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Vita di Valtonyc, il rapper ricercato per una rima

Abbiamo intervistato l'artista, in esilio in Belgio dopo la condanna per incitamento alla violenza e apologia del terrorismo, dove ha registrato una versione speciale di 'Bella Ciao' dedicata ai prigionieri politici. «Quale altra democrazia conta 18 musicisti e centinaia di utenti dei social a processo?»

Per i giovani di mezzo Continente, Bruxelles è una meta molto attraente tanto per le opportunità lavorative nelle istituzioni europee quanto per l’ambiente internazionale. Josep, 24 anni, informatico originario di Mallorca, è nella capitale belga da poche settimane ma lui, a differenza degli altri, tornerebbe a casa domani se solo potesse, ossia se solo non pendesse sulla sua testa un mandato di cattura internazionale emesso dalle autorità spagnole. Da quando il tribunale iberico lo ha condannato a 3 anni e 6 mesi di carcere per incitamento alla violenza, vilipendio alla corona e apologia del terrorismo, la storia di Josep, in arte Valtònyc, rapper “militant” noto nel circuito underground iberico ha fatto in fretta il giro del mondo.

Di scontare la pena, dopo 6 anni di processi, 3 gradi di giudizi, proprio non ci pensa: «Vogliono mettermi in carcere per delle canzoni» dice Valtonyc scuotendo la testa. «Quello che ho subito dalla Spagna è un processo politico, a loro dei testi dei miei brani non importava nulla, a loro importava dare una lezione a tutti», racconta gesticolando. Il torrido sole di un pomeriggio di fine luglio arroventa l’asfalto a pochi passi dalla sede della Commissione Europea e da queste parti, l’afa è l’unico elemento che può far sentire a casa un mediterraneo: «Troppo chiusi e freddi i fiamminghi», prosegue il rapper, «non so se rimarrò qui a lungo. Voglio imparare francese e inglese ma appena la mia situazione si sarà chiarita penso di trasferirmi in America latina o a Cuba». Il limbo giuridico in cui si trova ora, potrebbe non essere passeggero ma una situazione con la quale dovrà convivere a lungo: «il mio passaporto è stato ritirato sei anni fa, appena iniziato il processo e se oggi mettessi piede in ambasciata, verrei arrestato e rispedito subito in Spagna». A maggio, senza alcuna pianificazione, nessun contatto preso in anticipo con le autorità in Belgio, nessuna rete di sostegno all’estero, Josep ha prenotato una camera su Airbnb nella cittadina di Gent, ha afferrato lo stretto necessario e con la benedizione della famiglia è salito sul primo aereo per il Belgio. Rispetto agli esuli del passato, anche la fuga fai-da-te è un segno dei tempi.

Ora è in attesa che il tribunale fiammingo decida il suo futuro: la Spagna insiste per l’estradizione, i belgi per ora, lo hanno rimesso in libertà. Il suo obiettivo non è chiedere l’asilo ma ottenere un pronunciamento dalla Corte Europea per i diritti dell’Uomo. Però ci vorrà tempo, e pur non potendo lasciare il Paese, perlomeno non è costretto, come la star della dancehall giamaicana Vybz Kartel, a registrare tracce da dietro le sbarre. Con una differenza sostanziale tra i due: quest’ultimo è dentro per omicidio, a lui vogliono far scontare il carcere per reati d’opinione: «Stando alla sentenza, in un brano avrei minacciato Jorge Campos [nazionalista iberico, contrario all’utilizzo della lingua catalana alle baleari, nda] con una bomba nucleare», mentre parla non riesce a trattenere una risata. «Ma dico: ora i paradossi vanno anche spiegati? Il rap è colmo di iperbole ed esagerazioni».

Nelle 72 tracce diventate corpo del reato, Valtonyc avrebbe inneggiato all’ETA – l’organizzazione indipendentista basca – e al Grapo – un gruppo paramilitare assimilabile alle BR -, entrambe fuorilegge, rimediando anche una condanna per apologia del terrorismo. E, poi, naturalmente c’è la lesa maestà: «Il re ha un appuntamento nella piazza del paese, con un cappio al collo». Va bene la libertà d’espressione ma non sarai andato un po’ oltre? «Basta ascoltare bene i brani: non ho mai difeso ne’ inneggiato al terrorismo. Le mie sono provocazioni che cercano di attirare l’attenzione su un problema concreto: la Spagna non è il luogo gioioso e festaiolo che tutti credono; il paese non si è mai liberato del franchismo e i suoi tribunali perseguitano attivisti, dissidenti e artisti con particolare accanimento», continua Josep con enfasi. «Quale altra democrazia conta 18 musicisti e centinaia di utenti dei social a processo per reati di opinione?». A marzo Amnesty International ha pubblicato un rapporto dove viene espressa preoccupazione per le leggi draconiane volute dal governo dell’ex premier Mariano Rajoy, — soprattutto la legge anti-terrorismo e la c.d. “ley mordaza”, una norma considerata tra le più repressive d’Europa – che avrebbero appesantito il clima sociale nel Paese.

L’UE evita di entrare nella questione, continuando a certificare l’assoluta democraticità del governo di Madrid ma la colonia di esuli iberici vive proprio sull’uscio dei palazzi europei del potere, e tra attivisti dell’ETA, mezzo “govern” Catalano in fuga e ora anche un rapper, non si fatica a credere che la Spagna abbia qualche problema con la gestione del dissenso.

E ora cosa farà Josep, che potrebbe non rivedere più casa? «Non sono tranquillo, come potrei esserlo? Mi mancano la famiglia e gli amici. Devo pensare alla mia battaglia ma anche ricostruirmi una vita». Mentre parliamo, un gruppetto di giovani si avvicina al tavolo: sono studenti spagnoli che lo hanno riconosciuto; lo salutano e gli danno appuntamento al primo concerto che prossimamente terrà a Bruxelles. Nel frattempo, insieme a Ialma, un collettivo di folk galiziano di base a Bruxelles e alla cantante italiana Lucilla Galeazzi, Valtonyc ha realizzato la sua prima traccia in esilio: è una versione di Bella Ciao, accompagnata da sue liriche in catalano e castigliano, dedicate ai prigionieri politici e alla libertà d’espressione.

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