Beatrice Quinta, ormai Bea per tutti, è nel pieno delle prove per la finale, ma non sembra aver paura, è lucida e di ottimo umore mentre tutti attorno a lei le chiedono qualcosa, tutti vogliono che torni a provare. Non sembra una che si giocherà la vittoria di X Factor al Mediolanum Forum di Assago, ha una voce squillante e rilassata.
Classe 1999, ma soprattutto classe da vendere travestita da diva kitsch pop, questa ragazza ha portato nel programma musicale più amato un talento musicale, televisivo, performativo che raramente avevamo visto prima. Ha mostrato una capacità professionale e vulcanica di trasformazione e visione, ma anche la se stessa ferita e fragile che sa, ora sì, cosa vuole e come ottenerlo. Difficile non amarla, artisticamente e non, con quel carisma che sa essere cameratesco e sensuale allo stesso tempo, con quella sfrontatezza che le permette di resistere, anche fisicamente, a Morgan e di commuoversi per una standing ovation, di regalare con grazia decisa un due di picche a Rkomi e non approfittare mai di una facile scorciatoia che tutti avrebbero preso. Beatrice Quinta ha già vinto, non solo perché Se$$o, il suo inedito, su Spotify sta volando. Ma perché sul palco del Teatro Repower ha sfidato prima di tutto se stessa. Ed è stato un trionfo. Non solo perché ogni giorno che passa le quote di chi la banca come vincitrice si abbassano, ma perché è entrata nel nostro immaginario. Può piacere o meno, ma di lei non ci dimenticheremo.
A noi si racconta con la solita sincerità disarmante e ironica, come quella musica che “fa succedere sempre qualcosa”. Ecco, quando parla è lo stesso.
Prima di tutto, chi è che ti ha fatto arrabbiare su Twitter?
Ho fatto l’errore di andare a leggere i commenti sui social su di me. Detto questo, lo sai meglio di me perché lì mi segui dall’inizio e sai che Twitter è lo scarico del cesso dei miei pensieri oscuri, il ripostiglio dove nascondo il mio lato oscuro. Mi incazzo con tutti senza motivo, soprattutto quando ce l’ho con me stessa. Ma in questo caso ce l’avevano con il mio outfit, con le mie tette, ma alla fine pure in maniera simpatica, quindi stica.
A parte che una definizione così di Twitter neanche Elon Musk, mi dici come ti senti a così poco dalla finale? E te lo aspettavi che ci saresti arrivata, peraltro tra le favorite?
Dai Boris, ma stai scherzando? Abbiamo passato tanto tempo, tu a scriverne e io a provarci. Tu te l’aspettavi? (Ride di gusto) Nessuno se lo aspettava e neanche io. Però io so quanto l’ho voluta e credo che l’impegno che ci ho messo, la determinazione, le prove fino all’alba se necessario si siano viste tutte. Ho lavorato abbastanza per poterci entrare, per meritarmela in un modo o nell’altro, di diritto o di rovescio.
Io avrei giurato che dentro di te ci credessi fin dall’inizio, che sapessi di essere una predestinata mentre noi tutti dubitavamo. Ti servivano solo, come dice sempre Dargen, il budget e un palco per fare quello che volevi.
Questo lo dicevo sempre prima di entrare a X Factor, datemi un palco, un posto dove esibirmi davvero. Lo dicevo soprattutto a chi era scettico, a chi pensava che stessi sbagliando tutto, alle case discografiche che mi respingevano, a me stessa quando ogni tanto mi chiedevo se in effetti la strada fosse quella giusta. Ma dentro di me sapevo che potendo avere l’opportunità di un live come dio comanda, non l’avrei sprecata. E alla fine dopo tanti sacrifici, dopo tanta gavetta mi è toccato in sorte il palco migliore che potessi desiderare, quello che poteva valorizzarmi di più e darmi più opportunità.
Il segreto del tuo successo e della tua rimonta clamorosa?
Il lavoro matto e disperatissimo, finché non considero tutto perfetto. E una cosa che ho sempre saputo: prima che come artista le persone devono trovare il modo di entrare in contatto con te come persona. E qui è successo, io ho voluto che accadesse fin dalle audition. E tutti hanno scoperto che sono una di loro, molto più di quanto sembri.
E in questo, e pure in tutto il resto, quanto è stato importante Dargen D’Amico? Quanto dobbiamo a lui l’aver scoperto la vera Beatrice?
Non è stato importante, è stato fondamentale. Lo dico ogni giorno che io questo programma non l’ho affrontato da sola, ma in duo. Ogni momento, ogni passaggio non avrei potuto affrontarlo senza di lui. Dargen è una persona molto esigente, io una maniaca del controllo, capirai che ci siamo trovati alla grande. La nostra è stata una pazzia condivisa, ma lui non ha tirato fuori Bea, ha avuto la capacità invece di limare, sottrarre, smussare i miei angoli e i miei spigoli, perché io sono una che non fa compromessi, che non ha peli sulla lingua, che su alcuni concetti non transige. E in un ambiente come questo non è una qualità.
E a livello creativo e artistico come avete lavorato?
Abbiamo fatto un lavoro spossante di ricerca musicale ed estetica, in modo che il nostro lavoro, le performance, le esibizioni fossero il più raffinate e controllate possibili e così la musica stessa. Credimi quando ti dico che ci siamo concentrati giorno e notte su ogni dettaglio, ogni decisione, ed è sempre stata comune. Lui di me ha capito tante cose, ma una in particolare: io non presento brani, ma storie. Siamo entrambi artisti e persone che hanno bisogno di continui stimoli, non ci sarebbe mai potuto bastare portare una canzone perché bella, perché ci piaceva e potevamo farla bene. Avevamo bisogno che raccontasse qualcosa di importante, per noi e non solo. Fare il pezzo bello come esercizio di stile e di talento ci avrebbe annoiato a morte, noi volevamo lo show dentro lo show.
Tu sei una delle concorrenti, non solo in questa edizione ma in tutta la storia di X Factor, che ha capito davvero la natura duplice di questo talent, televisiva e musicale, e di quanto bene possano sposarsi se si sa come domarle.
Ma certo, questo è anche e forse soprattutto uno show televisivo. Io mi sono sentita a mio agio anche perché non mi vergogno a dire, anzi ne sono orgogliosa, che esteticamente molti dei miei riferimenti vengono dalla tv italiana, è una realtà che ammiro, almeno in alcune sue eccellenze del passato e qualcuna anche del presente. E magari chi fa musica spesso invece la rifiuta a priori, ideologicamente la tv. Non è il mio caso.
Sei arrivata come Barbie Spears, pardon Britney, sei diventata una sorta di Madonna della penisola. L’impressione è che i tuoi riferimenti, per dirla con Stanis di Boris, siano molto poco italiani. Tu vuoi la performance completa, prima ancora che l’esecuzione canora,
Intanto grazie per quel soprannome, era perfetto, iconico, l’ho amato da subito. E quelle pagelle quanto sono vere, sempre, pure quando mi critichi. Non dici mai cagate, è sempre tutto vero, le adoro. Però qua ti contraddico, perché troppo spesso ci dimentichiamo che noi non abbiamo nulla da invidiare agli Stati Uniti. Certo che c’è Poker Face di Lady Gaga e Britney tra le mie reference, ma noi ci dimentichiamo troppo spesso di cos’è stata per la musica italiana Loredana Berté, una che a Sanremo ci è andata col pancione o con l’abito da sposa per Non sono una signora. E che dire di Donatella Rettore? O Renato Zero? Ma ci siamo dimenticati che Lady Gaga si ispira a Mina? Alla fine la mia esterofilia mi porta a guardare a donne che però si sono ispirate ad artiste italiane. È un grande cerchio, come d’altronde lo è questa arte. Io credo che tutto sia già stato fatto e inventato e l’originalità sta in come interpreti, trasformi, reimmagini tu tutto questo. Già è stato fatto tutto, ma tu devi farlo a modo tuo. Io non sono un’innovatrice, uso solo il mio talento e le mie capacità per portare le mie reference su un palco.
Dai, oggi ce lo puoi dire, hai lavorato anche di strategia. Ci hai proposto la Bea naif e it pop per creare empatia e curiosità e poi quando pensavamo saresti stata una meteora hai tirato fuori il talento vero e ti sei goduta l’effetto sorpresa.
Mi piacerebbe essere così diabolica, ma no, non è così. Semplicemente le audition prima e boot camp e last call poi sono fortemente condizionate da un montaggio serrato e draconiano che non consentiva a nessuno di conoscermi davvero. Ora, nei live e nei daily c’è più spazio per me come persona e come artista e inevitabilmente tutti mi hanno potuto capire meglio. E poi c’è un’altra cosa: io sono una gran fan della coerenza e ci tenevo ad affrontare quest’avventura e provare a viverla mostrando il mio sound, la mia attitudine musicale principale. Entrata ai live sapevo che avrei potuto spaziare, imparare, giocarmi le mie carte accettando più sfide. Io alla fine vengo dalle jam session a Palermo, vengo dal rock, la mia musica ha influenze molto varie e insospettabili e volevo che si vedessero tutte, e che continui a essere così. Insomma non è strategia, ma per una persona come me che copre il dolore e la tristezza con l’umorismo e il self deprecating (un modo moderno e esterofilo di dire autoironia), è difficile farsi conoscere. Anche perché se non ti conosci bene te, come puoi pretendere che ti capiscano al volo gli altri?
Stavo cercando il modo più elegante di chiedertelo, ma non c’è. Quindi… dopo la finale uscirai a cena con Rkomi? Ecco, l’ho detto.
Sai che ti dico bro? Non credo proprio. In questo momento sono troppo concentrata su X Factor e sul prossimo futuro. Sono stata sempre una donna che ha seguito gli uomini, in questo momento della mia vita vorrei invece curarmi di me e in particolare che il focus mio e del pubblico sia sulla mia musica. E sento il bisogno, francamente, di essere seguita in quanto Beatrice ed artista e non perché Rkomi mi vuole scopare o meno.
Potevi però approfittare di quell’approccio per creare curiosità attorno a te, poteva essere una scorciatoia per arrivare in fondo senza faticare troppo
Onestamente mi sembra una strategia perdente, tutti avrebbero pensato che di puntata in puntata sarei passata solo perché avevo una storia con Mirko. Tutto il mio percorso artistico sarebbe stato messo in ombra da quello. E se proprio dovete dare il merito dei miei successi a un uomo, dateli a Dargen D’Amico.
Il momento più bello di questo X Factor per te?
Sono due. Il duetto con Morgan, la cosa più folle che io abbia mai fatto. Siamo saliti sul palco improvvisando, lui si è messo al piano dopo che avevamo provato una sola volta e io mi sono detta: hai fatto le jam session, non devi aver paura. Non l’ho fatta bene, ma quando mi sono rivista ho pensato: questo è il rock’n’roll! Ed è stato bello per me che normalmente invece sto sveglia fino alle 4 per limare anche il minimo dettaglio di ogni performance, ossessionata dal controllo come sono. La seconda è la standing ovation dopo Teorema. Non pensavo ne avrei mai avuta una, anche per il tipo che sono e il genere di musica che faccio. Io sono consapevole del posto che ho nel programma, pensavo di essere un sorriso buttato lì per alleggerire, la prima a stupirsi delle cose che ho fatto in questo talent sono io, non pensavo sarei riuscita a scrollarmi di dosso l’immagine della ragazza superficiale con outfit provocante e senza molto da dire. E invece ragazzi io ne ho di cose da dire e se me lo consentite vorrei farlo con le tette al vento.
Qual è la cosa più dura da sopportare a X Factor invece?
Il lato organizzativo, avere solo due giorni scarsi per imparare un brano. Io sul palco non ho problemi, quello mi viene fisiologico e naturale e istintivo come mangiare, cacare e scopare. Ma ossessionata dal controllo come sono ovviamente la preparazione era una tortura, soprattutto per Dargen che è stato un santo a sopportare tutte le mie intemperanze, divento ingestibile. Non l’isolamento invece, siamo diventati una famiglia con tutti gli altri concorrenti. Si soffre quando qualcuno se ne va, ma questo è un gioco crudele, quando la mente cede, la settimana dopo sei fuori, ti devi aggrappare al sogno, alla voglia maniacale di fare bene e di spaccare il programma.
Dove si vede Beatrice Quinta fra 5 anni?
In una villetta poco fuori Milano, con un giardino grande, sempre folle come adesso ma con qualche sicurezza in più e la mia famiglia attorno, dei bambini. E mi piacerebbe continuare a fare musica.
E magari con un paio di dischi di platino appesi in salotto
Magari, ma dirlo porta sfiga. E poi più che i dischi di platino, fidati, sono le date bloccate quelle che vorrei, io voglio fare più tour possibili, è quello il mio sogno, la mia necessità. Io solo sul palco mi sento completa, felice, è quello che voglio fare.