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John Lennon, la stella polare di Rolling Stone

Queste pagine non sarebbero le stesse senza di lui. Il frontman dei Beatles è stato protagonista fin dal primo numero, e oggi è l'occasione giusta per raccontare quanto è stato importante per la rivista

L’8 dicembre 1980 Annie Leibovitz è arrivata nell’appartamento di John Lennon e Yoko Ono, doveva fotografare la coppia per la cover di Rolling Stone. Gli ha chiesto di togliersi i vestiti, una citazione alla loro prima foto di copertina (nel 1968), dove apparivano nudi per la promozione di Two Virgins. Yoko era contraria, John invece si è spogliato e si è posizionato accanto alla donna in posizione fetale.

«Mi ricordo quando ho preso la Polaroid del primo scatto», ha detto Leibovitz. «John mi ha detto “Ecco. Questa è la nostra relazione”». Poche ore dopo è stato ucciso.

L’immagine è apparsa sulla cover del numero uscito il 22 gennaio 1981. Rappresentava il drammatico finale della lunga relazione (13 anni) tra Lennon e la nostra rivista. Si è dimostrato disponibile in tutte le interviste: ha spiegato l’esplosione dei Beatles, ha combattuto Richard Nixon e raccontato le storie delle sue canzoni. Parlava di tutto, anche della sua dieta macrobiotica.

Con Rolling Stone Lennon condivideva passioni e visione del mondo. «John rappresentava il rock & roll nella sua forma più pura», dice il fondatore e direttore Jann S. Wenner. «Era l’erede naturale di Elvis. Tutto quello che lui e Yoko hanno fatto per la rivista non gli ha fruttato niente, ma ci ha resi credibili e autorevoli».

La relazione è iniziata proprio con il primo numero. Wenner aveva bisogno di un’immagine per la cover, e ha visto una fotografia pubblicitaria di Lennon scattata per il film di Richard Lester How I Won the War. «Era il giorno prima della chiusura», dice Wenner. «Era la cosa migliore che avessimo per le mani. Siamo stati fortunati, e devo dire che è stato un evento profetico».

La copertina di “Two Virgins”

L’anno successivo Wenner ha scoperto che i negozi vendevano Two Virgin nascosto in una busta di carta marrone: Lennon e Yoko Ono apparivano nudi sulla copertina. L’editor Ralph Gleason ha deciso di contattare lo staff di Lennon per vedere le immagini. «Ce le hanno mandate subito», ha detto Wenner, «è stato davvero facile».

La cover fu un caso nazionale. L’immagine della coppia nuda era in tutte le edicole il 23 novembre 1968. Un edicolante di San Francisco è stato arrestato per aver venduto la rivista; Wenner era furioso. “Il punto è questo”, ha scritto nel numero successivo, “stampa la pelle di un tizio famoso e il mondo verrà a bussare alla tua porta”.

Lennon ha capito subito che Rolling Stone era il mezzo perfetto per comunicare con il suo pubblico. Per la rivista ha scritto un resoconto del caos del Toronto Peace Festival del 1970; Ritche Yorke era con loro nel 1969 durante la protesta “Bed-in for Peace”. «Erano i primi giorni di John & Yoko, e lui voleva dire la sua», ha detto Yorke. «Aveva un messaggio importante, mi ha colpito subito».

John Lennon e Yoko Ono durante la protesta “Bed-In for Peace”

L’anno successivo Lennon e Ono sono andati in California per studiare la Terapia Primaria con il Dr. Arthur Janov. Si sono fermati negli uffici di Rolling Stone, un piccolo loft a San Francisco. «La redazione era in fermento», ricorda Wenner. «I Beatles erano come delle divinità, nessuno li aveva incontrati».

Wenner e sua moglie Jane volevano portare Ono e Lennon in giro per la città. Un cinema proiettava Let It Be, il film che raccontava le session del 1969, e nessuno dei Beatles l’aveva mai visto. «Quando Paul ha iniziato a cantare Let It Be John si è messo a piangere», racconta Jane, «poi ha iniziato anche Yoko. E poi ci siamo ritrovati tutti in lacrime. La terapia li aveva resi vulnerabili».

All’epoca Wenner pressava Lennon per un’intervista. Più tardi, verso la fine del 1970 – otto mesi dopo l’annuncio dello scioglimento della band annunciato da McCartney – ha accettato. Si sono incontrati a New York, John era con Yoko e hanno parlato per quattro ore nell’ufficio del manager Allen Klein. «Volevo che raccontasse i Beatles dal suo punto di vista», racconta Wenner. «La storia del loro scioglimento non era stata ancora raccontata».

Eravamo stanchi di essere la band di supporto di Paul

Wenner è uscito dalla stanza con in mano l’intervista più importante della storia del rock. Nessuno aveva mai visto Lennon così: maturo, lucido, forse un po’ cinico. Ha parlato dell’eroina, distrutto il “mito” dei Beatles e raccontato nei minimi dettagli il loro scioglimento. «Quel film (Let it Be), è stato pensato da Paul per essere visto da Paul. Ed è una delle cose che hanno distrutto la band. Non posso parlare per George, ma ti assicuro che eravamo stanchi di essere la sua band di supporto».

L’intervista è stata divisa in due cover story, ed è finita sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Il New York Times ha dedicato un sacco di spazio alle dichiarazioni più esplosive, era la prima volta che Rolling Stone riusciva ad anticipare la grande stampa americana. «Con quella cover siamo diventati una cosa grossa», spiega Wenner.

Sia Wenner che Lennon si sono ritrovati al centro del mondo nel pieno della loro giovinezza. «Avevo solo 25 anni», ricorda il direttore, «e lui ne aveva appena compiuti 30. Essere uno dei Beatles è qualcosa che non puoi assimilare e capire davvero se sei così giovane. Poi è finito tutto».

Negli anni successivi la rivista è stata al fianco di Lennon e di tutte le sue battaglie. Soprattutto quella contro l’amministrazione Nixon, che voleva deportarlo per i suoi stunt pacifisti. Rolling Stone ha raccontato quella storia nei minimi dettagli, fino a quando nel 1975 l’ordine è stato ritirato. «Non ce l’avremmo mai fatta senza di voi», hanno scritto Lennon e Ono in una lettera pubblicata nell’ottobre del 1975. «Grazie a tutti quelli che ci hanno mandato regali, lettere ecc. abbiamo festeggiato tre volte (la decisione del giudice / baby Sean / il compleanno di J.L)!!!».

Alla fine del 1980, cinque anni dopo la decisione di Lennon di ritirarsi per crescere suo figlio, è arrivato l’annuncio del completamento di Double Fantasy e della volontà della coppia di rilasciare un’intervista nel loro appartamento. Lennon era positivo, ottimista, pieno di entusiasmo e di opinioni forti. «La stampa ti ama solo quando stai diventando famoso, poi arrivi in cima e non vedono l’ora di riempirti di merda», diceva. «Io non posso diventare più famoso di così. Quello che vogliono è un bel po’ di eroi morti, come Sid Vicious e James Dean. Io non voglio essere un eroe morto del cazzo».

Cott – il giornalista incaricato da Wenner – ha accompagnato la coppia in studio, stavano lavorando al mix di Walking on Thin Ice. Avrebbero finito tre giorni dopo, pochi minuti prima dell’omicidio. «La prima e l’ultima volta che si sono incontrati era per fare musica», ricorda il giornalista, «trovo che sia una coincidenza straordinaria».

Come praticamente tutti gli americani, Wenner ha scoperto dell’omicidio di Lennon con l’annuncio di Howald Cosell durante Monday Night Football. Si è precipitato a Central Park dove si erano riunite centinaia di persone in lutto. «Qualcuno cantava, qualcun altro accendeva candele», ricorda. «Nessuno sapeva cosa fare».

La mattina successiva lo staff di Rolling Stone ha iniziato a lavorare a un numero speciale, una celebrazione della sua vita. «Stavano cercando una foto di John per la cover», ha detto la Leibovitz. «Ho detto a Jann che avevo promesso la cover a entrambi. Era d’accordo con me, era la nostra ultima promessa». Negli anni successivi Rolling Stone è sempre stato in prima fila nella campagna contro il possesso di armi da fuoco. Anche ora che è morto John Lennon è una parte importante di questa rivista.

«Ha dato tantissimo a Rolling Stone», dice Wenner. «E sarà sempre la nostra stella polare».

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