Little Richard, il pioniere del rock and roll il cui personaggio gender fluid e il cui stile sgargiante erano la personificazione del genere, è morto questo sabato a 87 anni. A confermare la notizia a Rolling Stone è stato il figlio Danny Penniman. La causa della morte non è nota.
A partire da Tutti Frutti del 1956, Little Richard ha collezionato una serie di hit – Long Tall Sally e Rip It Up sempre nel ’56, Lucille nel ’57, Good Golly Miss Molly nel ’58 – con la sua voce influenzata dal gospel, il suo piano irresistibile e i suoi testi sensuali. «Ho sentito Little Richard e Jerry Lee Lewis e tanto è bastato», aveva raccontato a Rolling Stone nel 1973 Elton John. «Non ho più voluto fare nient’altro nella vita. Sono più un Little Richard che un Jerry Lee Lewis, immagino».
Anche se dopo il 1958 non è più riuscito a entrare in top 10, l’influenza di Little Richard sul mondo della musica è stata enorme. I Beatles hanno rifatto diversi suoi brani, che sono diventati parte del canone del rock and roll e sono stati interpretati da artisti d’ogni tipo.
Il suo personaggio androgino e truccato ha anch’esso influenzato l’estetica del rock. Prince, solo per citare l’esempio più ovvio, doveva tantissimo al musicista scomparso oggi. «Prince è il Little Richard della sua generazione», aveva detto Little Richard a Joan Rivers nel 1989 prima di guardare in camera a rivolgersi direttamente a Prince: «Mi vestivo di viola prima di te!».
Al secolo Richard Wayne Penniman, Little Richard era nato il 5 dicembre 1932 a Macon, in Georgia. Aveva 11 fratelli ed era stato cresciuto da degli zii predicatori. «Vengo dai bassifondi. Mio padre vendeva whisky fatto in casa», ha raccontato a Rolling Stone nel 1970. Anche se cantava nel coro di una chiesa, suo padre non ne sosteneva la scelta di fare musica e lo accusava di essere gay. E così, era scappato di casa a soli 13 anni, andando a vivere con una famiglia bianca di Macon. Non aveva abbandonato la musica: uno dei suoi migliori amici d’infanzia era Otis Redding e con lui ascoltava R&B, blues e country mentre lavorava al Macon City Auditorium.
Dopo aver vinto un talent show locale, Penniman aveva ottenuto il suo primo contatto discografico nel 1951. Aveva scelto il nome Little Richard a 15 anni, quando il mondo del blues e dell’R&B erano pieni di artisti con nomi simili come Little Esther e Little Milton. Aveva imparato a suonare il piano in quel modo ascoltando Esquerita, artista della South Carolina che, prima di Penniman, si pettinava alla Pompadour.
La sua carriera non era decollata subito e i suoi singoli piuttosto convenzionali stentavano ad affermarsi in classifica. «Quando ho cominciato a fare musica non avevo mai ascoltato il rock and roll», ha raccontato a Rolling Stone nel 1990. «Mi sono esercitato un sacco di tempo prima di fare rock and roll in pubblico, temevo non piacesse. Non lo faceva nessun altro e avevo paura».
Nel 1956 lavava i piatti alla stazione degli autobus di Macon, un lavoro che aveva cominciato a fare qualche anno prima, quando il padre era stato assassinato e lui aveva dovuto provvedere alla famiglia. In quel brutto periodo aveva mandato una registrazione grezza di Tutti Frutti alla Specialty Records di Chicago. Aveva inventato il celebre “a wop bob alu bob a wop bam boom” per combattere la noia mentre lavava i piatti. Nello stesso periodo aveva scritto anche Long Tall Sally e Good Golly Miss Molly.
Per una fortunata coincidenza, il proprietario dell’etichetta Art Rupe stava cercando un cantante per alcuni brani che voleva registrare a New Orleans e Penniman gli sembrava perfetto. Nel settembre 1955 gli aveva fatto registrare una versione migliore di Tutti Frutti, che sarebbe diventata la prima hit di Little Richard, arrivando 17esima nella classifica pop.
La successiva Long Tall Sally era arrivata al numero 6, la posizione più alta che avrebbe raggiunto in carriera. Per poco più di un anno aveva continuato a pubblicare hit una dopo l’altra. Improvvisamente era al livello di Elvis Presley, di Jerry Lee Lewis e delle altre prime icone rock, con orde di fan in delirio e concerti pieni. «Era ciò che eccitava tutti i ragazzi d’America», ha detto nel 1970. «Non volevano falsità, volevano il vero».
Come Presley, Lewis e altri contemporanei, anche Little Richard aveva preso parte ai primi film sul rock come Don’t Knock the Rock (1956) e The Girl Can’t Help It (1957). Ma – per dare un’idea di quanto all’epoca la segregazione razziale fosse in vigore anche nelle radio – le cover annacquate di Tutti Frutti e Long Tall Sally di Pat Boone, pubblicate anch’esse nel 1956, erano andate altrettanto bene, se non meglio degli originali. Anni dopo Penniman ha spiegato di avere cantato Long Tall Sally a un ritmo più sostenuto di Tutti Frutti nella speranza che Boone non riuscisse a copiarlo.
Aveva smesso di fare hit, per scelta. Dopo quelli che aveva interpretato come dei segni – il motore di un aereo su cui viaggiava che stava per prendere fuoco e un sogno sulla fine del mondo – nel 1957 Penniman aveva smesso di fare musica e aveva cominciato a studiare la Bibbia all’Oakwood College, dove poi era stato ordinato ministro. Nel 1959 era tornato a registrare, un album gospel intitolato God Is Real.
La sua carriera gospel non era mai decollata e così nel 1964 Little Richard era tornato al rock. Anche se nel decennio seguente nessuno dei suoi album e dei suoi singoli ha venduto bene, è stato celebrato dalla nuova generazione di rocker come i Rolling Stones e Bob Dylan. Nel 1964 aveva suonato ad Amburgo e ad aprire c’erano i Beatles.
Negli anni ’70 si guadagnava da vivere come star del vecchio rock’n’roll. In questo periodo era anche diventato dipendente dalla marijuana e alla cocaina, e allo stesso tempo era tornato al gospel.
Little Richard ha anche combattuto gli stereotipi e i ruoli di genere nel rock, anche se nel farlo ha spiazzato molti fan. Nei suoi primi anni, la sua personalità atipica ed eccentrica aveva spinto molti a speculare sul suo orientamento sessuale, ma lui non aveva mai fatto coming out. Ma quell’eccentricità non aveva sabotato la sua carriera. Nella sua biografia del 1984 The Life and Times of Little Richard (scritta con la sua partecipazione) aveva denunciato l’omosessualità come «contagiosa… non è qualcosa con cui nasci». Undici anni dopo, in un’intervista, aveva detto di essere «gay da tutta la vita».
Più avanti, si era definito “omnisessuale”, attratto sia dagli uomini che dalle donne. Ma in un’intervista del 2017 con la rete cristiana Three Angels Broadcasting Group aveva attaccato gay e transessuali. «Dio, Gesù ha fatto gli uomini uomini e le donne donne, lo sapete? E dovete vivere come Dio vuole che viviate. Basta comportamenti contro natura».
Ma niente di tutto ciò ha danneggiato la sua leggenda. Negli anni ’80 è apparso in film come Down and Out in Beverly Hills e serie tv come Full House e Miami Vice. Nel 1986 è entrato nella Rock and Roll Hall of Fame. Nel 1993 ha vinto il Lifetime Achievement Award ai Grammy. Il suo ultimo brano di cui si ha notizia è del 2010, per un disco tributo alla cantante gospel Dottie Rambo.
Negli ultimi anni prima della morte, Little Richard viveva a Nashville e ogni tanto si esibiva. Ma la fisicità dei tempi andati era svanita, anche per colpa di un’operazione all’anca nel 2009, e poteva esibirsi solo seduto al piano. Ma lo spirito rock and roll non l’aveva mai abbandonato.