseph e Dun: viene da un’opera teatrale di Arthur Miller, All My Sons, che Joseph ha letto ai tempi dell’università. La storia ebbe un forte impatto su Joseph, che aveva rifiutato una borsa di studio per il basket offerta dall’Università di Otterbein per concentrarsi sulla musica. All My Sons racconta di un appaltatore bellico che invia consapevolmente parti di aeroplani difettate in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, con il timore che, qualora dovesse ammettere l’errore, ci rimetterebbe economicamente; la decisione porta alla morte di 21 piloti. «Riuscivo ad immedesimarmi nel fatto che a volte fare la scelta giusta nella vita richieda sforzi maggiori», dice Joseph. «Richiede più tempo, e puoi sentirti come se stessi facendo dei passi indietro».
Ad oggi, i due si avvertono l’un l’altro quando gli sembra di prendere la strada più semplice. Perché c’è un motivo se mentre la popolarità del duo cresceva hanno rifiutato contratti con tanto di signing bonus, e sono stati i roadie di se stessi anche quando facevano già il tutto esaurito in posti dalla capienza notevole, hanno rifiutato di cambiare il loro furgoncino con un bus per i tour. Anche recentemente hanno rifiutato importanti offerte da parte di sponsor per il tour del 2016. Joseph e Dun sono stati entrambi tirati su in famiglie conservatrici e religiose. Il padre di Joseph era il preside del liceo cristiano frequentato da Tyler; prima di allora, era stato educato a casa da sua madre. «Le dissi che volevo diventare un giocatore di basket, e lei mi faceva fare 500 tiri in cortile ogni singolo giorno», dice. «Se mi avvicinavo al canestro e facevo un tiro in corsa, non lo contava. Picchiettava la finestra sul retro vicino alla cucina e indicava la linea del tiro da tre punti. Dovevo aver finito prima di cena, e se non ce la facevo, non potevo mangiare».
Le circostanze erano ancora più severe a casa Dun. I videogiochi e la maggior parte degli album rock o hip-hop erano messi al bando. «Nascondevo album come Dookie dei Green Day sotto il letto», dice Dun. «A volte li trovavano e si arrabbiavano sul serio. Cercavano un’alternativa cristiana, come Relient K, e mi facevano ascoltare quello». Per un certo periodo, gli unici film permessi in casa provenivano dalla Clean Flicks, una compagnia cristiana che rimuoveva ogni contenuto volgare, a sfondo sessuale o violento dai film di Hollywood. Per il giovane Dun, questa cosa rendeva guardare film come Terminator molto disorientante. «Certe scene le rimuovevano del tutto», dice. «Guardare quei film era un’esperienza assolutamente terribile».
Una volta raggiunta l’adolescenza, Dun si ribellava senza sosta. «Avevo questa aggressività», dice, facendo presente che i suoi genitori l’avevano quasi cacciato di casa quando aveva 14 anni. «Mi hanno quasi spedito in una scuola militare. Non sapevano che fare con me, ed ero sempre in punizione. Non mi sono mai dato alla droga o all’alcol, ma gridavo con i miei genitori e li trattavo in modo orribile. Ogni cosa era una lite. Ripensandoci ora, stavano facendo del loro meglio».
È vero che se senti una descrizione della nostra musica, sembra orribile
Quando i suoi genitori si addormentavano tirava fuori i suoi CD punk-pop, finché col tempo, non divennero più arrendevoli verso la musica rock, permettendogli di assemblare una batteria nello scantinato pezzo per pezzo con i suoi soldi. Non frequentò il college, andando invece a vivere con alcuni amici e suonando per band locali mentre si arrangiava lavorando nel reparto percussioni di Guitar Center. «Non stavo andando da nessuna parte», dice. «Un giorno ho detto a mio padre, ‘Sei deluso perché ho un lavoro con una paga minima e non sono andato al college?’ Non dimenticherò mai la sua risposta. Disse, ‘Non è la quantità di soldi che guadagni o il lavoro che fai che conta, piuttosto è la persona che sei. Per quello, io sono orgoglioso di te.’ Mi ha dato una spinta».
«Dun, ho una domanda per te,» dice Joseph. «Preferisci essere attaccato da 100 cavalli grandi come polli o un solo pollo grande come un cavallo?» Per un po’ Dun riflette sulla domanda (ispirata da un famoso meme su Internet). «Entrambi hanno pro e contro,» dice. «Un pollo grande come un cavallo avrà le gambe corte, quindi non so quanto possa essere veloce».
Joseph non è d’accordo. «Considera quanto è veloce un pollo normale, e moltiplicalo per la grandezza di un cavallo qualunque essa sia. È meglio affrontare 100 cavalli grandi come polli per tutto il giorno. Devo solo dargli un bel calcio sul muso. Amico, immaginati solo il becco di un pollo grosso come un cavallo. E non sta mica girando a zonzo. È praticamente concentrato su di te».
È un gelido pomeriggio in Ohio un paio di giorni prima di Capodanno, e Joseph e Dun passeggiano per il centro semi deserto di Columbus, non lontano da dove si incontrarono per la prima volta nel 2010. Joseph aveva imparato a suonare il piano da sé imitando le canzoni di Beatles e Dion alla radio, stupendo gli amici con la velocità con cui imparava, formando inoltre una prima versione dei Twenty One Pilots con due amici. Dun li vide la prima volta in un locale nel campus della Ohio State. «Amavo tutto di quello show tranne una cosa: non ero con loro a suonare su quel palco», dice. Sarebbe trascorso un altro anno prima che il primo batterista di Joseph lasciasse la band e Dun ottenesse il ruolo, ma nel frattempo erano diventati grandi amici. Nel 2012, Joseph era diventato un animale da palcoscenico feroce, che si arrampica sulle impalcature e si tuffa sulla folla. Il duo divenne la band di maggior successo nell’Ohio centrale, investendo ogni centesimo in più nella band e concentrandosi intensamente sui fan locali. Il promoter più importante di Columbus, Adam Vanchoff, lì noto quando suonarono al Newport Music Hall, con 1700 posti. «Pensavo, ‘Questi ragazzi del posto hanno appena fatto il tutto esaurito al Newport?’» dice Vanchoff. «Non ci riescono le band che fanno tour per tutto il paese!»
Adesso, Joseph e Dun si stanno godendo il loro primo mese di vacanza dal debutto con un’etichetta major, e non se ne parlava dall’inizio del 2013. Hanno passato il tempo dedicandosi alle loro famiglie e ai vecchi amici, ma hanno anche dedicato molte ore alla lavorazione di complessi pezzi di sottofondo per il prossimo tour. «So che questo concetto riceve parecchie critiche», dice Joseph riguardo ai pezzi. «Ma ne siamo molto orgogliosi — ci lavoriamo sopra fino allo sfinimento».
Si dirigono a casa dei genitori di Dun; il batterista adesso vive a L.A. ma si sistema nella sua vecchia stanza quando è in Ohio, il che capita spesso. (Joseph e la sua ragazza Jenna hanno acquistato una casa a Columbus e vivono lì per la maggior parte del loro tempo). Gran parte del video per Stressed Out è stato filmato nella casa in cui Dun è cresciuto, così è diventata una meta per i fan dei Twenty One Pilots. Siccome anche il numero di telefono è sull’elenco, Dun dice che i suoi genitori hanno dovuto disdire il contratto telefonico per porre fine alle chiamate che arrivavano a tutte le ore.
C’è un albero di Natale nel salotto, accanto ad un presepe di ceramica, ma non c’è una sola foto o un solo gadget dei Twenty One Pilots in vista, sebbene le pareti siano ricoperte da tavole che recitano frasi come GIOIA e HO UNA FAMIGLIA PIENA D’AMORE CHE VALUTO PIÙ DI QUALSIASI RICCHEZZA. La stanza di Dun nello scantinato è stata denudata della maggior parte dei suoi effetti personali, ma la sua notevole collezione di DVD – la quale include film che sarebbero di certo approvati dalla CleanFlicks come Alla Ricerca di Nemo e The Truman Show – resta intatta.
Dun tira fuori dal frigo una scodella di chili vecchio di due giorni, mischiandovi panna acida e formaggio mentre l’argomento si sposta sulla loro posizione attuale riguardo alla religione. «Ci facciamo sempre domande» dice, «ma credo sia corretto dire che siamo entrambi cristiani». La madre di Dun, Laura, un’allegra donna di mezz’età, bionda e minuta, scende dal piano di sopra per salutarci; è un’infermiera ed il padre [di Dun] è fisioterapista. «Ehi, signora Dun», dice Joseph. «Questo chili è buono. Prometto che non ne farò cadere sul divano neanche un po’».
«Chiamami Mamma Dun», dice lei. «Ti avrei preparato qualcosa in più se avessi saputo che stavi arrivando».
La mamma di Dun compare nel video di Stressed Out insieme a tutti gli altri membri della crew di Joseph e Dun, e cantano tutti, “Sveglia, dovete far soldi” all’unisono. «Quando cresci, i soldi sono importanti», dice Joseph. «Ed ora ho una carriera in cui guadagno abbastanza soldi da potermi mantenere. Ma voglio davvero darli ai miei genitori, alla mia famiglia, alle associazioni benefiche e alle persone intorno a me». Come sempre, Joseph si sposta ancora in città con una vecchia Chevy Impala. Nei mesi a venire, dice che la band ha intenzione di fondare una propria organizzazione benefica, qualcosa che “avrà sede a Columbus”.
«È vero che se senti una descrizione della nostra musica, sembra orribile», dice Joseph mentre si prepara ad andare alla partita di basket di suo fratello al liceo. «Prima ridevo e davo ragione alla gente quando diceva che non aveva senso, ma ho intenzione di smettere di dire queste cose», dice. «Tutto rientra perfettamente in un’unica produzione artistica, perché siamo stati noi a crearla così».