Gli amministratori fiduciari che curano il fallimento del Fyre hanno intentato 14 cause contro le agenzie che rappresentano artisti che avrebbero dovuto esibirsi nel corso del disastroso festival e contro alcuni influencer che hanno contribuito a lanciarlo sui social media, spiega Billboard.
Con le cause, sperano di recuperare 14,4 milioni di dollari che Fyre Media e il suo fondatore Billy McFarland hanno speso per mettere in piedi il festival, e recuperare così risorse economiche per ripagare creditori e investitori. I soggetti della causa includono importanti agenzie come United Talent Agency, Creative Artists Agency, NUE, International Creative Management, Paradigm e IMG, i cui clienti includono Blink-182, Pusha T, Tyga, Migos, Lil Yachty e Rae Sremmurd. Anche le modelle Kendall Jenner ed Emily Ratajkowski sono state citate in giudizio per aver promosso il festival su Instagram, così come la Matte Productions che ha contribuito a produrre un documentario Netflix sul Fyre.
Gregory Messer è l’amministratore fiduciario che supervisiona il fallimento di Fyre Media. Contattato per un commento, Fred Stevens, l’avvocato principale di Messer, ha parlato a Rolling Stone delle cause. I rappresentanti di ICM, Paradigm, IMG, UTA, NUE Matte Productions e Jenner non hanno invece risposto prontamente alle nostre richieste di chiarimenti.
Le cause legali mirano a recuperare i soldi pagati ad artisti che non si sono poi presentati all’evento. La causa contro ICM, per esempio, riguarda i 350.000 dollari pagati per il set da headliner di un artista non meglio specificato della G.O.O.O.D. Music di Kanye West, forse “Lil Yachty, e/o Migos, e/o (Rae) Sremmurd”. La causa contro NUE concerne pagamenti di 245.000 dollari a Pusha T, 142.500 dollari a Desiigner e 112.500 dollari a Tyga, oltre a un extra di 230.000 dollari in trasferimenti non giustificati.
Nella causa contro CAA si sostiene che i loro clienti Blink-182 sono stati pagati 500.000 dollari e hanno poi annullato all’ultimo minuto la loro apparizione al Fyre Fest. “La band ha trattenuto i fondi”, recitano i documenti della causa. “Nel tweet in cui annunciavano la cancellazione, la band non ha rivelato ai fan e a nessun altro dei problemi che stavano sperimentando con il Fyre Festival e i suoi organizzatori, o che il festival sembrava essere in gravi difficoltà”. Paradigm e ICM stanno negoziando un accordo.
In quanto a Jenner e Ratajkowski, sono state citate in giudizio per aver incassato centinaia di migliaia di dollari per promuovere il Fyre Festival sui social media. Pare che Ratajkowski abbia ricevuto 300.000 dollari per promuovere il festival, mentre Jenner avrebbe incassato 270.000 dollari. La causa contro Jenner la accusa di “avere intenzionalmente spinto alcuni membri del pubblico e gli acquirenti dei biglietti a credere che” Kanye West sarebbe stato l’artista di punta del Fyre Festival per avere fatto riferimento in un post di Instagram a un headliner dalla “famiglia della “G.O.O.O.D. Music”. “Questa condotta dimostra una chiara mancanza di buona fede da parte di Jenner”, si afferma.
Il punto cruciale della causa contro la Matte Productions, che con Jerry Media ha prodotto il documentario di Netflix Fyre: The Greatest Party That Never Happened, si concentra sul presunto pagamento alla compagnia di 500.000 dollari per girare ed editare gli annunci pubblicitari per il festival. La causa sostiene che Matte “ha usato quel materiale per produrre un documentario redditizio e popolare che stroncava il festival (senza condividere i proventi con le vittime di McFarland)””.
Messer e Stevens hanno anche intentato causa contro Fyre Media, la società della app di booking di McFarland che era dietro il festival. Si sostiene che la società ha dato 2,25 milioni di dollari a vari influencer per promuovere il Fyre Fest, e che McFarland ha speso 315.645 dollari degli investitori per spese personali come “un attico di lusso, interior design e arredamento, soggiorni in hotel, ristoranti e intrattenimento, trasporti, abbigliamento e altre cose”.
McFarland sta attualmente scontando una pena detentiva di sei anni dopo essersi dichiarato colpevole di molteplici accuse di frode nel 2018.