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Vi presentiamo le Muna, le musiciste amate da Phoebe Bridgers e Taylor Swift

A Los Angeles erano considerate "musicians’ musicians". Grazie a un duetto con la cantautrice di 'Kyoto' e a un tour con Kacey Musgraves sono diventate un fenomeno crossover pop

Foto: Sacha Lecca per Rolling Stone US

Le Muna erano bloccate. Nel 2019 la band composta dall’autrice e cantante Katie Gavin, 29 anni, e dalle polistrumentiste e producer Naomi McPherson e Josette Maskin, rispettivamente 29 e 28 anni, era impegnata in una session di scrittura con la nuova amica Mitski, che le stava aiutando a rifinire un brano incompiuto dal titolo No Idea.

C’erano solo una strofa, un ritornello e un’idea abbozzata neanche troppo seriamente: «Era la versione lesbica di un pezzo da boy band», dice Gavin con l’ironia che è il marchio di fabbrica suo e di tutta la band.

A Mitski l’idea piaceva, così ha cercato di convincere il trio a usare suoni di tastiera in stile Max Martin e le ha aiutate a scrivere una seconda strofa. No Idea, però, non era era affatto finita. Le Muna hanno sperimentato varie versioni della canzone: una disco, una funk, una elettronica. Erano ossessionate dal suono di basso, che a quanto dice McPherson sembrava «intrappolato in un certo groove».

«Se devo essere onesta», dice Maskin, «discutere tanto a lungo di quella canzone è stato traumatizzante».

Alla fine, grazie all’aiuto di reference come Oh Baby degli LCD Soundsystem o Deadly Valentine di Charlotte Gainsbourg, e di un nuovo riff arpeggiato, le Muna hanno completato No Idea, che ora suona come un incrocio tra i vecchi Daft Punk e i Backstreet Boys di Larger Than Life, con un pizzico del tema di Ghostbusters. E non somiglia a null’altro che la band abbia pubblicato in passato.

No Idea è un assaggio del grado di sperimentazione e della varietà di generi di Muna, il terzo album del gruppo che uscirà il 24 giugno. Il disco mette in mostra una versione più raffinata del mix di dance, synth rock nostalgico, pop alla Janet Jackson e country alla Shania Twain che la band aveva esplorato nell’album del 2019 Saves the World. Per dirla con Gavin, «il suono esplode in tante direzioni diverse».

Dopo quasi un decennio di carriera, le Muna stanno cambiando pelle. Da semi-sconosciute, musiciste preferite dei musicisti di Los Angeles, stanno diventando un fenomeno di crossover pop. Negli ultimi anni hanno aperto per Harry Styles, sono finite nelle playlist di Taylor Swift e si sono guadagnate fan come Tegan and Sara e Demi Lovato.

La loro ascesa è iniziata l’anno scorso, quando dopo aver pubblicato un singolo dance – Bodies, uscito nel 2020 e nel giro di poco tempo al secondo posto tra i pezzi ascoltati sul loro profilo Spotify – hanno firmato per l’etichetta indie di Phoebe Bridgers. Poco dopo è uscito Silk Chiffon, il brano super catchy che apre Muna e che, grazie alla partecipazione di Bridgers, le ha portate a un pubblico completamente nuovo. È la loro prima hit da radio alternative.

Di recente il trio ha concluso un tour nei palazzetti in apertura a Kacey Musgraves che ha suscitato un entusiasmo che di solito si riserva agli headliner. «Metà palazzetto cantava Silk Chiffon», dice Ian Fitchuk, autore di Musgraves che ha contribuito al ritornello del pezzo insieme a un altro autore, Daniel Tashian. «E io intanto mi chiedevo: ma com’è successo?».

Le Muna hanno un sacco di spiegazioni: la loro tecnica di produzione e di scrittura è migliorata disco dopo disco; essere state scaricate dalla RCA le ha costrette a una riflessione profonda; scrivere quel pezzo è stato un modo per liberarsi dalla reputazione di «band triste» e ha cambiato le loro vite.

Quando Gavin ha portato la bozza di Silk Chiffon a Fitchuck e Tashian a Nashville, all’inizio del 2020, aveva scritto il pre-ritornello e la strofa, ma non sapeva come andare avanti.

«Ha iniziato a cantare: “La vita è divertente” e io ho pensato: che cosa strana, canta di andare sui pattini», dice Fitchuck, che all’epoca non sapeva che Gavin era appassionata di pattinaggio. Quando Tashian ha suggerito di aprire il ritornello gridando la parola “Silk!” (seta, ndt), seguita da una pausa, Gavin non era granché convinta.

«Ma ho deciso di provarci, com’è successo un sacco di volte in questo disco… ci siamo fatte avanti», dice prima di interrompersi. «Ma non voglio usare quest’espressione, fa tanto donna in carriera».

«Tipo CEO di Yahoo», aggiunge McPherson.

«Sono qui per la Muna Inc.», risponde Maskin.

«Doveva essere questo il titolo dell’album», conclude Gavin.

La origin story delle Muna, che si sono incontrate alla University of Southern California, è stata raccontata così tante volte che Maskin la riassume in una sola frase. «Katie mi ha visto dall’altra parte della stanza, ha detto “gay” e ci siamo messe a fare musica insieme», dice lei, cresciuta a Los Angeles suonando in una serie di band (Grape Ape, Blue Thunder) prima di formare una band chiamata Cuddleslut.

La band non ha mai pubblicato musica, ha fatto solo un concerto a cui Maskin non ha neanche partecipato. Era in volo per il Coachella ed è stata sostituita dall’amica McPherson, una ragazza cresciuta in una famiglia di musicisti jazz e che ha passato l’adolescenza cercando di resistere all’idea di fare della musica un mestiere. «Cercavo di ignorare la vocazione», dice McPherson, «ma a un certo punto ho capito che dovevo fare la cosa che mi vieniva meglio».

Quando le Cuddleslut hanno fatto il loro primo e unico concerto, Gavin aveva già una piccola carriera da solista. Cresciuta nella provincia di Chicago, ha avuto successo a 17 anni, quando la sua cover di Whip My Hair di Willow Smith è diventata virale su YouTube.

Oggi Gavin pensa a quel periodo con gratitudine, perché le ha insegnato molto. «Per la prima volta ho capito cosa fosse il privilegio bianco. Un paio di persone mi hanno contattata per chiedermi perché una ragazza bianca coi capelli lisci aveva scelto di cantare un pezzo che Willow Smith aveva registrato da bambina per celebrare i capelli delle donne nere», racconta. «Scrivevo canzoni da un bel po’ e volevo un mia piattaforma, ma è in quel momento che ho capito: io non so un cazzo di niente».

Dopo quel momento ha messo un freno alle sue ambizioni musicali e studiato per un anno alla New York University, un’esperienza che ha raccontato nel pezzo delle Muna del 2019 It’s Gonna Be Okay, Baby. “Andrai a New York e sperimenterai col comunismo / Ti farai una ragazza dopo averle letto un po’ di Frantz Fanon”, dice il testo.

Le Muna sono nate quando si è trasferita in California. All’inizio il trio voleva scrivere dark pop basato sui synth e canzoni meditative, erano «una queer band con un linguaggio ancora troppo legato all’accademia», come hanno detto a Rolling Stone nel 2017. Hanno ottenuto in fretta un contratto con RCA, hanno avuto un po’ di successo e hanno aperto i concerti di Harry Styles e dei Bleachers dopo il debutto dance pop del 2017 About U.

Il loro suono, però, orientato attorno a un’idea di musica pop diversa da quello che andava in radio, ha reso subito difficile la loro categorizzazione. Un anno fa, si descrivevano ironicamente come «una rock band queer electro synth pop alt religious».

«Forse una major fativava a capire chi siamo e che cosa facciamo», dice Gavin. E così nel 2020 le Muna sono state scaricate «perché non fruttavamo abbastanza», come dicono oggi. Uno shock che però ha dato il via a un periodo particolarmente creativo.

Di recente Gavin ha fatto sentire il nuovo album a una persona ed è rimasta colpita da quello che ha detto partendo da About U: «Il primo era un disco del tipo: sto soffrendo e non so che fare. Saves the World parlava di fare i conti con questa cosa e cercare di imparare a fare le scelte giuste, era emozionante da sentire».

Gavin vede Muna come il passo successivo in questa narrazione. «Se c’è del buono nel mio contributo ai testi ha a che fare col concetto di desiderio, che si tratti del desiderio di stare con qualcuno o di troncare una relazione o di cambiare vita».

È un tipo d’urgenza che è presente in tutto l’album, ad esempio quando Gavin parla di desiderio in What I Want o di rimpianto nell’elettro-pop Home by Now. «Ho aspettative troppo alte quando incontro qualcuno? Cos’è veramente l’amore? Sembrano domande infantili, ma mettendole in un disco possono aiutare altra gente a porsi gli stessi quesiti».

Quando Gavin ha iniziato a mettere giù queste «domande infantili» con le Muna all’inizio degli anni ’10 faceva musica dance, ma di recente è tornata alle radici acustiche e alla chitarra. È così che ha scritto Kind of Girl, la power ballad country con tanto di mandolino che rappresenta l’episodio centrale di Muna. È un’ode alla capacità di trasformarsi di continuo. Non è stata ancora pubblicata, eppure ha già cambiato significato per la band, «È significativa per le persone, come noi queer, che devono far sapere agli altri come vogliono essere percepite», spiega Gavin.

Più Gavin parla e più diventa chiaro che la canzone non parla solo di evoluzione personale e che si può traslare benissimo anche al progetto musicale delle Muna. «Parlo della volontà di farsi avanti e dire: la mia identità può cambiare drasticamente giorno per giorno», spiega. «Posso affrontare grandi cambiamenti per diventare chi sono veramente e arrivare a ciò che desidero per me».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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