Abbiamo visto un concerto di Paul McCartney per sole 575 persone | Rolling Stone Italia
Un giorno di neve a New York

Abbiamo visto un concerto di Paul McCartney per sole 575 persone

Lo ha annunciato ieri mattina, i biglietti erano in vendita solo al botteghino del locale, la Bowery Ballroom a Manhattan. È stato uno spasso ed è stato commovente sentirlo cantare ‘Now and Then’

Abbiamo visto un concerto di Paul McCartney per sole 575 persone

Paul McCartney alla Bowery Ballroom

Foto: MJ Kim/© MPL Communications Ltd.

«Ci siamo divertiti un mondo», ha detto Paul McCartney ieri sera alla Bowery Ballroom di New York dove si è esibito di fronte a sole 575 persone. Con questa sorta di riscaldamento per l’esibizione all’anniversario del Saturday Night Live ha sorpreso poche centinaia di fortunati fan che di certo non si erano svegliati immaginando di andare la sera a vedere un concerto di McCartney. «Ancora non ci credo, ma eccoci qua».

È stata la serata più bella della vita di chiunque fosse tra il pubblico, ma quello che s’è divertito di più è stato Paul, uno che ama suonare nei locali piccoli e che ha trasformato la Bowery nel Cavern. Ha annunciato il concerto il giorno stesso, coi biglietti messi in vendita solo presso il botteghino del locale (si replica stasera). I fan si sono precipitati in direzione Lower Manhattan manco fossero in una scena di A Hard Day’s Night con gente di mezza età al posto dei teenager. Sono passati 60 anni e Paul ispira ancora le stesse reazioni.

Prima dell’apertura delle porte alle 17 il marciapiede era già pieno di gente col biglietto (prezzo 50 dollari, non male come rapporto qualità-prezzo) che si raccontava storie su Paul o folli teorie su possibili sorprese o ospiti. Niente ospiti, invece, è bastato Paul con la sua energia da ragazzo 82enne e il suo magnifico quartetto che lo segue da una trentina d’anni. «Abbiamo fatto solo un giorno di prove, ieri».

Ha attaccato con A Hard Day’s Night per poi mescolare classici come Blackbird, Jet, Let It Be e Maybe I’m Amazed a delizie meno note tipo Mrs. Vanderbilt o Come on to Me. Gli Hot City Horns sono saliti sul palco per Got to Get You Into My Life, Ob-La-Di, Ob-La-Da e Letting Go degli Wings. Tra il pubblico c’erano tante ragazze, cosa che Paul non ha mancato di notare. Hanno urlato, ballato, adorato loro idolo. Non è un segreto, Paul si trasforma quando suona in un locale pieno d’energia femminile. «Ok, togliamoci il pensiero», ha detto seduto al pianoforte dalle tinte psichedeliche. «Ragazze, fatemi sentire un urlo alla Beatles». È venuto giù il locale.

Paul ha riso di gusto quando un fan ha chiesto Flying to My Home. «C’è sempre qualcuno che chiede pezzi poco noti». Ha raccontato un aneddoto meraviglioso sulla volta in cui, ascoltando in auto il canale Sirius dei Beatles, ha sentito un pezzo che gli piaceva e ha chiesto all’autista di alzare il volume. «Mi ha detto che si chiamava Sweet Sweet Memories, ma io mica me lo ricordavo». È una outtake da Off the Ground. «Ha detto che era il lato B di un CD singolo. Ma i CD singoli hanno i lati B? Forse sì».

Foto: MJ Kim/© MPL Communications Ltd.

La cosa migliore della serata? Oltre a Blackbird? È da un quarto di secolo che il pezzo del White Album è nelle scalette di Paul. Ha chiesto al pubblico se conosceva la storia di come l’ha scritta, la gente ha detto di lì, lui l’ha raccontata lo stesso. Ha rievocato l’arrivo dei Beatles negli Stati Uniti nel febbraio 1964, lo shock provato di fronte al razzismo, il rifiuto di esibirsi per un pubblico segregato a Jacksonville. «Non eravamo che ragazzini, i miei nipoti sono più vecchi di quanto fossi io allora».

Un altro momento emotivamente forte è arrivato quando, dopo aver chiesto il “Beatles scream”, ha attaccato Now and Then, il demo di John del 1977 trasformato nella canzone d’addio dei Beatles. Sentire Paul cantarla nella città d’adozione del suo vecchio amico è stata un’emozione intensa per lui e per noi. «John amava tantissimo New York. Ti vogliamo bene, John. Un applauso per John!».

Lennon l’ha scritta da solo al Dakota quando si sentiva lontano dai vecchi amici, sognando di stare con loro. Delle migliaia di persone che hanno sentito il demo nel corso degli anni, solo Paul ha capito veramente quel che l’amico cercava di dire. È stato quindi incredibile sentirlo intonare Now and Then nella città in cui John l’ha scritta, riportando tutto a casa, un momento intensamente privato, come se stessimo origliando una conversazione tra i due, ma allo stesso tempo un momento colossale, in grado di riassumere la storia dolorosa della loro amicizia.

Quasi 61 anni dopo l’arrivo dei Beatles nella Grande Mela per l’Ed Sullivan Show, Paul ha ripetuto la magia in una nevosa sera d’inverno a New York, interpretando Let Me Roll It con un gran senso di urgenza emotiva ed enfatizzando il verso chiave “I want to tell you, and NOW’s the time”. L’ultima volta che ha suonato in città era il giugno 2022, al MetLife Stadium. Era la sera prima del suo 80esimo compleanno. Quella volta ha mandato tutti a casa con le quattro parole che i fan di McCartney vogliono sentire: «See you next time». Ha chiuso il concerto alla Bowery con le stesse parole, praticamente una dichiarazione di intenti. Il momento è ora, ora e allora, ora e per sempre.

Da Rolling Stone US.

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