Sono da poco passati 25 anni dal 31 maggio del 1998, quando, dopo giorni di assenze sospette, Geri Halliwell confermava al mondo quello che nessun fan undicenne delle Spice Girls meritava di sentirsi dire: «Purtroppo, devo confermare che ho lasciato il gruppo. È una scelta che ho dovuto fare a causa di grosse differenze tra di noi. Sono sicura che le ragazze continueranno ad avere successo e auguro loro tutto il meglio. Al momento non ho alcun piano».
In quelle poche righe c’erano un sacco di falsità: le ragazze non avrebbero continuato ad avere successo (si sarebbero sciolte poco dopo) e da lì a poco Geri preparava il lancio della sua fugace carriera solista. Soprattutto, però, la cantante di It’s Raining Men aveva insegnato a migliaia di bambine e bambini dell’epoca una lezione di vita: niente è per sempre, neanche le Spice Girls.
Da quel 1998 di anni ne sarebbero passati diversi prima di sentir parlare di Intelligenza Artificiale. Sì, c’era nei film e nei libri, ma era tutta roba ambientata nel futuro, tra macchine che volano e alieni. E se i più si immaginavano un utilizzo nobile di questa tecnologia, magari con applicazioni che aiutassero a sconfiggere piaghe come la fame o le malattie, ora che l’AI è fruibile abbiamo finalmente avuto accesso a features che, come direbbero i politici, sono vicine alle problematiche del paese reale: la possibilità di chattare con Padre Pio, quella di creare avatar muscolosi da postare su Instagram, ma pure «oddio ma che ridere i personaggi di Harry Potter vestiti Balenciaga».
Ma che c’entra tutto questo con Geri Halliwell? C’entra, perché tra i tanti utilizzi dell’AI c’è quella che i fan hardcore aspettavano da tempo: con l’AI si possono fare le canzoni. Si possono creare da zero, ma si possono anche aggiungere le voci a quelle che esistono già. Roba che se fosse esistita 25 anni fa, Geri l’avrebbero rimpiazzata con un click. Qualcuno, per dire, ha già fatto un disco degli Oasis senza Oasis. Una band inglese, i Breezer, ha scritto un po’ di pezzi per poi aggiungere con l’AI la voce di Liam Gallagher. Su Twitter hanno chiesto a Liam se avesse sentito i brani: «Ho sentito la melodia di una canzone, è comunque meglio di tanta roba che c’è in giro».
Inutile dire che da quando i software sono facili da usare il web si è riempito di esperimenti simili. I Beatles hanno pubblicato nuova musica, o meglio: le canzoni soliste di Paul McCartney e John Lennon sono diventate canzoni di tutti e quattro e alcuni fan attempati son lì che si emozionano e piangono nei commenti su YouTube.
Altra popstar gettonatissima nella sua versione AI è Britney Spears, che non pubblica un disco dal 2016: no problem, facciamole cantare tutte le canzoni degli altri. Basta utilizzare programmi come SoftVC VITS Singing Voice Conversion, ma esistono pure siti web che automatizzano la maggior parte del processo. Si inserisce la canzone originale e si associa la voce. Facile facile. I fan di Britney ci han dato dentro: su YouTube si trovano le “sue” versioni mille canzoni, dall’ultima di Dua Lipa a Party in the USA di Miley Cyrus. Ma ogni giorno ne spuntano di nuove: c’è Lana Del Rey che canta Harry Styles, c’è Harry Styles che canta Lana Del Rey, c’è Billie Eilish che canta Amy Winehouse, Rihanna che canta SZA, ma pure Kurt Cobain che canta A Thousand Miles di Vanessa Carlton.
Sacrilegio? Sì, è un po’ il punto è questo. Se da una parte pure i morti tornano in vita, il che sarà probabilmente una fonte di guadagno per gli eredi che vogliono il grano, dall’altra l’Intelligenza Artificiale permette di creare l’impossibile. I Beatles ancora insieme, ma pure Britney che canta una canzone della “rivale” Aguilera. E così il giochino diventa sempre più la ricerca dell’improbabile, dell’impossibile, che impossibile però più non è.
E i vivi che fanno? Alcuni pensano alla morte (artistica), e non ci sentiamo di dargli tutti i torti. Altri, provano a perforare il mercato: una su tutti Grimes, che ha annunciato che condividerà la metà delle royalties su qualsiasi canzone di successo con la sua voce generata dall’intelligenza artificiale e ha dichiarato che sta realizzando un proprio modello vocale da far utilizzare agli utenti. Non ci aspettavamo niente di diverso da una che chiama il figlio X Æ A-12.
Nel mentre, le discografiche cercano di capire cosa fare con questa patata (artificiale) bollente: Universal ha siglato un accordo con Endel, piccola società di produzione musicale berlinese che realizza musica tramite intelligenza artificiale. Lo riporta un articolo di Repubblica: «Per ora almeno non ne nasceranno grandi hit da classifica come prometteva di essere Heart on My Sleeve di Drake e The Weeknd (primo caso di musica AI da non crederci, nda) perché Endel è specializzata in un campo molto specifico, seppur vasto: creare paesaggi sonori per attività quotidiane come sonno, relax e concentrazione». Insomma, buone notizie per tutti tranne che per chi suona nelle compilation Buddha Bar.
Parallelamente sul web il fenomeno è però inarrestabile e sono iniziate anche le truffe: alcuni fan di Frank Ocean hanno speso 13.000 dollari per acquistare canzoni inedite false, generate dall’intelligenza artificiale.
Come in tutti i momenti di transizione, è difficile capire come verrà impiegata l’AI nel futuro prossimo. C’è da sperare che venga fatta una legge e che le etichette gestiscano meglio la questione rispetto a come hanno gestito il passaggio da CD a mp3 (vi ricordate la tenerezza dei CD anticopia?). In questi giorni in Commissione Europea si parla di creare una sorta di bollino per identificare i contenuti generati dall’AI, in modo da limitare così la disinformazione. Ma come si mette un bollino su una canzone? Forse inserendo un tag, qualcosa tipo “Elettra, Elettra Lamborghini”, ma più severo.
Mentre aspettiamo, siamo nella zona grigia: sul web spuntano nuove canzoni ogni giorno e i musicisti hanno paura dei tempi che verranno. Bisogna però ammettere che qualche esperimento degno di nota c’è. Tipo Ariana Grande che canta Ragazza di periferia di Anna Tatangelo. È forse questo il concetto di Metaverso? Se proprio dobbiamo morire, facciamolo con un sorriso (rigorosamente generato con FaceApp).