I Depeche Mode hanno appena terminato il loro show di un’ora e quaranta giocandosi come ultimi brani un filotto di hit come John The Relevator, Enjoy The Silence, Just Can’t Get Enough e Personal Jesus. Sulla carta dovrebbe essere il tripudio, ma la reazione della maggior parte del pubblico presente al doppio main stage (qui vi spiegamo di che si tratta) del secondo giorno del Primavera Sound è divertita, certo, ma tiepida. Il motivo è presto detto: l’attesa per Kendrick Lamar e, in ordine di scaletta degli headliner, Fred Again… Poco importa che sul palco ci sia una delle band più conosciute da questa parte del mondo, l’oggi ha un altro suono.
«Sarà come se ai tempi avessero messo i Led Zepellin a suonare subito dopo l’orchestra di Benny Goodman», chiosa un mio amico nei dieci minuti che servono al festival per mutare il palco dei Depeche e attivare quello di Kendrick. E bastano le prime note di The Heart Part 5 a rendere palese quella provocazione. Il pubblico – che in quei dieci minuti pare essere raddoppiato (anche rispetto al giorno precedente) – esplode appena Kendrick fa il suo ingresso sul palco. Nei primi cinque brani c’è solamente lui (la band è nascosta nelle quinte, come di consueto) a rappare in poco più di un metro di profondità dello stage limitato da un enorme dipinto che si schiera contro la violenza sistemica e razzista della polizia americana; nonostante questo sembra che sul palco a sputare rime siano almeno in dieci. Il minimalismo della performance (che pian piano si popola di ballerini, mostrando anche differenti gigantografie sempre a tema sociale) è un megafono per le parole del rapper di Compton e i suoi incastri lirici sono ribaditi e ribattuti con foga dal pubblico. Ci sono i consueti silenzi, gli attimi spiazzanti, la tensione emotiva, e Kendrick non perde un colpo nei 24 brani in scaletta.
«Ma secondo voi Kendrick Lamar sa chi sono i Depeche Mode?». Per quanto in un primo momento questo quesito possa sembrare stupido, quando pongo la domanda ad un gruppo di amici durante lo show di Kendrick – un po’ come provocazione sono onesto – la reazione è divisiva. C’è chi sostiene che “certo, Kendrick è una persona di cultura e sicuramente conosce Gahan e Gore” e chi invece allarga al contesto socioculturale obiettando: “Ma in che momento della vita un rapper afroamericano di 35 anni cresciuto a Compton – che in giovinezza sicuramente non li ha mai sentiti – preferisce indagare i Depeche Mode rispetto ad un qualsiasi mostro sacro del jazz, del soul, dell’R&B, decisamente più vicino alla sua cultura?”. Poco importa aver davvero la risposta, ma ripensando alla nostra idea di storia della musica questo quesito può diventare interessante per ricordarci quanto “la storia della musica” sia di per sé un concetto drammaticamente relativo. E un festival ampio di visione come il Primavera da questo punto di vista è un’ottima occasione per aiutarci a riportare alcuni ragionamenti in prospettiva.
In maniera ancora più incredibile, visto i risultati tiepidi della British invasion del giorno precedente con New Order e Blur, l’apice della seconda giornata – particolarmente improntata al ballo – arriva con Fred Again.., il nuovo paladino dell’elettronica pop made in UK. Il suo show è sicuramente il più atteso nonostante al Primavera abbia suonato anche lo scorso anno («Il live più bello della mia vita» assicura ripetutamente lo stesso artista dal palco). Vedere la quantità di pubblico cantare e ballare i suoi pezzi (build up infiniti, melodie emotive e drums sostenute legate da una narrazione interpretativa e visiva strappacuore) è decisamente sorprendente e traccia una riga ancora più decisa tra passato e presente. Per quanto i Depeche siano riusciti a scaldare il cuore degli over-40, il presente è altrove.
E poi arriva il fuoco. Mentre girovago tra i palchi per essere il vostro degno narratore di questo festival – in sintesi: la reunion dei Moldy Peaches (sì, proprio loro, proprio Adam Green e Kimya Dawson quelli della colonna sonora di Juno) è di una tenerezza senza confini, la tensione emotiva di Christine and the Queens è proprio quello che ti aspetti da lui, l’anime-pop giapponese di Kyary Pamyu Pamyu una delle cose più folli da veder lontano dal Sol Levante, il rap crossover latino di Truno (dal vivo a metà tra un concerto di Sfera Ebbasta e uno dei Rage Against the Machine, giusto per confondere tutti) decisamente inaspettato, l’elettronica di Four Tet una sicurezza, il post tutto degli Unwound alle 3 del mattino azzecatissimo, l’house di Channel Tres supersexy e il palco gestito Stone Island curato dai nostri compatrioti di C2C Festival che omaggia i 15 anni dell’etichetta sperimentale Pan un motivo d’orgoglio – il mio smartphone (come quello di molti al festival) inizia a vibrare e a riempirsi di video che mostrano lo show di Skrillex interrotto per un principio di incendio che ha coinvolto le luci di scena. Il producer lascia il palco, l’impianto luci viene calato e le fiamme controllate, ma la sensazione di aver evitato una possibile catastrofe è tangibile. Il set infine riprenderà con una mezz’ora di ritardo in tempo per deludere un po’ tutti: niente “momento reunion” con gli amici Fred Again.. e Four Tet per la collettiva Baby Again.., il brano firmato dai tre a coronare una serie di eventi in cui si erano divisi la consolle. Paradossalmente un finale senza fiammata che lascia con il lumino in mano. Peccato, i festival sono esperienze particolarmente intriganti anche per questi momenti estemporanei.
skrillex is so hot rn that he’s out here burning a festival stage at primavera sound pic.twitter.com/gEuDVIZwxi
— Brownies & Lemonade🍫🍋 (@TeamBandL) June 3, 2023