Anche le leggende del rock hanno cominciato da qualche parte. Esplorare i primi progetti delle star significa ritrovarsi in un mondo bizzarro dove Michael Bolton e Billy Joel suonano metal, Madonna è la batterista di un gruppo post punk e Ronnie James Dio un teen idol. Finito l’ascolto, le domande superano di gran lunga le risposte. Neil Young e Rick James hanno davvero suonato insieme in un gruppo in stile Motown? Lemmy indossava un rosario al collo sul palco? Perché i Radiohead erano fissati col sax? Per scoprirlo, non resta che leggere le storie delle prime band delle future leggende della musica. Nel primo episodio: David Bowie e il suo gruppo mod, i Lower Third.
I Lower Third, un gruppo mod nato nella provincia londinese di Margate, cercavano un nuovo frontman quando nella primavera del 1965 il 18enne Davy Jones si presentò a un’audizione. Dopo aver perfezionato nell’anno precedente la sua abilità sul palco con band rozze di R&B come Konrads, King Rees e Mannish Boys, in quell’occasione il futuro David Bowie ha cantato Little Richard e ha suonato un assolo col sax che si era portato dietro. Ha così ottenuto il posto spuntandola sull’amico e futuro urlatore degli Small Faces Steve Marriott. «Ci piaceva quel che suonava», dirà il chitarrista Denis Taylor a Marc Spitz, «e ha subito contribuito a darci un’immagine».
Davy Jones e i Lower Third hanno tenuto il loro primo show in aprile. Nel corso dei mesi successivi sono andati in giro per concerti a bordo di una vecchia ambulanza diesel. La loro musica era potente e rozza, a volte troppo. «Eravamo decisamente chiassosi», dirà più avanti Bowie. «Usavamo i feedback e non suonavamo melodie. Il sound era vagamente basato su dischi della Tamla Motown. Avevamo un pubblico affezionato di un centinaio di mod, ma fuori da Londra ci cacciavano dai palchi a forza di fischi. Non eravamo granché bravi».
Il gruppo prendeva ispirazione dagli eroi del blues come John Lee Hooker («Senza grande successo») e Bowie faceva del suo meglio per aggiungere materiale originale al repertorio. «Non sapevo come si scrive una canzone, non ero particolarmente bravo», ha detto. «Non ero affatto un talento naturale… l’unico modo che avevo per imparare era osservare gli altri, brancolavo nel buio».
Alla fine Bowie se n’è uscito con la cupa You’ve Got a Habit of Leaving Me, un brano arrangiato con una struttura di accordi caotica e a un passo dalla dissonanza. Considerando il suo enorme debito nei confronti dei primi Who e Kinks, è appropriato che l’abbia registrata con Shel Talmy, il produttore che aveva lavorato con entrambe le band, e anche con Bowie ai tempi dei Mannish Boys. Talmy assicurò al gruppo un contratto di distribuzione con Parlophone, l’etichetta dei Beatles, ma quando il singolo arrivò nei negozi nell’agosto 1965 a nome Davy Jones and The Lower Third non ottenne certo il successo dei Fab Four. Non ci è riuscito nemmeno il seguito Can’t Help Thinking About Me, pubblicato nel gennaio successivo e accreditato a David Bowie and The Lower Third: è la prima apparizione di quel nome d’arte che diventerà leggenda.
Il rapporto tra Bowie e gli altri Lower Third diventerà difficile dopo l’arrivo di un nuovo manager interessato più alle apparizioni del frontman che al lavoro vero e proprio. Il risentimento e il rancore interno alla band erano esacerbati dai problemi economici e dai risultati modesti in classifica. Il gruppo si separò quella stessa estate.