Ragazzine dai dieci, undici anni a salire, unghie finte lunghissime e colorate – vero segno di appartenenza alla tranquilla gang delle baddie di Anna Pepe – e qualche giovane “bad boy” col cappellino, così li chiama dal palco la rapper, più un esercito di genitori bodyguard sudatissimi a proteggere la prole dalla ressa di un Fabrique sold out (qui le foto).
È il lunedì sera della prima data milanese del tour di Anna, ma potrebbe essere un qualsiasi sabato pomeriggio della disco-adolescenza o l’animazione di quel grande villaggio vacanze che va dai lidi estivi della Riviera fino alle spiagge digitali di TikTok. Le hit, da BBE a Gasolina passando per Vetri neri e Cookies’N’Cream, hanno una coreografia di ballerini volutamente non pro, apparsi da qualche reel dei social, compresa una piccolissima baddie danzante – tra i 4 e i 5 anni – su cui mettere cuoricini nei video dei mille telefoni alzati in Rec.
È un lungo karaoke a ritmo ora trap, ora drill o disco, che ha come direttrice d’orchestra la ragazza della porta accanto diventata star che agita con disinvoltura la bacchetta dell’empatia, da vera dominatrice di palco: «raga è assurdo, sono troppo emozionata», «vi amo tutti», «vi piace il mio outfit?» (per la cronaca vestitino corto attillato rosa e Moon Boot di pelo). Insomma, manco a ribadirlo, Anna è il suo pubblico, “Anna una di noi”, anzi di loro, le ragazze. I maschi sul palco o sono ospiti al servizio dello show – Artie 5ive, Sfera Ebbasta e Tony Boy – o ballerini di contorno, comunque regalati al ruolo di Repetto nei live negli 883, scenografici e poco più.
Questo è il suo empowerment, niente proclami dal palco, giusto una rima di una sua canzone, Hello Kitty, più urlata delle altre – “non voglio questi uomini” – e due musiciste, una giovane pianista per Tonight e un’arpista emo per Una tipa come me. E se quando parte l’arpeggio sembra davvero di stare in un musical Disney, Anna è Mulan, è un personaggio manga, un avatar da videogame, e come loro intrattiene, portando il pubblico dentro una sceneggiatura che scardina le consuetudini del pop. Dopo esserci abituati a Elodie e Annalisa che spacciano femminismo salendo sui carri del Pride e che suonano allegre il loro pop consolatorio sanremese rinfrescato da producer di moda, è arrivata la giovane rapper di La Spezia a ribaltarlo, il carro: il capo vuole farlo lei dicendo le stesse cose che dicono i suoi colleghi maschi, un po’ di turpiloquio compreso per lo scorno dei genitori più bacchettoni presenti. Se l’ha fatto d’istinto, consapevolmente, o per un calibrato calcolo di marketing che vedeva ancora scoperta la figura della Cardie B (o Megan Thee Stallion, o Nicki Minaj, è uguale) italiana, questo non ci è dato di sapere.
Quello che è certo è la folla di ragazzine che cantando i pezzi di Vera Baddie – “So cosa vuoi fare tonight/ Non rispondo, sono too high” – stanno inconsapevolmente mettendo un muro tra loro e i padri/maschi più molesti delle generazioni precedenti. Una guerra generazionale con ritmi e storie di una serie tv per teenager, ma pur sempre guerra. E pensare che tutto è iniziato quasi 5 anni fa – sembra una vita, c’era la pandemia – con il fortunato singolo Bando. Quando si tratta di cantarlo sul palco lei lo introduce così: “Di solito non lo faccio mai perché mi cringia”. Come a dire: il passato (anche quello molto prossimo) cringia, il futuro è delle baddie, e se non capite, cavoli vostri.