Brunori Sas, il debutto del tour: «Momento difficile per chi scrive, siamo in fase di urgenza» | Rolling Stone Italia
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Brunori Sas, il debutto del tour: «Momento difficile per chi scrive, siamo in fase di urgenza»

Siamo stati alla prima data sold out del cantautore, che apre il tour con un live minimalista ma potente. Ironizza su Sanremo ed Eurovision, pizzica la politica e trasforma lo show in un viaggio tra rock e coscienza sociale. Ecco com'è andata

Brunori Sas, il debutto del tour: «Momento difficile per chi scrive, siamo in fase di urgenza»

Brunori Sas. Foto: Luca Marenda

Brunori Sas è diventato adulto? Sembra strano dirlo quando ha già spento 47 candeline, ma con una carriera di 15 anni ormai consolidata, un terzo posto a Sanremo e una maturità artistica che non ha più bisogno di nascondersi dietro ironia e nostalgia, il passaggio appare evidente. Ma la crescita più grande, quella che si percepisce nei dettagli, è nel modo in cui sta sul palco. L’ha dimostrato ieri sera al PalaElachem di Vigevano, prima data del suo tour, dove ha dato vita a un concerto che ha mescolato radici cantautorali e nuove sonorità, minimalismo e potenza, senza mai perdere il suo legame con il pubblico.

Lo show è stato una corsa senza fiato attraverso 23 canzoni, con una band di otto elementi che lo accompagna dal lontano 2009 (stavolta arricchita da una sezione fiati). Alla direzione musicale c’è Riccardo Sinigallia, lo stesso che ha prodotto il suo ultimo album, frutto di “due anni di sottrazioni”, ha confessato. E già a partire dal palco è il minimalismo in funzione della musica a dominare: l’arredo con una distesa di cavi, strumenti e amplificatori, luci calde e avvolgenti, il tutto incorniciato da una grande pedana a quattro livelli, una struttura semicircolare di legno scuro, ispirata alla forma di una noce, a richiamare una sezione de L’Albero delle Noci.

Lui entra in scena con le luci ancora accese. Chitarra a tracolla, breve saluto e attacca subito con Il pugile, da solo, quasi a ricordare a tutti da dove è partito insieme ai primi fan. Poi il groove si alza con Il morso di Tyson, pezzo senza ritornello e con un flusso di coscienza che graffia, mentre la batteria incalzante e le chitarre distorte trasformano il PalaElachem in un’arena post-punk. Ma è con La ghigliottina che arriva la prima stoccata sociale. Una riflessione sul patriarcato e sul maschio bianco in crisi, accompagnata da versi taglienti: “Ti vedo un po’ stanco/Maschio etero bianco/Fra ricatti morali, colpe ancestrali/Monete di scambio”. Arriva il momento per le battute che stendono: «Grazie per avermi sempre sostenuto economicamente, mi emoziona il lucro». E su Sanremo: «Che bello ritrovarci, anche se io sarei rimasto 4 mesi a riposo dopo l’inferno ligure. In realtà vi odio».

Il pubblico ride, ma la festa è appena iniziata: il ritmo si alza con Il costume da torero, che sfocia in una pizzica e si tinge di malinconia con Pomeriggi catastrofici, introdotta dalla storia del polpettone della zia e del padre che lo gettava dal finestrino. Sul finale, la folla balla come a una festa di paese, tra suggestioni gipsy e vibrazioni balcaniche. Brunori si diverte: «Adesso inizia la parte rock da crisi di mezza età». Ma quando lancia una frecciatina alla politica, la risata si fa più amara: «Meno male che è finita l’epoca dei nazionalismi, visto che ormai appartengono al passato». Nel post-concerto, ai giornalisti, spiegherà: «Il linguaggio che era nato nel contesto dei primi social, dove eri un nome anonimo, oggi è stato sdoganato mettendoci la faccia. È un momento difficile per chi scrive, perché siamo in una fase di emergenza e urgenza. Mi chiedo se quello che scriviamo può rimanere solo nell’ambito della scrittura creativa, quindi un po’ ambiguo, oppure più netto e dritto. Mi sto interrogando».

Brunori Sas. Foto: Luca Marenda

Prima dei bis, ironizza anche sul classico siparietto da rockstar fingendo di andarsene, ma naturalmente a modo suo: «Tanto sapete che torniamo, quindi fingete entusiasmo e poi lo staff lo monta per fare i reel». E il rientro è accolto da un’ovazione: Guardia ’82, La verità, e infine la chiusura con L’albero delle noci, con tanto di riferimento autoironico all’esperienza sanremese: «Con il codice 10 canta Brunori Sas». E sui continui richiami alla famiglia, come l’unico contributo video durante lo spettacolo, il Super 8 del matrimonio dei suoi genitori, ha sottolineato: «Non voglio farne l’apologia. È il mio modo di costruire le cose. Familistico, ma non amorale. Un familismo morale. Ho avuto una famiglia forte ed è un modello in cui mi sento al sicuro». E quando gli chiedono se, dopo la rinuncia di Olly, temesse di dover rappresentare l’Italia all’Eurovision di maggio, finge risentimento: «Ho scritto a Lucio Corsi: rinuncia, sarebbe un capolavoro! L’ho detto per tutto il Festival che sarei stato perfetto per Eurovision. Purtroppo Lucio l’ha voluto fare. Ingrato, dopo tutto quello che abbiamo fatto».

Ora il tour prosegue: Firenze questa sera, Roma, Torino, Napoli, Bologna e gran finale con due date a Milano. Brunori è diventato adulto? Il mondo è cambiato, il suo pubblico anche, e forse la vera crescita è di essere riuscito a trasformarsi senza perdere un briciolo di credibilità.

Brunori Sas. Foto: Luca Marenda

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