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Vi presentiamo Nik West, la bassista esplosiva che ha detto no a Prince

Ha passato un provino a Paisley Park, ma ha preferito continuare a suonare da sola. Si definisce lunatica, ama il funk, adora i look sopra le righe. Per Dave Stewart degli Eurythmics è la versione femminile di Lenny Kravitz

Cos’hanno in comune Rhonda Smith, Cora Coleman, Kat Dyson, Sheila E. e Chaka Kahn? Hanno tutte suonato con Prince, che amava arruolare nelle sua band musiciste dotate di talento, ma sopratutto di coraggio e personalità. Qualità che non mancano a Nik West, cantante, produttrice e bassista, collaboratrice di musicisti come Quincy Jones, David Stewart (Eurythmics), John Mayer, Marilyn Manson. Il suo ultimo album è Moody.

Come hai scelto questo titolo?
Creativamente sono molto moody, lunatica. A volte mi piace suonare hard rock, tingermi i capelli, essere sexy, curare il mio mohawk. Altre volte voglio solo funk. Altre ancora sono l’opposto, calma, semplice e naturale. Sono sempre io, mi piace sperimentare, sono un’insieme di mood differenti, dipende da come mi sento in quel momento. Sono imprevedibile e chi mi conosce sa che sarò sempre così.

Quando scrivi una canzone, da dove prendi l’ispirazione?
Dipende, a volte comincio con una linea di basso, magari mi sveglio durante la notte e la provo, a volte inizio dalle parole, a volte canticchiando. Mia sorella scrive i testi, a volte non sa cosa farne e li passa a me. Comunque sia, è sempre un processo molto personale. Mi ricordo che una volta Macy Gray aveva scritto una bellissima canzone per me, ma era triste, raccontava la storia della fine di una relazione e io in quel periodo mi stavo innamorando e quindi non sono riuscita a cantarla. Devo essere capace di provare quell’emozione, quel sentimento.

Come hai scoperto la musica?
Sono cresciuta a Phoenix in Arizona, con mio padre, madre, fratello e sorella. È un luogo noioso dove non succede mai niente, fa troppo caldo per giocare all’aperto e quindi mio padre per farci divertire durante l’estate ci insegnava a cantare e suonare uno strumento. Sono cresciuta ascoltando gospel, i miei avevano molti amici musicisti, papà suonava sempre con artisti locali, gente di talento come Mattie Moss Clark. È stato il mio primo assaggio nel mondo della musica.

E poi?
A 16 anni ho scoperto Wanna Be Startin’ Somethin’ di Michael Jackson. La conoscevo già, ma quel giorno ho prestato ascolto al ritmo del basso e ho chiesto a mio padre se mi insegnava a suonarlo. Mi ha portato in un banco dei pegni, e mi ha comprato un basso per 100 dollari. Io sono mancina, ma ho imparato a suonarlo anche se era per destrorsi. Poi un giorno siamo andati in chiesa e davanti a tutti mi ha chiesto di unirmi all’orchestra. Non ero pronta, ma i musicisti mi hanno rassicurata dicendomi di seguire il loro ritmo, non c’era bisogno delle note, potevo seguirli a orecchio. E così è sempre stato, non ho mai studiato musica, posso imparare a suonare qualsiasi canzone dopo averla ascoltata un paio di volte. È una mia dote.

La prima canzone che hai scritto?
Si intitola Black Beauty, scritta dopo essermi guadagnata la mia prima sponsorizzazione con Fender e SWR, che era appena uscita con un amplificatore chiamato proprio Black Beauty. In qualche modo eravamo compatibili, una Black Beauty che scrive un pezzo per Black Beauty, intitolato Black Beauty (ride). Ho scritto la canzone, ho cantato e suonato il basso e un giorno Fender mi chiama e mi dice che Dave Stewart vuole parlarmi. Non avevo la minima idea di chi fosse Dave Stewart, ma appena ho sentito Sweet Dreams (Are Made of This) ho capito benissimo con chi avevo a che fare. Dave è stato il primo musicista professionista ad offrirmi un ingaggio. Era il 2009. Sono arrivata a L.A. in grande stile, con tanto di limo e chauffeur, e insieme abbiamo suonato al Conga Room, un posto figo dove hanno suonato musicisti come Erykah Badu e Kendrick Lamar. Quando ho visto che quella sera apriva per noi Sheila E. ero in paradiso. Dave mi ha sempre detto che ero la versione femminile di Lenny Kravitz. Poi dopo qualche anno on the road, mi ha soprannominata Mr. Purple.

Descrivimi l’incontro con Prince.
È il 2012, Prince mi chiama nel cuore della notte, ricordo ancora la sua voce calda, sensuale. All’inizio ho pensato a uno scherzo, ma la sua voce era unica: «Hello, can I speak to Nik West?». È stato scioccante. «Volevo sapere se eri libera per fare una jam con me nel mio studio a Paisley Park». E io: «Certo, quando?». «Puoi venire domani?». Ovvio che non dici no a Prince. Il giorno dopo ero da lui, non avevo dormito perché ho riascoltato e suonato tutte le sue canzoni prima di incontrarlo. La prima canzone che mi ha chiesto di fare è stata Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin) di Sly and the Family Stone. Avevo provato tutte le sue canzoni per ore e adesso mi chiedeva di suonare tutt’altro, fuck! Ho iniziato a suonare, badum badum boom ba ba boom, a quel punto mi prende il basso e mi dice «suonalo così, non smettere finché non lo senti tuo». Ha smanettato per due, tre minuti ad una velocità pazzesca. Abbiamo suonato tutta la notte e poi all’alba siamo andati a fare colazione. Quando siamo tornati in studio mi ha detto «Nik, se vuoi l’ingaggio è tuo». Un sogno. Alla fine ho rifiutato perché avevo deciso di iniziare la mia carriera come solista. Prince ha capito e ha sempre rispettato la mia scelta, dicendomi che ero come Jimi Hendrix, che certi musicisti possono suonare solo per sé stessi.

In che senso?
Buddy Guy voleva che Jimi Hendrix suonasse per lui. Ma Jimi gli disse che non era possibile perché Jimi Hendrix non poteva suonare per nessuno, solo per lui (nei primi anni, Hendrix ha suonato per moltissimi altri musicisti, ndr). Non mi considero Jimi, ma il concetto è lo stesso. E poi, non dimenticherò mai le parole di Prince, anche se le ho capite solo dopo la sua morte. Mi ha detto che se un musicista è il più bravo a fare quello che fa, lo deve fare e basta. Io canto, ballo, faccio spaccate sul palcoscenico, trascino il pubblico… questo lo faccio benissimo e allora fanculo, mi sono messa da sola, anche se è difficile crearti una tua nicchia. Sono partita mettendo dei video in cui suono Prince e Louis Johnson, in poco tempo sono stati visti da 8 milioni di persone.

Da bassista, dimmi i nomi dei quattro, cinque più bravi.
Al primo posto metto Flea. Mi ha detto: se dovessi rinascere nero e donna, vorrei suonare il funk come te. Marcus Miller perché ha creato un suo suono, dopo 10 secondi sai che è lui. Larry Graham che ha inventato lo slap thumb & pull, tipo quando picchi con il pollice la corda e la tiri, dando uno stile ritmico. Lo considero il mio padrino e abbiamo fatto assieme una canzone su quest’album. E poi Sting e Stanley Clarke. La prima delle donne è Rhonda Smith. Aggiungici l’australiana Tal Wilkenfeld perché crescendo, mi sono ispirata a lei e poi naturalmente Esperanza Spalding, quattro Grammy, amica carissima, black beauty, queen.

Se potessi andare in tour con un rapper, chi sceglieresti?
Snoop. In due secondi sai che è lui, ha creato il suo brand, il suo suono è particolare, diverso da tutti, è il mio preferito.

La canzone che ti commuove sempre?
Amazing Grace.

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