La prima domanda che mi sono fatto è stata: se ci fosse stato un live di Noel Gallagher ieri sera, me ne sarei stato in poltrona a guardarlo in streaming? Risposta onesta: no.
Non perché non sarebbe stato un bel live o perché sono schierato anima e cuore con uno dei due fratelli (voglio bene a entrambi alla stessa maniera come direbbe ogni genitore), ma semplicemente perché se Noel è quello che ha scritto le canzoni, il “cervello”, Liam è il cuore, l’emozione. Come dice Paul, il terzo fratello Gallagher nel documentario As It Was: «i ragazzini vogliono essere Liam, non Noel».
Così ieri sera per Liam Gallagher mi sono trovato ad assistere al mio primo concerto in streaming in questa nuova, obbligata era dell’enterteinment. Era una prima volta. Non dico che non ho guardato e ascoltato musica dal vivo in questi mesi, ma è la prima volta che ho pagato un biglietto per farlo. Se me lo avessero detto un anno fa non ci avrei creduto, ma di questi tempi in cui ci è precluso tutto non si butta via nemmeno uno streaming. Così mi sono sistemato sulla poltrona del mio studio come Fantozzi prima della partita della nazionale, con la tuta da casa al posto della canotta, il gelato bio al posto della spaghettata con rutto libero e la gatta a farmi compagnia sulle ginocchia.
È bastato che si aprisse la finestra dello streaming su Google per capire che Liam Gallagher Live Down by the River Thames non era una roba normale. E voi mi direte: non è come un concerto vero, è solo un videoclip più lungo del solito, qui mancano i fondamentali dell’esperienza live (quella roba che sembra di andare in guerra) tipo: il sudore, gli sputi, i deficenti che pogano e fumano i cannoni, le spinte, le birre annacquate nei bicchieri di plastica, i bicchieri di birra pieni lanciati da un demente dieci file indietro, la gente che sviene, la gente che vomita, i tipi che ti toccano il culo, le teste degli altri che ti impallano la visione, tutta la fantastica e irrinunciabile liturgia del rito collettivo. Sì, però io ho cantato Supersonic ballando col gatto, che c’è di meglio?
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Da subito il concerto è come un concerto vero, ma “diversamente” catartico. Avevo letto qualcosa a proposito del fiume, ma non credevo che Liam e la band suonassero tutto il concerto su una chiatta in movimento sul Tamigi. Quando attacca Shockwave, Liam mi ricorda una sorta di condottiero barbaro a bordo di una barca che attraversa la città più contraddittoria d’Europa, anzi nemmeno più d’Europa, del Vecchio Mondo, al grido di: “Now I’m back in the city / The lights are up on me / They tried to keep me locked away / But hallelujah I feel free”. Mai parole furono più azzeccate.
In una Londra silenziosa, coi grattacieli illuminati e il rumore delle onde, dell’elicottero e del solo vento tra un pezzo e l’altro a creare un’atmosfera immersiva perfetta per la musica, Liam attacca con Hello da (What’s the Story) Morning Glory?, che poche settimane fa ha compiuto venticinque anni. Il pezzo è il solito missile per partire verso l’evocazione degli Oasis. Solo che ormai sono anni che invochiamo la reunion di questa grande band e sapete cosa possiamo finalmente dire? Non ce ne frega più niente. Possono tranquillamente non riunirsi. Saremmo tutti più contenti di vedere i fratelli assieme, ma ormai è ovvio che non succederà. Almeno non ora. Per il momento è un ottimo rimpiazzo questo Liam Gallagher che se ne frega di essere alternativo, di “evolversi”, di “sperimentare”, di fare balletti o cambiare look. parka, tamburelli, pose statuarie e via. Questo è quello che vogliamo.
È il solito Liam show, con lui che fissa la telecamera immobile (una volta disse che per lui il potere era fissare la folla che impazziva mentre non muoveva nemmeno un muscolo) con la voce roca e tagliente di sempre che da potenza pure a pezzi come Greedy Soul e Why Me? Why Not. Sono convinto che le persone cantavano sul divano su Wall of Glass, il primo singolo del suo debutto solista, quello su cui nessuno avrebbe scommesso un euro e che invece tiene sempre botta. L’atmosfera era calda, ma diventa potentissima con Columbia. Columbia è Liam Gallagher, il manifesto della sua voce. La canta come sempre, come un coltello. Inutile dire che l’ha scritta Noel, che bla bla, Columbia è solo sua. C’è spazio pure per due vecchissime B side come Fade Away e Headshrinker. La lennonniana Once cade a fagiolo proprio mentre la barca passa sotto al Tower Bridge, mentre i pochi passanti coraggiosi in giro col coprifuoco (a Londra c’è il coprifuoco? Londra è rossa? Boh) si affacciano a scattare foto e la band li guarda col naso all’insù.
Tutto perfetto, ogni miglio di fiume la band suona meglio. Cigarettes & Alcohol e Supersonic sono un tripudio, Morning Glory una marcia. Chiude il viaggio la solita versione piano e voce di Champagne Supernova e come bonus track la nuova All You’re Dreaming Of. La scaletta è stata pubblicata sull’Instagram di Liam già da tempo, ma ogni pezzo lo aspettavo con una trepidazione particolare, screenshottando lo schermo o filmando e mandando i video in chat ai miei amici, come avrei fatto a un concerto vero.
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Di solito a un concerto vero si va in pochi e gli altri a casa giustamente non possono spostarsi, ma per un evento in streaming al computer mi chiedo come mai non siano tutti connessi. Per alcuni era “esoso” spendere qualsiasi cifra maggiore di zero euro per vedere qualcosa che avranno oggi gratis su YouTube. Sticazzi.
Ci riempiamo le bacheche e gli status di sostegno alle piccole librerie, alla giornata del vinile e a tutte quelle iniziative di fundraising, ma ci scoccia pagare per un evento online. Mi pare sbagliato, come scaricare i giornali illegalmente al posto di comprarli. Già ci hanno pensato i colossi della musica in streaming a tagliare le gambe agli artisti, se non li sostieni con un live allora boh. Se ci dicessero che con i soliti 9,99 mensili che ormai paghiamo per i vari streaming avremmo più concerti come questo, sarei già lì con la carta in mano a digitare il pin.