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Yung Lean non è uno da interviste

Il giovane rapper svedese è un genio, ma non è un granché a raccontarsi. Anzi, è proprio un disastro

Jonatan Misans Håstad aka Yung Lean. Foto di Zak Arogundade

Jonatan Misans Håstad aka Yung Lean. Foto di Zak Arogundade

Gli ultimi tre anni sono stati forse i più difficili della vita di Yung Lean. Nei primi mesi del 2015, una spirale di psicofarmaci e droghe lo ha costretto sul lettino di un ospedale psichiatrico nonostante gli allora 19 anni di età. Al limiti del paranoico durante il ricovero, il rapper svedese aveva chiesto a Barron Machat, il manager americano, di portargli il suo hard disk. Sulla strada del ritorno, però, Barron ha perso il controllo della macchina morendo nell’incidente. Nemmeno un anno dopo, qualcuno ha scaricato una semiautomatica contro il suo tour bus fermo a Pittsburgh, senza però fare feriti.

Eppure, proprio come succede ai più grandi (vedi Kanye con 808’s & Heartbreak e la morte della madre), in questi tre soffertissimi anni Jonatan Misans Håstad ha firmato solo capolavori, due cose chiamate Warlord e Frost God. Non solo i suoi migliori album, ma forse tra i dischi più rappresentativi degli anni ’10, per come hanno sintetizzato al contempo l’alienazione di una generazione e un’estetica post-tutto ormai trasversale ai generi. Ed era dura anche per lui imbroccare tre missili di fila, e invece ci è riuscito. Stranger è l’opera più cloud rap del padre dei cloud rapper, un disco che sopprime del tutto i suoni aggressivi per affidarsi a layer eterei, minimali, di una levigatezza quasi terapeutica.

L’artista sarà anche rimasto il genio di Ginseng Strip 2002 e della sua crew Sad Boys. È anche molto più maturo artisticamente, ma forse non personalmente. O almeno, quando si parla di interviste. Quello qui sotto è il risultato di una serie di domande mandate a Lean via mail. Non c’era altro modo di raggiungerlo, nemmeno una classica telefonica di 10 minuti, ma forse a questo punto era meglio non concedere proprio interviste. Fa abbastanza ridere perché sembra la trascrizione di un interrogatorio.

I Sad Boys sono ancora tristi?
Secondo te?

In uno dei pezzi del nuovo disco, Muddy Sea dici “Fuck being famous / I don’t need all that shit”. In più, hai chiamato l’album Stranger: ti sei pentito di essere diventato famoso?
Penso che la maggior parte delle persone famose abbia aspirazioni e ansie di diventare famosa.

Molti pezzi nell’album hanno titoli doppi, come mai?
Molti pezzi hanno doppi significati per me.

Sembra che tu sia sempre più sicuro di te, album dopo album. Lo credi anche tu?
Lo credo anch’io.

Ti piace l’etichetta di “cloud rapper”?
No.

Come hai incontrato i tuoi produttori, Gud e Sherman?
Avevamo amici in comune.

Collaboreresti mai con produttori che non siano loro?
L’ho già fatto e lo farò ancora in futuro.

Quanto è importante il merchandise per un artista contemporaneo?
Non così importante. Goderti ciò che fai è l’unica cosa che importa.

È vero che dipingi? Descrivi i tuoi quadri.
Mi faccio trasportare dalle emozioni. Come in ogni cosa.

Come hai metabolizzato eventi traumatici come la sparatoria a Pittsburg? Hai paura di andare in tour adesso?
L’ho superata il giorno dopo. Il tizio non stava minimamente sparando a noi.

Che tipo di persone farebbe questo? Chi ti vorrebbe morto?
Davvero? Che domanda è?

Se il tuo tatuaggio di Pluto che hai sul collo potesse parlare, cosa ti direbbe?
“Jonatan, smetti di rispondere a queste domande stupide.”

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